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Omelia XXV DOM. T.O. B del 20 Settembre 2009

Prima di passare al vangelo vorrei dire una parola sulla seconda lettura¸ che in altre occasioni ho già spiegato¸ perché è effettivamente una lettura ingenua¸ semplicistica¸ scritta in linguaggio popolare¸ secondo il modo giudaico di quel tempo di trattare i problemi¸ con qualche esagerazione¸ in maniera semplicistica¸ questo è vero¸ però dietro questa apparenza cosí ingenua¸ dal momento che noi crediamo che nella Bibbia Dio stesso¸ in qualche modo¸ ci parla o ci invita a riflettere¸ io vi invito a rileggere la Lettera di Giacomo e a riflettere se la tesi che lui sostiene non sia sensata. Il disordine¸ l’ingiustizia a livello economico¸ secondo questo testo di Giacomo¸ nasce dal mancato controllo delle passioni delle singole persone e¸ in particolare¸ nasce dalla aviditภdal desiderio di possedere. “Gelosia¸ spirito di contesa. Da dove vengono le guerre e le liti? Dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra¸ pieni di desideri non riuscite a possedere¸ uccidete”. Certo che è esagerato. “Siete invidiosi e non riuscite ad ottenere¸ allora combattete e fate guerra”. Anni fa avevo appunto spiegato questa interpretazione dell’origine della guerra dal mancato controllo del desiderio che è un tema di per sé filosofico¸ che è però presente nella famosa costituzione del Vaticano II¸ la “Gaudium et spes”. Ora si può benissimo giudicare ingenua questa specie di diagnosi la quale fa derivare il disordine economico¸ dal quale poi deriva la guerra¸ il conflitto¸ da una sbagliata disposizione dell’animo e¸ in particolare¸ dal desiderio sfrenato di possedere. Dico questo perché¸ ripeto¸ la Bibbia serve a questo¸ la Bibbia dice¸ con un ingenuo linguaggio popolare¸ antico¸ apparentemente superficiale¸ però enuncia un principio. Il non credente ne prende atto e¸ poniamo¸ la archivia dicendo: “Non se ne intende di queste cose¸ è superficiale”. Il credente sa di non poter fare questo perché sa che la Bibbia è un libro serio¸ voluto da Dio¸ scritto da uomini¸ ma da Lui voluto e¸ allora¸ pensa¸ ragiona. E io vi invito a farlo. C’è del vero in questa diagnosi di Giacomo? Ecco¸ questa è la domanda. Il fatto che oggi il sistema economico sia totalmente basato sulla libera iniziativa e sulla concorrenza¸ vale a dire sulla prevaricazione sull’altro¸ sul superamento delle possibilità dell’altro¸ perché a pensarci bene la libera concorrenza – non voglio fare l’economista perché non me ne intendo – ma la libera concorrenza ha bisogno poi di leggi che impediscono il monopolio perché la libera concorrenza alla fine porta al fallimento degli altri¸ allora intervengono delle norme ingiuste rispetto al principio della libera concorrenza. Quando una economia è fatta in questo modo potrebbe portare l’umanità allo sfacelo¸ ed è quello che temevamo che accadesse alcuni mesi fa¸ adesso pare che la cosa vada meglio. E se Giacomo avesse intuito questo principio? La libertà sfrenata¸ il basare tutto sulla competizione è deleterio perché non comprende il principio di solidarietภdi carità e¸ soprattutto¸ non ha nessun principio etico di fondamento. Si basa semplicemente sulla forza del produrre¸ dell’invadere mercati¸ del fare pubblicità e¸ spesso¸ sull’inganno. L’enciclica del Papa è come se derivasse da questo principio di Giacomo che dice: “Dove non c’è almeno un minimo d’amore per l’altro l’economia è fallimentare¸ è destinata al disastro”. Lui lo dice in maniera molto più elegante¸ io non sono capace di parlare e scrivere come fa lui. Vi suggerisco questo per una vostra personale ricerca¸ io non sono un esperto per parlare di queste cose e passo al vangelo dove in fondo c’è subito un elemento che è concorde con quello di Giacomo: se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. Il primato che oggi si coltiva in tutti i campi non è la gara ad essere ultimi e neanche soltanto la gara ad essere primi ma la gara ad eliminare l’altro. Quindi non ha nulla a che fare l’impostazione della nostra vita sociale con il vangelo e allora il vangelo diventa un elemento provocatorio che ci domanda... Il vangelo ritiene che è tutto sbagliato quello che succede. Noi ci accontentiamo di dire: “Controlliamo se magari non ci fosse qualcosina di sbagliato”¸ lo annacquiamo il vangelo¸ l’ho detto anche domenica scorsa¸ ci mettiamo un bavaglio perché non gridi troppo e dove lui dice “No” noi accettiamo che ci suggerisca almeno un “Forse”. Ecco¸ questo è il minimo di utilizzo del vangelo che può fare un credente¸ ma il discorso che volevo fare è di per sé un altro anche se è abbastanza coerente con quello che sto dicendo. Nell’episodio che abbiamo letto c’è la seconda profezia della Passione. Domenica scorsa avevamo letto la prima¸ ce ne sono tre nei vangeli sinottici. La prima era presentata come una specie di dissidio all’interno del popolo ebraico: “Verrà riprovato dagli anziani¸ dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e poi ucciso”¸ la seconda profezia della Passione è più semplice¸ apparentemente equivalente ma più generica¸ però proprio per questo è più drammatica: “Verrà consegnato in mano agli uomini” adesso la traduzione è al presente: “Il Figlio dell’Uomo viene consegnato nelle mani degli uomini”. E’ un altro modo di dire la stessa cosa ma mentre la prima profezia pensava ad un dibattito in cui Gesù avrebbe potuto difendersi¸ questa presenta l’abbandono di Cristo nelle mani degli uomini. Ma quando poi il credente dice: Cristo viene da Dio ed è abbandonato nelle mani degli uomini¸ quello che sta succedendo è una cosa assurda¸ senza senso¸ perché Dio lo abbandona nelle mani degli uomini? Quello che dice Gesù è il contrario di quello che c’è nella prima lettura e nel salmo. La prima lettura veramente dice: Mettiamolo alla prova per vedere se il soccorso gli verrà. Il salmo risponde dicendo che certamente il soccorso viene: Dio è il mio aiuto¸ il Signore sostiene la mia vita”¸ ma non ha sostenuto la vita di Cristo¸ l’ha abbandonato nelle mani degli uomini e Lui sulla croce ha dovuto dire: “Perché anche tu mi hai abbandonato?”. Ecco¸ questo abbandono di Gesù è accompagnato nella narrazione di Marco¸ che è un bravo scrittore¸ popolare anche lui ma migliore di altri che hanno interpolato insegnamenti¸ detti sparsi¸ lui ha una linea abbastanza narrativa¸ abbastanza evidente. Tra la prima profezia della Passione e quella che abbiamo letto oggi c’è la Trasfigurazione che è una specie di lampo di speranza. La Trasfigurazione¸ però¸ come nel famoso quadro di Raffaello che mette le due scene insieme¸ è subito seguita dalla guarigione del bambino posseduto dal demonio che i discepoli non sono riusciti a guarire e che Lui guarisce protestando: “Generazione incredula¸ non credete se non vedete i segni. Portatemelo qui”. Ed è l’ultimo miracolo¸ dopo non ce ne sono altri. L’impressione è che Gesù non ne può più né delle folle né del bene che gli chiedono di fare perché è preso da un altro incubo: deve andare ed essere consegnato nelle mani degli uomini e morire da solo. E’ destinato a questa solitudine che nessuno capisce¸ neanche i discepoli. Non ci sarà più nessun miracolo¸ se non la guarigione del cieco che è un miracolo diverso dagli altri¸ di significato simbolico¸ alla fine del capitolo 10. A Gerusalemme disputerà con gli scribi e i farisei ma non ha più contatti con le folle. Le guarda nel tempio ma non comunica. Ma non comunica neanche con i discepoli¸ infatti¸ se ci badate¸ il modo con cui sono descritte le cose è che nel suo cammino a piedi per andare a Gerusalemme Lui è da solo ed i discepoli sono davanti o dietro¸ ma staccati da Lui. Lui sente che parlano ma non sa che cosa dicono¸ loro parlano tra di loro¸ non parlano con Gesù. Gesù è solo. Dopo li interroga: “Cosa dicevate lungo la strada?”. Continua ad ammaestrarli¸ infatti le uniche parole¸ parabole e testi che ci sono da questo momento in avanti sono istruzioni per i discepoli e non più per le folle e poi¸ finalmente¸ c’è la croce. Ora Marco mette in luce¸ come dicevo anche domenica scorsa¸ in questi testi la centralità di questo fatto che riguarda Cristo. Certo¸ là c’era scritto “Anche voi prendete la croce” e noi dicevamo già domenica scorsa¸ come ho ripetuto pochi minuti fa: “Prendere la croce è troppo¸ ci accontenteremo di fare qual cosina”. Qui dice: “Dovere essere ultimi” e noi diciamo: “Non è possibile¸ se uno vuole essere ultimo bisogna mandarlo dallo psicologo perché è ammalato¸ come minimo bisogna cercare di essere alla pari. Perché dice queste assurdità? Perché ci dai l’impressione che sia tutta sbagliata l’impostazione del mondo?”. Dicevo¸ domenica scorsa¸ è da qui che è venuta la clausola “peccato originale”. E’ tutto sbagliato per colpa nostra. Ma qui adesso emerge un’altra cosa importante: perché Gesù considera cosí irrimediabile la nostra situazione per cui non basta ammaestramento¸ predica come pensavano gli ebrei con la torah? Non basta educazione¸ formazione ci vuole un suo sacrificio¸ deve morire lui per i nostri peccati. E Lui sa che questo non lo capisce nessuno¸ lo dice ai discepoli ma loro pensano ad altro. E Lui¸ da solo¸ va per questa strada. Ecco¸ io volevo che ci rendessimo conto¸ cosa che spesso non facciamo¸ che il centro della fede cristiana è questa solitudine di Gesù nel percorrere questa strada che¸ a suo parere¸ è voluta da Dio. Fin dai tempi del N.T. ci si è sforzati di rispondere alla domanda “Ma perché Dio ha ritenuto necessaria questa morte di un innocente¸ come se fosse il più grande dei peccatori per salvarci? Non c’era un’altra via più morbida¸ più intelligente¸ più ragionevole¸ più comprensibile? Perché questa? Alcuni hanno deciso di non credere perché hanno trovato assurda questa presunta soluzione del problema. I credenti sono quelli che non la rifiutano e la accettano anche se è¸ e rimane¸ inspiegabile. Vengono date tante spiegazioni¸ la più banale è quella della risurrezione che riduce tutta la storia della Passione e della croce ad un incidente passeggero: “Se Dio vuole è finita¸ è stata una sciocchezza ma è risorto¸ è ancora vivo”¸ che è la distruzione di tutto il vangelo¸ come avevano ben capito Lutero e i protestanti. Chi non continua a tenere viva l’assurdità della croce distrugge il vangelo. La risurrezione non elimina il fatto che fu necessaria quella morte di quell’uomo. Perché? Tutti i perché che sono stati dati sono risposte inadeguate. Non ve li posso elencare perché dovrei farlo in una lezione¸ non si può farlo in un’omelia. Quello che volevo dire è questo: che dobbiamo renderci conto di che cos’è la fede cristiana. La fede cristiana è l’affermazione condivisa che fu necessaria l’assurdità della morte di Cristo e che Dio la volle perché noi capissimo qualcosa. Che cosa non ve lo so dire. Cercherò forse altre volte di dirvelo. Direi¸ come minimo¸ capissimo che probabilmente quello che riteniamo sia giusto¸ buono¸ da fare¸ forse non lo è. Il minimo che l’evento della croce ci suggerisce è: dubita di te stesso¸ dubita delle tue certezze¸ dubita di quello che tutti dicono essere la cosa giusta da fare¸ dubita¸ soprattutto¸ che potere¸ benessere¸ felicitภsuccesso¸ gioia¸ piacere siano il bene. Possono essere cose buone ma possono anche non esserlo. Non buttarti ad occhi chiusi ad inseguire queste cose: potere¸ carriera¸ successo¸ benessere¸ primato. Potrebbe essere un inganno. Questo è il minimo. Alcuni hanno detto addirittura: “Rinuncia¸ mortificati”¸ questo è esagerato¸ non va bene. Il cristianesimo è la valorizzazione di questo dubbio. Dubita di tutto quello che ti pare la soluzione efficace ed efficiente. Sii perplesso nella tua vita¸ sappi che forse sbagli tutto¸ specialmente quando credi di vincere. Ecco¸ è meglio fermarsi qui. Quando poi si scende nei particolari si finisce per rovinare tutto. Essere cristiani assomiglia un po’ a qualcosa di socratico. Conosci i pericoli che si nascondono dentro di te.