» Home » Domande - Risposte   » Libro deglio ospiti    » Contatti  
Omelia XIX DOM. T.O.B Lui discende, noi saliamo. del 9 agosto 2009

L’ultima frase che abbiamo letto enuncia il tema dell’Eucaristia¸ sia pure in maniera molto velata¸ dove si dice che “Il pane che io darò è la mia carne per la vita eterna”¸ ma sarà nel testo che leggeremo domenica prossima che verrà messo a tema la identificazione di questa carne con l’Eucaristia¸ o con il pane eucaristico e vedremo¸ domenica prossima¸ se ci sarà la possibilità di farlo¸ che cosa intende dire l’evangelista quando si mette a parlare della presenza della carne di Cristo nell’Eucaristia. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue”. Per adesso¸ nel brano di oggi¸ il problema¸ il tema non è ancora esplicitamente quello della identificazione di Cristo con il pane che si mangia ed il vino che si beve nell’Eucaristia¸ il tema è ancora quello della sua persona nella quale bisogna credere. Quando Lui dice di essere il pane vivo disceso dal cielo¸ si può vedere in questa frase una possibile allusione all’Eucaristia che però non viene sviluppata in questa parte del testo. La metafora del pane vivo significa¸ come abbiamo visto domenica scorsa: Io sono il nutrimento della vostra mente¸ sono il nutrimento della vostra vita spirituale¸ della vostra fede¸ della vostra persona” ma inteso non come il segno fisico del mangiare il pane¸ ma l’assimilazione intellettuale quindi è analogo a quando dice che è il pastore¸ che è il maestro. Quindi pane è ancora una metafora di tipo spirituale - intellettuale. Quello che c’è di interessante in questo brano di vangelo è il tentativo¸ che si trova anche in san Paolo ma che non si trova ancora¸ se non sbaglio¸ in Matteo¸ Marco¸ Luca¸ di rispondere all’obiezione che viene messa in bocca ai Giudei¸ obiezione che c’è anche in Matteo¸ Marco¸ Luca: perché dobbiamo credere a questa persona come se fosse un particolare inviato di Dio¸ che parla in nome di Dio¸ dal momento che noi sappiamo che è uno del nostro paese¸ conosciamo il padre e la madre¸ i fratelli e le sorelle. Per quale ragione dovremmo considerarlo un portatore di parole divine? Nei sinottici si dice¸ questa frase c’è anche in Giovanni in un capitolo precedente¸ nei sinottici la risposta sarebbe il proverbio “Nessun profeta è apprezzato in patria. Nessuno è grande di fronte al suo maggiordomo”. Nessuno è una persona autorevole di fronte alla sua badante¸ è la badante che è autorevole non il vecchietto che si fa accompagnare dalla medesima¸ quello fa soltanto tenerezza. E’ una risposta popolare¸ furbesca messa in bocca a Gesù che può benissimo averla utilizzata. Direi che Matteo¸ Marco¸ Luca¸ cioè i sinottici¸ rimangono a questo livello e gli abitanti di Nazareth¸ come sempre succede¸ hanno troppa confidenza con la persona di Gesù¸ lo considerano uno come loro perché ci hanno giocato insieme¸ conoscono la famiglia ed i fratelli e non si inorgogliscono per avere nel loro villaggio un grande profeta. Cosa che invece spesso succede perché non è poi vero che nessun profeta è accetto in patria. Ci sono un sacco di persone che quando tornano al loro paese natale vengono festeggiate¸ onorate¸ gli mettono la lapide¸ gli fanno il monumento. Sono possibili le due alternative. Il fatto è che questo tipo di spiegazione a proverbio rimane¸ direi¸ ad un livello molto basso. Giovanni e Paolo¸ e prima di loro probabilmente le comunità cristiane dell’Asia Minore¸ con le quali sono entrati in contatto sia Giovanni che Paolo¸ cercano di dare delle spiegazioni più elevate e profonde¸ cioè capiscono che l’obiezione è seria e non la si risolve con un proverbio e introducono l’idea¸ che poi è diventata normale nella catechesi cristiana¸ di un piano divino. E’ vero che Gesù è semplicemente un uomo come tutti gli altri e che non manifesta niente di eccezionale in maniera decisiva¸ cioè ha degli aspetti straordinari ma non sono sufficienti per provocare un’adesione di fede plebiscitaria. Rimane una persona sulla quale si può discutere¸ ma perché questo? Perché ha scelto di abbassarsi¸ perché ha voluto cosí¸ perché nel piano di Dio c’è questa strategia: che l’eterna intelligenza divina¸ quella che nel prologo Giovanni chiama il logos che traduciamo verbo¸ parola¸ ma si potrebbe benissimo usare il termine logos perché tutti sanno cosa vuol dire. “Il logos divenne carne” ed in quella frase del prologo la contrapposizione viene presentata in maniera molto incisiva. Già altre volte ho detto che il testo del prologo non dice neppure “Divenne uomo”¸ perché uomo è parola di dignitภdi valore¸ “divenne carne” che nel linguaggio semitico ebraico significa “Divenne mortale¸ divenne carne che marcisce”. Carne si contrappone perfino ad osso perché lo scheletro rimane. La carne¸ quando si seppellisce il cadavere¸ dopo un po’ diventa polvere¸ qualcosa dello scheletro rimane. Carne è proprio il disfacimento¸ la corruzione¸ il niente e Lui divenne carne. Allora ecco che si risponde alla domanda a cui nei sinottici risponde¸ in Matteo e Luca il racconto delle Tentazioni¸ “Perché non fai un prodigio eclatante che costringe tutti a riconoscerti per quello che sei?” Perché questo sarebbe satanico. Il piano di Dio è un altro: Dio si abbassa. E’ la strategia per rendere accettabile a chi ci sta l’affermazione “Questo uomo equivale a Dio”. Non è esatto dire che questo uomo è Dio¸ questo il dogma non lo dice. Questo uomo¸ se si vuole dare un titolo che si avvicini di più alla verità del suo essere¸ bisogna avere il coraggio di usare la parola Dio. E perché non si vede niente di divino in Lui? Perchè c’è un piano divino di abbassamento: il verbo divenne carne. Qui non c’è il verbo divenire ma c’è l’immagine del discendere. Se ci avete badato è continuamente ripetuto: il pane disceso dal cielo¸ il Figlio dell’uomo discende… L’immagine del discendere e salire è un’immagine concreta¸ visiva¸ simbolica di questo concetto teologico: il nostro Dio ci ha voluto cosí bene¸ ha tanta cura di noi che per farsi conoscere da noi si abbassa al nostro livello e si abbassa al nostro livello¸ direi¸ con la finezza e l’eleganza di non farci capire che in realtà è superiore¸ non si traveste ma diventa. Noi nel breviario oggi leggiamo un testo famoso di santa Caterina da Siena che fa proprio queste riflessioni. Non è venuto travestito da uomo in maniera che noi restavamo doppiamente umiliati: “Fa finta di essere al nostro livello ma si vede che è di un’altra stoffa”¸ no¸ si è fatto veramente come noi¸ non ha nascosto ma ha rinunciato ad esercitare il suo potere divino¸ Ha fatto malvolentieri i miracoli¸ come ho detto tante volte¸ perché¸ secondo Giovanni¸ Lui ha manifestato quello che veramente era sulla croce¸ quando non era più niente. E’ la maniera con cui questi antichi teologi rispondono al problema di oggi. Il Gesù storico¸ quello che possiamo definire con il massimo possibile di oggettività storica¸ è un grand’ uomo¸ ma non si va oltre. E questa obiezione la percepiscono già Paolo e Giovanni e dicono: Si¸ ma è vero¸ io non posso convincerti che è più che un uomo¸ ti posso dire che¸ secondo me¸ è addirittura il pensiero di Dio che si è abbassato fino questo punto e si è realmente abbassato¸ è stato sincero nel suo abbassamento non è stata una finzione momentanea. Divenne non uomo paludato¸ carne¸ il tutto che si fa niente. La fede cristiana ha sempre… il catechismo è cosí. Quando nel Credo si dice “Discese dal cielo” si usa la terminologia giovannea¸ questa chiave simbolica del discendere per dire: “Questo è stato Dio per noi”. E’ la caratteristica del cristianesimo. Io non dico che dicendo questo la gente si convince e dice che è bello¸ che è vero¸ è un dato di fatto. Nel prologo si dice anche: “Ma vedemmo la sua gloria¸ gloria di unigenito dal Padre¸ l’abbiamo vista nell’abbassamento”. Il cristianesimo sta in piedi se si accetta questo criterio ma l’evangelista Giovanni¸ c’è anche in san Paolo qualcosa di simile ma è più chiaro in Giovanni questo¸ inserisce anche la stessa struttura di pensiero vista dal versante opposto¸ cioè dal versante dell’uomo. Lui si è abbassato ed è irriconoscibile come Dio¸ però si può vedere la sua gloria¸ a condizione che ci si innalzi. “Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. L’azione di Dio sarebbe duplice: abbassa il Figlio ed avvicina¸ il verbo greco è veramente trascinare¸ come si trascina una cosa per terra con le corde¸ ma questo perché Giovanni non sa il greco quindi adopera un verbo popolare perché come tutti quelli che hanno imparato il greco¸ non scrivendo ma ascoltando¸ sa le parole volgari della vita comune e non sa le parole eleganti¸ quindi non c’è niente in questo trascinare di violento. Soltanto il Padre ti conduce a capire. Abbassa il Figlio¸ innalza la tua intelligenza istruendo. “Tutti saranno istruiti da Dio”. La salvezza cristiana è composta di questi due movimenti che sono tutti e due¸ per chi crede¸ opera di Dio. Se uno dovesse descrivere quale è lo schema esplicativo della fede dovrebbe dire queste due cose: la fede è la risposta umana che si innalza ad accettare l’invisibile e l’incredibile del Dio che si abbassa. È un venire in basso perché chi è in basso si renda conto che c’è un di più in colui che si è abbassato. Per cui la fede è¸ da parte di Dio¸ rispetto della nostra bassezza¸ da parte dell’uomo è dare credito a Dio accettando¸ come ipotesi credibile¸ quello che non è dimostrabile. E’ una specie di scambio di doni¸ è una specie di stretta di mano sulla fiducia. Lui si fa carne ed io allora lo sento vicino ma a mia volta devo avvicinarmi a Lui¸ devo dargli credito e devo dire: “Ho visto la tua gloria¸ so che c’è. So che non la manifesti perché vuoi essere fratello mio¸ spererei di diventare fratello tuo. Portami in altro¸ trascinami.” Allora alla discesa risponde la salita. La salita vuol dire¸ come dicevo domenica scorsa¸ tenere aperto il problema¸ accettare l’ipotesi¸ non chiudere il discorso¸ cosa che spesso facciamo quando siamo onesti e buoni fra noi uomini¸ quando¸ per esempio¸ crediamo alla possibile riabilitazione del delinquente che è diventato disumano ma speriamo che ritorni ad essere uomo. E perché ritorni ad essere umano bisogna che gli facciamo credito¸ che gli prestiamo qualcosa che non si merita a rischio nostro. Qualcosa di analogo accade nel procedimento della fede. Qualcuno ha osservato¸ ma la cosa andrebbe spiegata con più tempo e forse dicendovela confondo solo le idee¸ c’è un teologo americano il quale ritiene che a pensarci bene questa struttura dell’uomo¸ il quale di fronte ad una cosa che non capisce e che non è evidente¸ spera di arrivare a capirla e le dà credito di un senso che non manifesta: “Dice di essere Dio e poi si presenta come un miserabile crocifisso¸ è scemo!”. Il credente è colui che dice: “No¸ forse c’è un mistero che devo esaminare”. Questa attitudine di non scavalcare la realtà che gli si presenta anche se apparentemente assurda¸ questo teologo americano dice: “E’ quella tipica dello scienziato; che la velocità della luce sia assoluta ed insuperabile è in fondo una tesi che prima che Einstein la intuisse sarebbe sembrata una stupidaggine assurda. Tutto ha un più ed un meno. Perché ci deve essere un limite oltre il quale non si va?”. Se l’uomo¸ che osserva quello che succede nelle galassie adoperasse la vecchia geometria¸ rimanesse a livello di Galileo e Newton non capirebbe niente. Il coraggio di credere nell’incredibile come la realtà subatomica è tipica dello scienziato perché lo scienziato non chiude la sua intelligenza di fronte a quello che nella teoria precedente era assurdo. L’atomo significa che non si può dividere¸ altro che dividerlo! Questo scavalcare la precedente impressione risolutiva è più tipica dello scienziato che del filosofo¸ dicono alcuni¸ perché il filosofo tende a convincersi che il suo sistema di ragionamento¸ che non si può mai verificare con degli esperimenti¸ va bene cosí. Lo scienziato deve dire: “Devo riguardare qualcosa¸ c’è qualcosa che non si capisce”. Allora ecco perchè molti dicono che quel tanto proclamato contrasto¸ dissidio scienza – fede non ha ragione di essere a livello di metodo. Perché l’uomo che vuole aprirsi alla fede assomiglia allo scienziato che dice: “Sembrava impossibile fino a ieri ma¸ avendo continuato a ricercare¸ abbiamo capito che dobbiamo cambiare l’equazione. Dobbiamo trovare un’altra ipotesi”. La fede è questo cammino: Lui è disceso¸ noi dobbiamo salire”.