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Omelia XVII DOM. T.O. B del 26 Luglio 2009

Come vi ho già detto tutti gli anni¸ ci sono nel N.T. sei brani che danno il resoconto della moltiplicazione dei pani. Nessun altro episodio è attestato in un numero cosí elevato di volte. Vengono raccontate due moltiplicazioni di pani in Marco¸ una per cinquemila ed un’altra per quattromila¸ la stessa cosa in Matteo. Luca e Giovanni hanno un solo racconto. Questo significa¸ per chi vuole giudicare con equilibrio la situazione letteraria di questo episodio¸ che certamente la primitivissima Chiesa lo considerava di importanza centrale perché nessun altro miracolo è raccontato sei volte¸ ma neanche quattro¸ perché in genere ci sono divergenze tra un vangelo e l’altro¸ che ci sia una concordia cosí totale su questo miracolo è un caso unico. Altrettanto vale per l’episodio che immediatamente segue cioè quello di Gesù che cammina sulle acque. Anche questo è strettamente legato alla moltiplicazione dei pani¸ non viene letto nella liturgia di quest’anno ma è strettamente collegato con questo. A questo punto voi mettetevi nei panni di uno che voglia fare critica storica in maniera¸ direi¸ seriamente accademica¸ cioè non per una trasmissione televisiva coma fa un noto presentatore di trasmissioni televisive¸ ma per preparare un corso universitario. Io suppongo¸ forse mi sbaglio¸ però ho l’impressione che difficilmente possa negare l’esistenza di un nucleo storico alla base del racconto perché¸ ripeto¸ una sestuplice attestazione di un fatto che potrebbe facilmente essere smentito¸ se non avesse nessun addentellato storico¸ difficilmente poteva diffondersi in Palestina quindici¸ venti anni dopo i fatti per poi venire scritto nei vangeli una trentina di anni dopo. D’altra parte¸ tutti gli studiosi riconoscono oggi che questo nucleo storico non è più ricostruibile. Un’esperienza di un pasto dove Gesù si è comportato in maniera prodigiosa deve stare alla base di questo racconto però oggi ho l’impressione che la maggioranza degli studiosi aggiornati dica: “Questo nucleo storico è stato poi arricchito¸ trasfigurato¸ trasformato¸ reso praticamente mitico – leggendario prendendo spunto da testi dell’A.T. che si sono utilizzati per rappresentare Gesù come colui che riassumeva in sé il culmine della potenza divina a favore degli uomini. Il piccolo testo di Eliseo che abbiamo letto è stranamente parallelo al testo di Giovani¸ c’è solo una differenza di numeri: venti su cento¸ cinque su cinquemila pani¸ ma il procedimento¸ col servo che dice: “Che cos’è questo…” è identico¸ quindi è chiaro che ci si è ispirati a quei testi per trasfigurare quello che poteva essere il resoconto di una cosa¸ direi¸ più realisticamente collocata nel contesto di vita dei discepoli¸ trasformarla in una specie di qualcosa a metà strada tra mito e leggenda. Il camminare sulle onde che c’è dopo è chiaro che è un’allusione all’Esodo¸ quando gli israeliti “Camminano a piede asciutto nel mare”¸ che è la Pasqua ebraica. Giovanni sottolinea “Era vicina la Pasqua degli ebrei” e la moltiplicazione di un pane di quantità spropositata richiama la manna. Non bisogna dimenticare che nella Pasqua ebraica si mangiavano gli azzimi¸ non era solo la festa dell’agnello¸ era anche la festa dei pani azzimi cioè dell’abbondanza del raccolto che Gesù garantisce nella terra dove ha scelto di far abitare il suo popolo. Allora¸ probabilmente questo episodio di base non più ricostruibile è stato arricchito¸ pompato¸ se volete¸ per fare di Gesù colui il quale nella sua persona riassumeva la sostanza¸ l’efficacia di tutti i grandi prodigi di Dio che nella tradizione ebraica costituivano le caratteristiche del Dio di Israele. “Il Dio di Israele è colui che ci ha liberati dall’Egitto passando per il mare¸ è colui che ha nutrito il suo popolo nel deserto con pane disceso dal cielo”. Queste sono le titolature con cui il Dio di Israele veniva celebrato negli inni¸ nei canti¸ nelle loro liturgie. Altre cose¸ che pure la Bibbia attribuisce a Dio¸ facevano anche queste parte di un corredo di acclamazioni liturgiche ma non erano cosí universalmente presenti come queste due: l’acqua ed il pane dal cielo nel deserto. Che avesse scelto Davide per fare il re lo si dice ma non è il motivo quotidiano della lode a Dio. Tra l’altro già nel mondo ebraico¸ e questo lo sapete¸ il dono il dono della manna¸ già nel Deuteronomio veniva paragonato¸ era simbolo e segno di un altro pane¸ di una vera manna: la legge¸ l’ammaestramento¸ la torah¸ come dice Gesù nella tentazione: “Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Questo è Deuteronomio. Ecco¸ tutto questo perché bisogna¸ specialmente in una situazione come la nostra moderna dove una quantità di gente che vive ormai all’esterno della tradizione cristiana ci chiede di giustificare la nostra fede e dobbiamo giustificarla in maniera competente¸ tutto questo ci deve aiutare a capire che ammettere che questo testo ha ingrandito letterariamente¸ con sobrietà di linguaggio¸ perché non usa parolone¸ non c’è neanche la parola moltiplicare perché l’abbiamo inventata noi¸ c’è una strategia narrativa¸ che fra l’altro è impressionante proprio per la sua ingenuità: “Prese i pani e dopo aver reso grazie li diede a quelli che erano seduti e lo stesso fece dei pesci¸ quanti ne vollero e quando furono saziati dissero <Raccogliete i resti>. E’ un maggiordomo¸ non c’è nessuna sorpresa finale per il miracolo¸ la gente dice… Ma i discepoli non osservano nulla¸ quasi che si volesse dare per scontato che la sostanza di quello che esteriormente era stato per il Dio di Israele il dominio sulle acque ed il miracoloso pane dal cielo¸ la leggenda della manna¸ tutto questo valeva a maggior ragione per Gesù. Ma quello che si voleva in fondo dire era un’altra cosa¸ cioè che il vero pane che Gesù dภcosí come la vera manna per gli ebrei¸ è l’insegnamento¸ l’esempio¸ la parola. E tutto questo¸ se verrete a Messa¸ lo sentirete in quattro domeniche¸ nelle quali si legge il discorso che il quarto evangelista mette in bocca a Gesù nella sinagoga di Cafarnao¸ in cui spiega un po’¸ direi¸ non dico arrabbiato ma¸ insomma¸ contrariato per il fatto che la gente viene perché ha mangiato di quei pani e non ha capito il segno e spiega alla gente che il vero pane è la sua persona¸ il suo insegnamento¸ la sua dottrina. In appendice¸ e questo è un filone che viene sviluppato in varie maniere nel N.T. si dice che se si vuole trovare qualcosa di concretamente analogo al pane di questo mito – leggenda bisogna pensare all’Eucaristia non alle pagnotte moltiplicate. Allora questo testo va interpretato e capito come un modo originale¸ che noi forse non useremmo¸ di tradurre in una specie di racconto che è a metà strada fra realtà e simbolo¸ tra realtà e parabola¸ che Gesù non è semplicemente un profeta che dice qualcosa ma è il profeta che dice tutto quello che occorre sapere¸ che è colui il quale non semplicemente provvisoriamente dà ad un popolo una terra e del pane d’orzo ma è colui che può dare a tutti gli uomini un nutrimento che¸ come dice bene l’orazione iniziale che abbiamo letto¸ è prima di tutto spirituale perché eventualmente dal nutrimento spirituale nascano anche delle capacità e delle strategie operative per assicurare a tutti un nutrimento materiale. Allora direi che il tema “Pane per tutti” in realtà si trasforma nel concetto “Verità per tutti¸ guida di vita per tutti”. Al posto della torah ebraica¸ che è solo degli ebrei¸ i primi predicatori sanno che la predicazione di Cristo si può dirla anche ai pagani ed anche loro la accettano¸ la condividono perché non è più palestinese¸ è universale. Allora ecco perché il suo pane non è per cento profetucoli che stavano con Eliseo¸ ma è per cinquemila¸ per le folle¸ per quella che oggi diremmo la gente¸ indipendentemente da razza¸ cultura¸ paese¸ è per l’uomo. Gesù è il pane dell’uomo. Invece di dirlo con una frasetta o con una sigla¸ lo si dice con un racconto¸ come farebbe un normale cantautore¸ un poeta il quale racconta¸ per esprimere un concetto¸ come facevano e fanno ancora in qualche ambiente i cantastorie¸ prende una chitarra e canta e racconta di un personaggio e inventa nel raccontare ma inventa gli aspetti descrittivi¸ quelli che suscitano emozioni¸ per affermare la sostanza. Allora¸ quando io dico: “Gesù ha dato da mangiare a cinquemila persone con cinque pani voglio semplicemente dire <Guardate che in Gesù è nascosta una potenza che non appare a prima vista ma che è capace di fare cose inaspettate per l’utilità ed il bene della persona> ed allora dico <Tutto questo è un patrimonio dell’eredità che noi riceviamo da Gesù cioè dal vangelo>. Il vangelo fa miracoli¸ ma non nel senso materialino delle cose¸ ci può essere anche il miracolo materiale ma non è questo. Questo rimane sempre una specie di piccolo test¸ piccolo segno che può essere di conferma. Può anche non esserlo¸ ma non è questo. Quello che salva il mondo non sono i guariti di Lourdes. Il bene che il cristianesimo può fare al mondo non consiste in una quantità limitata di un uno per miliardo di miracoli che succedono¸ ma consiste in una capacità del cristianesimo di essere una forza efficace¸ che è capace con pochi mezzi¸ cinque pani e due pesci¸ che un ragazzino onesto era disposto a regalare. Con il niente che noi siamo è capace di far succedere grandi cose. Grandi cose al livello in cui secondo Gesù devono succedere¸ a livello di coscienza¸ a livello di interioritภdi formazione della persona. I papi del ‘500 credevano che le grandi cose¸ per carità sono anche belle¸ fossero le cupole¸ gli affreschi¸ i michelangioli¸ le sistine. Grandi cose! Erano dei superficiali¸ non c’è niente di cristiano in questo. Le grandi cose sono Schweitzer che va dai lebbrosi¸ sono Madre Teresa¸ che non fa miracoli ma tira fuori dal vangelo una potenza e ottiene risultati che derivano da una forza di Dio che si nasconde¸ si manifesta nella debolezza. Ecco¸ se dico: “Gesù ha sfamato cinquemila persone con cinque pani¸ dico semplicemente <Voglio dirti che in Gesù c’è qualcosa di più di quanto ci può essere in un filosofo¸ in un bravo politico che programma¸ in uno che cerca di organizzare un miglioramento sociale. Anche questi sono bravi ma in Gesù c’è una forza in più. Se tu oltre ad avere il bravo uomo politico¸ il bravo programmatore¸ il bravo designer¸ il bravo che fa progetti¸ il sociologo hai anche nel tuo cuore la forza di Cristo¸ la sua capacità di comunicarti il valore dell’amore¸ del perdono¸ della fraternitภdel sacrificio tu farai di più>. E’ portatore di un di più che può venire anche dal niente perché i cinque pani e i due pesci del ragazzino sono niente. Allora anche quello che non è diventato commendatore¸ che non è dirigente d’azienda¸ che non è onorevole¸ che non è intelligentissimo¸ che non è robusto sa che dal suo nulla possono saltar fuori cose da niente che però Gesù è capace di far diventare cose importanti per qualche altro povero bisognoso che il cristiano incontra.