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Omelia SS. TRINITA' B del 7 Giugno 2009

Pretendere di impostare un discorso sul mistero della Trinità in quattordici minuti e mezzo è impossibile e quindi è perfettamente inutile tentare di illustrare la visione trinitaria di Dio in cosí breve tempo¸ allora è meglio che facciamo un’altra operazione. Siccome il giorno dell’Ascensione¸ due settimane fa¸ come vangelo abbiamo letto la finale di Marco che non è opera dell’evangelista e oggi invece leggiamo la finale di Matteo¸ che è scritta dall’evangelista¸ possiamo limitarci a riflettere sul testo che abbiamo letto di Matteo e ricavare da questo testo qualcosa che ci possa servire. Secondo Matteo¸ Gesù aveva incominciato i suoi discorsi con i discepoli sul monte ed¸ infatti¸ in Matteo c’è il Discorso della Montagna¸ quello delle Beatitudini¸ che però poi dura tre capitoli¸ e termina il suo vangelo mettendo Gesù sul monte in Galilea. Non dice che è lo stesso¸ però è evidente che racchiude la sua narrazione evangelica con queste due presentazioni di Gesù sulla montagna¸ da solo¸ con i discepoli. Anche nelle Beatitudini le folle erano rimaste alla base del monte¸ non hanno sentito quello che lui dice quindi già questo è interessante. Matteo immagina una Chiesa nella quale c’è una distinzione tra i predicatori¸ quelli che ammaestrano¸ e il popolo che riceve l’ammaestramento. C’è quindi nella Chiesa un unico popolo di Dio¸ come ha detto molto chiaramente il Concilio Vaticano II¸ ma rimane vero che in questo popolo di Dio ci sono dei predicatori che istruiscono gli altri. Ma questa è una cosa¸ direi¸ di secondaria importanza. Nella nuova traduzione è stato inserito un cambiamento nella seconda frase del vangelo: “Quando lo videro si prostrarono”¸ questo è normale¸ in Matteo tutti si prostrano davanti a Gesù¸ anche il diavolo¸ e poi la vecchia traduzione¸ che è ancora sostenuta da alcuni esperti¸ “Alcuni di loro dubitarono”. E¸ viceversa¸ la nuova traduzione ha accettato l’interpretazione della maggioranza dei commentatori che attribuisce il dubbio a tutti e allora il testo adesso dice: “Essi però dubitarono”. Che questo dubbio sia poi scomparso lo si può ricavare soltanto dal passato remoto¸ in greco c’è un aoristo e l’aoristo all’indicativo in greco indica effettivamente un’azione avvenuta nel passato e che non continua¸ quindi un’azione chiusa nel passato¸ per cui è probabile che grammaticalmente sarebbe corretto dire che questo dubitarono significa dubitarono quella volta e poi più. Però il testo questo non lo dice esplicitamente¸ mette in scena Gesù che parla ma non segnala nessuna reazione da parte dei discepoli alle parole che Gesù avrebbe detto¸ e anche questo è caratteristico di Matteo che esalta il primato di Cristo e non dà molta attenzione agli ascoltatori. E allora io pondo subito un possibile suggerimento: questo accenno al dubbio che¸ ripeto¸ secondo la grammatica greca dovrebbe essere stato un dubbio di quel momento e poi terminato¸ se¸ invece¸ questo dubbio avesse possibilità di continuare¸ si potrebbe ricavare da questa frase che fede non significa non avere dubbi e che essere predicatori¸ maestri¸ insegnanti nella Chiesa non necessariamente significa avere certezze adamantine. La teologia posteriore¸ specialmente quella cattolica e specialmente dalla metà dell’800 alla metà del 900¸ ha presentato la fede come assoluta certezza. Propter auctoritatem Dei revelantis¸ una certezza interiore fatta dallo Spirito ferma¸ sicura¸ più di ogni altra certezza. Ma queste sono chiacchiere di teologia¸ chiacchiere¸ per caritภriflessioni di teologi. Io terrei presente questa piccola perla che lo Spirito Santo ha permesso che entrasse nella finale di Matteo: Gesù risorto appare sul monte in Galilea a delle persone che dubitano. Andranno in giro a predicare nel mondo e se anche non dubitano più si ricorderanno almeno di aver dubitato. E questo mi pare che sia abbastanza interessante perché io penso che nel mondo di oggi¸ con tutte le riflessioni che ci vengono suggerite dalle scienze umane¸ dalla presenza e dal dialogo con le altre religioni¸ dalla¸ direi¸ difficoltà dei filosofi di enunciare veritภormai la filosofia contemporanea non enuncia veritภcerca di analizzare e studiare quali affermazioni si possono fare. Senza contare¸ poi¸ tutti i motivi di riflessione che ci offre la conoscenza scientifica della natura. Allora io ho l’impressione che nel nostro tempo sia molto più facile e¸ forse¸ anche molto più onesto dubitare in questo senso: può perfino darsi che Dio esista. Quello che dice la Scrittura non si può dimostrare che non può essere vero¸ e se fosse vero? Allora la fede diventa una componente che si accompagna alle altre certezze che poi sono anche quelle delle certezze relative. Quelle scientifiche¸ infatti¸ si chiamano teorie¸ che spesso trovano conferme in esperimenti però devono continuamente essere rielaborate e riadattate perché ogni vota che si fa un esperimento¸ dico ogni volta in maniera superficiale¸ si ha conferma di un aspetto della teoria¸ ma moltissime volte salta fuori che un’altra particella o traccia di particella compare e nasce una nuova domanda. Sono una ventina le particelle su cui si discute nella realtà subatomica. Particelle non significa palline¸ significa fenomeni che si possono registrare e tutto questo crea una quantità di ulteriori ricerche. Le religioni sono quelle che non cercano? O sono una ricchezza di pensieri¸ di domande¸ di interrogativi che mantengono sempre aperta la domanda: potrebbe esserci Dio? Se ci fosse¸ come va pensato? E anche il modo di pensarlo deve essere continuamente aggiornato. Allora fede diventa amore e speranza¸ diventa una aspirazione verso la verità che può essere nascosta in questo problema. Allora quel dubbio al quale fra l’altro¸ secondo Matteo¸ il risorto non risponde¸ non se ne preoccupa¸ l’evangelista dice che loro dubitarono¸ bisognerebbe supporre che anche Cristo lo sa e il dubbio lo lascia e se il dubbio fosse l’origine di un dinamismo che permette alla fede di permanere sempre nella storia perché è un dubbio incancellabile¸ e se la salvezza che viene dalla fede fosse la salvezza di questo di più che il dubbio continua a suggerirci: guarda che non è soltanto quello che puoi fisicamente dimostrare¸ guarda che non c’è soltanto quello che tu puoi misurare¸ devi dubitare che ci sia un di più. Io penso che molti sarebbero più disposti ad aderire a delle fedi che si presentassero in questa forma. Bisogna allora verificare se è legittima¸ se è corretta questa forma. Poi ci sarebbero tante altre cose da dire sul vangelo. “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”. La cultura dei primi secoli¸ che è una cultura sostanzialmente imperiale¸ non dico imperialistica¸ ma è il mondo della tarda antichità romana in cui si divinizza l’imperatore¸ allora nasce l’idea del Pantocrator¸ quello dei mosaici absidali delle grandi basiliche antiche¸ il più celebre in Italia è quello di Monreale¸ Gesù è l’imperatore divino¸ è il vero imperator¸ il vero Cesare¸ il Pantocrator¸ il Signore di tutto. Ma è normale che succeda cosí¸ in una cultura in cui esiste questa categoria dell’imperatore¸ che rappresenta il divino sulla terra e ne diventa partecipe alla sua morte in maniera totale¸ dice: “No¸ non è l’imperatore¸ è Cristo il pantocrator”. Oggi gli imperatori¸ non so se per fortuna o per disgrazia¸ non ci sono quasi più¸ allora la parola potere¸ che tra l’altro in greco non significa dominio¸ forza¸ autorità politica¸ l’exsusia è la capacità. Il N.T. usa questa parola per dire che anche noi abbiamo la capacitภpuò equivalere anche a diritto. Io ho diritto di parlare¸ ho diritto di interferire¸ ho la exusia. Allora questo Cristo è colui che ha il potere¸ l’intelligenza¸ il diritto di parola¸ la capacità di illuminare¸ la dignità. Vedete come bisogna… “A me è stato dato ogni potere in cielo ed in terra”. Molti commentatori osservano: è il potere di salvare¸ il potere di perdonare¸ il potere di confortare¸ è la capacità. E’ colui del quale ci si può fidare ed infatti dice: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Questa idea del discepolo c’è anche nell’ebraismo però¸ se ci pensate¸ è più caratteristica della cultura greca. Il discepolo non è colui che riceve ordini ma che viene istruito per poi essere libero di fare di sua iniziativa. Il maestro è colui che abilita la persona ad essere capace di decidere da sola e di fare a sua volta altri discepoli. Allora¸ quello che Gesù ci lascia in eredità sul mondo è un sistema di comunicazione¸ di informazioni¸ di idee¸ di giudizi¸ di suggerimenti. La parola valori è stata sequestrata da certe opzioni politiche e quindi preferisco non usarla però è vero che il cristianesimo è un mondo di valori ma rivelati da Dio. E poi c’è un’ultima cosa nuova¸ anche questa sorprendente¸ nuova forse più per l’ebraismo ma in fondo anche per il mondo greco¸ invece di dire Dio si dice Padre¸ Figlio¸ Spirito Santo poi¸ diventa dopo¸ la Trinità ma da quando in qua come nomi di Dio si usano Padre e Figlio? Il politeismo greco conosceva dei che si chiamavano marito¸ moglie¸ figlio¸ amante¸ padre¸ figlio¸ dei che generavano unendosi ad animali¸ di tutto c’era. Il politeismo era la fantasia creatrice. Non siamo a questo livello però è strano. Non si dice Signore come l’A.T.¸ non si dice semplicemente la parola Dio¸ noi non siamo battezzati nel nome di Dio ma il momento di inizio lo si chiama Padre¸ Figlio¸ Spirito. Dello Spirito ho detto qualcosa domenica scorsa. Padre e Figlio¸ da quando in qua Dio si chiama Padre e Figlio? E non si intende Padre e Figlio nello stesso modo con cui Giove era padre di alcuni dei¸ anche se è vero che in fondo la Trinità è il modo di purificare il bisogno di molteplicità di figure che il politeismo esigeva. Il politeismo era parossistico¸ il cristianesimo¸ però¸ una qualche dualità o triplicità la inserisce nell’unico Dio¸ ma anche questo è curioso. Tenete presente che secondo tutti gli studiosi questa formula¸ che è la finale di Matteo¸ l’evangelista l’ha probabilmente presa da una tradizione che l’ha preceduto. Se Matteo scrive poniamo nell’80¸ probabilmente già nel 65 – 70 la Chiesa usava parlare di Padre¸ Figlio¸ Spirito per definire Dio non quindi¸ che so¸ potenza¸ luce¸ verità cose di questo genere ma qualcosa di tipo umano – familiare e anche questo è molto curioso. Ecco¸ allora¸ che nasce la tendenza del cristianesimo che non è più quella del pantocrator¸ il pantocrator non è più figlio di nessuno¸ è l’imperatore. Si sottolinea un aspetto e ne restano in ombra altri. Oggi qualunque predica voi sentiate in qualunque chiesa¸ specialmente oggi¸ si dirà giustamente il Dio dei cristiani è il Dio del rapporto interpersonale. Allora questo significa che la cosa più divina che noi possiamo conoscere e sperimentare è il rapporto io – tu¸ noi – altri perché Dio è Padre di un Figlio e Figlio di un Padre¸ uniti da uno Spirito. Si accantona la dimensione cosmica¸ le galassie non sono figlie di nessuno e non sono né madri¸ né padri anche se producono energia¸ luce¸ calore. E’ il primato dell’umano su tutto il resto¸ ecco perché il cristianesimo oggi è vissuto come solidarietภsocialitภcaritภassistenza perché valorizziamo questi testi. Ci sarebbero altre cose che dirò se non sarò morto¸ dirò fra tre anni quando ricapita questo vangelo.