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Omelia V QUARESIMA B del 29 Marzo 2009

Come abbiamo fatto in tutta la Quaresima diamo rilievo soprattutto alla prima ed alla seconda lettura. Questa è praticamente l’ultima domenica di Quaresima¸ rimane ancora una settimana e domenica prossima incomincia la Settimana Santa nella quale si contempla la vicenda di Gesù che viene crocifisso ed il tempo della nostra conversione o dell’attuazione di qualche proposito è praticamente terminato. Ci sono ancora sei giorni feriali¸ se qualcuno avesse fatto dei propositi e si trovasse indietro nel tentativo di mantenerli. Lo dico per convenienza¸ però direi che non sarebbe fuori luogo se¸ a cominciare da me¸ tutti ci domandassimo se la Quaresima di quest’anno ci fosse stata utile almeno per qualcosa o se è passata via come se niente fosse¸ il che non sarebbe serio. Detto questo¸ siccome questa è l’ultima lettura quaresimale che facciamo perché nella Domenica delle Palme la concentrazione è tutta sul racconto evangelico della Passione¸ dicevo¸ questa è l’ultima lettura ed allora ci permette di ricordare le quattro letture precedenti e di vedere che cosa ci propone di nuovo questa ultima lettura che effettivamente cambia il registro rispetto alle prime quattro domeniche. Le letture delle prime quattro domeniche avevano diversi punti in comune¸ ne cito due: il primo lo lasceremo perdere¸ il secondo lo confronteremo con il testo della lettura di oggi. Il primo punto che accomunava le prime letture era che in tutte la situazione descritta era quella di uno scampato pericolo cioè le letture si riferivano tutte a persone che avevano rasentatola totale distruzione e si trovavano invece ad essere salvi. La prima era la fine del diluvio ed i protagonisti umani erano quelli che con Noè si erano salvati prodigiosamente nell’arca. La seconda era quella di Isacco il quale era stato in extremis liberato dalla morte per un intervento di Dio che aveva fermato l’errore di Abramo che riteneva necessari i sacrifici umani. La terza lettura era in un contesto direi meno tragico¸ però aveva come protagonisti gli ebrei che erano scappati dall’Egitto¸ si erano salvati¸ avevano già subito nel deserto molte prove¸ alcuni di loro si erano cosí spaventati dalla difficoltà di vita nel deserto da rimpiangere l’Egitto. Ed anche queste¸ quindi¸ erano delle persone scampate ad un pericolo. E domenica scorsa c’era la distruzione del tempio e di Gerusalemme e l’esilio con la lontana promessa di un ritorno e di una ricostruzione ed¸ evidentemente¸ i protagonisti del testo erano coloro che non erano stati massacrati dai babilonesi ma si erano salvati e vivevano in esilio. L’osservazione che voglio fare è questa¸ molto banale se volete: noi¸ a differenza di quello che è capitato a quasi tutte le generazioni precedenti¸ non abbiamo fatto questa esperienza di essere scampati da un pericolo. Quelli che hanno la mia età l’hanno fatta da bambini perché hanno assistito alla fine della Seconda Guerra Mondiale e quello è stato uno scampato pericolo. Quelli che sono più giovani di me di una decina d’anni hanno vissuto con l’impressione che pericoli gravi non ce ne sono¸ che la vita va avanti bene¸ tranquilla¸ iper protetta. Gli unici pericoli sono quelli che qualcuno si provoca da sé guidando in maniera spericolata¸ facendo sport estremi. Non ci sono più gli scampati pericoli. Quando ero bambino io ogni estate c’era il terrore del tifo¸ non c’è più. Le malattie non fanno più paura o quelle che fanno paura arrivano cosí lentamente e poi ti accompagnano e lí non c’è lo scampato pericolo¸ di cancro si muore. Non c’è più l’esperienza dello scampato pericolo. Secondo me¸ una delle grandi ragioni per cui la gente non va più in chiesa e non ha più bisogno della religione è questa. Non c‘è più nessuna circostanza¸ se non in casi molto eccezionali¸ in cui bisogna ricorrere all’ipotesi Dio per tentare di farcela. Le cose vanno bene e la religione¸ che era in gran parte quella che suppliva all’impotenza dell’uomo contro la minaccia imminente della morte senza altra possibilità di resistenza¸ è scomparsa. E’ una considerazione¸ se volete¸ banale. Può darsi che qualche sociologo della religione non la condivida ma io sono profondamente convinto che sia cosí. Specialmente i giovani¸ che non hanno mai avuto nessun pericolo serio nella loro vita¸ per cui l’unica disgrazia che può capitare è non essere a posto nella fitness cioè avere un muscolino un po’ più piccolo. E tutto questo fa ridere e non c’è più bisogno di Dio. Che bisogno c’è di Dio? Eventualmente c’è la sauna. E’ una sciocchezza ma anch’io qualche volta ho il diritto di dire sciocchezze che forse sono più profondamente vere delle cose complicate che poi mi vanto di dire da biblista. La seconda caratteristica delle quattro domeniche passate¸ oltre a questa¸ era quella di presentare l’intervento di Dio come operatore di un cambiamento di tipo istituzionale-strutturale¸ oggettivo¸ che coinvolge anche la coscienza della persona¸ ma in maniera molto indiretta¸ perché è un intervento che soprattutto garantisce il fondamento e la solidità di strutture. L’arcobaleno assicura che non ci sarà più una catastrofe che metta in pericolo la vita dell’intera umanitภè una garanzia esteriore. Da questa garanzia esteriore l’uomo dovrebbe con riconoscenza imparare: Ecco¸ Dio mi ha creato un ambiente tranquillo¸ lo devo servire¸ devo dare il meglio di me stesso. Ma è indiretta la cosa¸ è l’ambiente esterno quello su cui ha agito Dio. La lettura di Isacco ci dava un altro elemento strutturale: il culto. Il sacrificio di Isacco¸ l’abbiamo spiegato ricorrendo alla esegesi ebraica di questo testo¸ è una specie di punto di partenza per il sacrificio cultuale nel tempio e l’uomo¸ direi addirittura¸ è esonerato da una sua responsabilità grazie al culto. Abramo ed Isacco hanno vissuto una emozione interiore tragica. Come si può onorare Dio? Dobbiamo forse umiliarci al punto di affrontare la morte per rispetto alla grandezza di Dio? Ma no¸ fare qualche rituale¸ uccidete un capretto¸ fate una processione¸ accendete la luce¸ fate una danza. Dio lo si onora con cerimonie ed il culto che doveva tranquillizzare¸ come osservano molti profeti compreso il Geremia di oggi¸ finisce per diventare un alibi¸ come la spelonca dei ladri¸ che deresponsabilizza. Per accontentare Dio basta accendere candele¸ osservare qualche festa ogni tanto¸ dargli qualcosa di appariscente. Il culto rischia di uccidere la religione o almeno la fede. Anche quella era una struttura poi è venuta la legge¸ quella del Sinai¸ e ne ho parlato male nella predica della legge anche se ho valorizzato alcuni contenuti dei primi tre comandamenti: non fare immagini. Ma l’esperienza dell’ebraismo¸ e qui la teologia di san Paolo¸ non c’è bisogno che la ricordi¸ è la denuncia dell’inutilità assoluta della legge per ottenere risultati positivi nella moralizzazione della vita. E questa è l’esperienza che facciamo tutti i giorni. Le leggi si moltiplicano¸ l’onesta è del tutto indipendente dall’esistenza delle leggi. Il vecchio proverbio “Fatta la legge trovato l’inganno” è una verità metafisica assoluta e indubitabile. Poi è arrivata la lettura tragica di domenica scorsa: il regno non c’è più¸ lo Stato è dissolto¸ il tempio è distrutto. Il re di Persia permette di tornare¸ è l’epoca di Geremia. La grande svolta di Geremia della prima lettura è questa¸ l’avete sentita¸ Dio dice: “Adesso basta!”. E’ stufo Dio di fare cose inutili¸ di garantire stabilità alle stagioni¸ ai ritmi¸ ai tempi¸ di istituire il culto¸ di dare norme e propone un’alleanza nuova: “Porrò la mia legge dentro di loro¸ la scriverò sui loro cuori¸ non più sulle tavole della legge. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo”. Ed è la grande svolta che prepara il N.T. e prepara anche quel rinnovamento della religione ebraica¸ che è tuttora in atto¸ perché senza tempio¸ praticamente senza vero e proprio culto. Anche gli ebrei oggi apprezzano quella moralità che nasce all’interno della coscienza¸ in maniera diversa da noi¸ non passano attraverso la figura di Cristo però le due religioni si assomigliano molto. E’ quello che succede nella coscienza¸ la Bibbia dice sempre cuore¸ è Paolo che prende dal greco¸ o addirittura secondo alcuni¸ inventa in parte lui un arricchimento del termine coscienza¸ la parola coscienza è una delle più usate nelle Lettere di Paolo¸ è quello che c’è scritto qui. Cuore. Per l’ebreo il cuore è la sede delle decisioni che sono sempre fatte di razionalità e di emozioni¸ per questo loro preferiscono il cuore a quello che noi diremmo la mente. Perché la mente è sempre influenzata dal desiderio¸ dalla passione¸ dall’emozione e cuore riassume¸ è l’equivalente di coscienza. Non sarà più necessario neanche¸ e questo sarebbe una fortuna per voi¸ che uno predichi “Non dovranno più istruirsi l’un l’altro dicendo <Conoscete il Signore> perché tutti mi conosceranno¸ dal più piccolo al più grande”¸ ed è la profezia di quello Spirito Santo tanto esaltato nel N.T. che abita dentro nelle coscienze e le dirige. Ecco¸ la predica è fatta¸ la Quaresima doveva servire per farci arrivare a questo punto. Crediamo a tutto questo? La prima domanda è questa. Il grande problema è se si crede o no che Dio può avere un contatto diretto con ciascuna delle nostre coscienze. Il resto è tutto secondario¸ il nocciolo della fede è questo. Si può anche pensare¸ per caritภcapite bene¸ che Dio si interessi dei temporali¸ del tempo¸ dei terremoti. Il cristianesimo nasce come questo vangelo¸ questa bella notizia: Dio entra in contatto con te¸ è in relazione con quello che accade nella tua interioritภsi chiama Spirito Santo¸ che si unisce al tuo spirito e ti fa capire le cose. Non hai più bisogno neanche di leggi esterne. Addirittura la seconda lettura¸ molto profonda¸ dice che “Gesù Cristo stesso¸ pur essendo Figlio imparò dalle cose che patí e¸ reso perfetto¸ divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”¸ cioè diventa veramente quello che deve essere imparando dalle cose che patí. Le cose che patí sono le sofferenze della Passione ma¸ a pensarci bene¸ tutta la vita è una cosa che si patisce perché noi¸ con la nostra libertภcerchiamo di fare qualcosa¸ questa direi che è psicologia elementare¸ ma la nostra libertà consiste nel reagire a quello che accade intorno a noi e che non dipende da noi. Rarissimamente siamo noi che poniamo in essere qualcosa in totale indipendenza¸ poniamo in essere in un contesto¸ poniamo in essere perché ci si presenta un’offerta¸ una modalità di vivere. Trecento facoltà universitarie da scegliere¸ quando erano trenta la nostra libertà era diversa¸ adesso che si prendono master in tutto… Ecco la libertà. Non esiste una libertà che parte da me¸ libertà è risposta a quello che patí¸ dando al “patí” significato più latino che italiano¸ cioè da quello di fronte al quale l’uomo deve reagire. L’esempio¸ la condizione¸ la realtà economica¸ la possibilità di questo e di quell’altro. E questa è la salvezza cristiana: Dio che abita in noi perché impariamo a gestire le nostre risposte di fronte a quello che la vita ci manda incontro. Perché la vita è sempre un incontrare qualcosa che succede. Molte cose¸ per fortuna¸ sono abbastanza prevedibili¸ molte sono impreviste. L’importante è avere una velocità ed una rettitudine di risposta. Non è facile però è questa la salvezza¸ ecco perché il cristianesimo vive di meditazione sui testi¸ meditazione sulla Parola ascoltata¸ preghiera¸ anche il Sacramento¸ mangiare fisicamente Gesù Cristo per simboleggiare la sua comunione di Spirito con noi. Ecco¸ se la Quaresima ci ha portato più o meno in questa atmosfera¸ in questo modo di interpretare la vita¸ allora ha funzionato.