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Omelia II QUARESIMA B del 8 Marzo 2009

Ho fatto leggere per intero la prima lettura¸ aggiungendo anche i versetti che il lezionario liturgico salta. Sia perché¸ se è possibile¸ è bene non tagliare il testo della bibbia e leggerlo nella sua integritภsia perché alcuni dei versetti che erano stati tralasciati sono¸ dal punto di vista letterario e anche sotto il profilo teologico¸ forse i più importanti di tutto il brano. Il dialogo tra Isacco e Abramo¸ soprattutto quando il ragazzo si rivolge al padre e gli dice- Padre mio-¸ -Eccomi figlio mio-¸ - Ecco qui il fuoco¸ la legna¸ ma dov’è l’agnello per l’olocausto-? Questa domanda nella quale Isacco mostra di capire quello che sta per succedere non si poteva saltarla nella lettura¸ perché è questa che rende drammatico il racconto. E Abramo che risponde¸ perché è l’uomo della fede¸ quasi prevedendo quello che succederà¸- Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto-. E Isacco può continuare a temere di essere lui l’agnello¸ però il padre gli dice che forse Dio ha una via d’uscita. Questo dialogo è il centro del racconto¸ e posso dire che è proprio da questo dialogo tra il ragazzo e Abramo che l’antica interpretazione ebraica di questo testo¸ quello che lo sintetizza con il nome- Il legame di Isacco-¸ la legatura di Isacco¸ l’immagine è quella di Isacco che viene legato sulla legna col fuoco pronto e il coltello in mano al padre¸ la famosa Achedภche è importante anche per i mussulmani anche se molti di loro la attribuiscono non ad Isacco ma al suo fratellastro Ismaele che è il loro capostipite¸ dunque l’antica interpretazione ebraica¸ che è documentata da antichi testi cristiani ma non è influenzata dal cristianesimo perché gli ebrei si sono guardati bene dal copiare idee cristiane¸ eventualmente è successo il contrario¸ l’antica interpretazione ebraica ha riflettuto molto su questo episodio¸ e partendo dal dialogo tra il ragazzo e il padre¸ in genere ha sostenuto la tesi che Isacco sapeva¸ aveva capito¸ e nel suo cuore accondiscendeva al gesto che il padre stava per compiere¸ perché da sempre Isacco era colui che aveva deciso di offrire a Dio¸ dice uno dei testi ebraici¸ tutte le membra del suo corpo. Il figlio di Abramo è l’esempio dell’ubbidienza alla volontà di Dio; nella tradizione ebraica è la figura massima della santitภpiù di Mosè. Allora Isacco è il primo che accetta di donare tutto se stesso a Dio¸ e condivide¸ e sia pure vincendo la repulsione istintiva¸ collabora con il padre e si lascia legare senza alcun gesto di ribellione. Qualche testo ebraico sottolinea che era già un giovanotto robusto¸ poteva resistere alla forza del padre centenario¸ non lo ha fatto¸ e per questo il nome che si dà all’episodio è: Isacco che si lascia legare. E’ diventato nella tradizione ebraica antica uno dei grandi modelli¸ uno dei grandi prototipi della fede¸ l’accettazione del volere di Dio¸ perché nonostante le apparenze anche quando sembra che Dio comandi un’assurdità crudele¸ in realtà ha in serbo una soluzione che va oltre¸ che trascende le apparenze; Dio crea dal male che lui stesso provoca il bene; anche domenica scorsa nella storia del diluvio si ripeteva¸ in maniera più morbida¸ questo schema. Ecco perché la risposta di Abramo è- Dio provvederà-. C’è un altro elemento che gli ebrei hanno sottolineato¸ e dal quale forse i cristiani hanno copiato. Tutto questo avviene sul monte Moria¸ che il secondo libro delle Cronache identifica con il monte sul quale è stato costruito il tempio di Gerusalemme. Allora il testo va collegato con la centralità del tempio: E queste antiche concezioni ebraiche dicono: i sacrifici che si compiono nel tempio di Gerusalemme sono graditi a Dio perché sono tutti compiuti in memoria del sacrificio di Isacco. Perché il vero sacrificio non è quello degli arieti¸ dei capri¸ degli agnelli e dei tori. Questi sono il sostituto¸ o meglio il segno che evoca il vero sacrificio che è l’ubbidienza di Isacco. Quindi l’ebraismo sa che le azioni rituali sono segno di una scelta volontà. Quando i testi cristiani dicono che la vera passione di Gesù è stata nell’orto più che sulla croce¸ quando ha detto: non la mia¸ ma la tua volontà si compia; per quella volontภdice il testo della lettera agli Ebrei¸ siamo stati salvati. Sono gli stessi temi che sono presenti nella riflessione ebraica su Isacco. La frase di San Paolo che abbiamo letto nella seconda lettura- egli che non ha risparmiato il proprio figlio¸ ma lo ha consegnato per tutti noi- sembra dire: Dio ha risparmiato il figlio di Abramo¸ non ha risparmiato il proprio figlio¸ lo ha dato per tutti noi. E’ molto probabile che la interpretazione cristiana della morte di Cristo sia nata sulla base di questa intuizione ebraica sul valore primario del sacrificio interiore di Abramo e di Isacco¸ di cui tutti i sacrifici rituali sono segno e ricordo. E sono validi e hanno senso perché richiamano quel evento. E anche questa struttura interpretativa¸ per cui il rito che si ripete ha senso perché ricorda¸ perché rievoca¸ perché riattualizza un evento fondante del passato. E’ la stessa struttura mentale¸ interpretativa che governa la messa che stiamo celebrando. Questa messa non ha nessun valore in se stessa se non perché ricorda a Dio la morte di Cristo e la rende di nuovo presente. E anche gli ebrei probabilmente erano convinti che tutto il loro culto non era altro che il ripresentarsi tramite la memoria; essi ricordavano a Dio quello che era accaduto¸ perché Dio lo ricordasse e lo rendesse di nuovo operante. E’ la concezione del sacramento¸ che è ebraica. E’ fondamentale questa convergenza tra una sensibilità religiosa dell’ebraismo e il modo cristiano di interpretare le cose. Con la sola differenza che al posto di Isacco noi abbiamo Cristo¸ con la differenza che mentre Abramo e Isacco sono stati esonerati dalla morte fisica¸ Cristo ha accettato anche la morte fisica; Dio non ha risparmiato il suo figlio; c’è un di più¸ c’è un andare fino in fondo alla cosa¸ in Cristo¸ per cui Isacco ne è la più vicina profezia¸ il simbolo preparatorio. Cosí come ogni messa¸ ogni venerdí santo che si apre alla domenica di resurrezione è la memoria di quel evento. Gli ebrei legavano il ricordo di Isacco non solo a tutti i sacrifici del tempo¸ ma soprattutto quando il tempio è scomparso¸ anche adesso¸ lo legano al capodanno. Nel giorno del capodanno si ricorda il sacrificio di Isacco. E lo si ricorda con un segno curioso¸ con il suono del corno¸ che è il corno dell’ariete che diventa strumento musicale. Per cui non c’è più neanche il sacrificio dell’ariete¸ ma c’è un suono. Cosí come da noi¸ al posto della morte di Cristo c’è la parola¸ il pane¸ il vino. E tutto questo è rievocare quel evento. E nel sacrificio di Isacco¸ soprattutto nella celebrazione del capodanno essi vedono anche la promessa della resurrezione. Isacco è tornato in vita perché Dio vede¸ Dio provvede. E in questo devo dire che fede ebraica e fede cristiana si trovano concordi nel dire che noi siamo chiamati ad accettare la volontà anche incomprensibile di Dio¸ nella fiducia che c’è sempre non una via d’uscita¸ ma la via che ci porta alla gloria¸ la via che sconfigge totalmente la morte; di cui anche la trasfigurazione che leggiamo nel Vangelo è segno. La cosa profonda¸ la cosa grave che c’è in questi testi è proprio questa: Dio per salvarci¸ per aiutarci¸ per illuminarci¸ per istruirci sfiora il dramma della morte; o meglio¸ vive in persona sua il dramma della morte¸ rivelandoci che morire è il nostro destino¸ ma la vita è la sua vera¸ ultima volontà. In questo binomio¸ in questo contrasto stanno la profonditภil fascino¸ la grandezza sia dell’ebraismo¸ sia del cristianesimo. Che non sono religioni di superficie¸ non sono filosofie che indicano buoni comportamenti morali. Quello che c’è in più nel cristianesimo rispetto allo stoicismo¸ che per altri versi nei consigli su come vivere moralmente è superiore al cristianesimo¸ è più chiaro¸ tanto è vero che Paolo copia dallo stoicismo una quantità di modi di dire e di suggerimenti per la vita; c’è molta più concretezza nei consigli sul vivere nelle lettere di san Paolo influenzate dallo stoicismo che nella durezza e nella imprecisione semitica delle parole che i vangeli attribuiscono a Gesù¸ ma quello che manca nello stoicismo¸ e che san Paolo deve prendere dalla memoria di Cristo¸ è la profondità dove arriva ad incidere¸ dove si colloca la presenza di Dio; che non è semplicemente sapienza per rendere meno brutta la vita¸ ma è soluzione radicale della tragedia della morte. Dio affronta il problema della morte in prima persona; lo ha fatto vivere ad Abramo ed Isacco per preparare il momento in cui personalmente l’avrebbe vissuto lui nella persona del figlio. Il cristianesimo è importante perché arriva a questo estremo di profonditภperché non si ferma in superficie¸ perché arriva al cuore del dramma umano.