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Omelia I QUARESIMA B del 1 Marzo 2009

Le letture di questa prima domenica di Quaresima sono sorprendenti perché ci trasportano tutte due¸ la prima¸ la seconda ed in parte anche il vangelo¸ ci trasportano nell’atmosfera mitica che è tipica dell’antichità dalla quale noi siamo usciti da tempo¸ forse a partire dal Risorgimento¸ e stiamo sempre più abbandonando queste immagini mitiche. Non è facile dover incominciare una introduzione alla Quaresima partendo cosí da lontano¸ d’altra parte chi ha scelto queste letture ci obbliga a fare questo cammino. La prima lettura¸ che è uno dei brani che concludono la leggenda del diluvio¸ è stata probabilmente pensata e scritta proprio per contrastare o mettersi in dialogo con la concezione babilonese del diluvio. Noi abbiamo testi che ci parlano del diluvio cosí come lo immaginava l’antica mitologia sumerica che poi per millenni si era tramandata e quando nel VI – V secolo gli ebrei sono esiliati in Babilonia incontrano questo racconto mitico del diluvio provocato dagli dei¸ cosí come era raccontato dai babilonesi. Ci vorrebbe tempo per dare un’occhiata insieme per esempio al famoso Enuma Elish o alla storia di Gilgamesh che sono i testi nel quale viene raccontato il diluvio babilonese. Il testo biblico è un modo ebraico di ridire il mito come lo pensa l’ebreo. Quindi è molto interessante questo perchè è una risposta direi culturalmente adeguata alla situazione contemporanea della cultura neobabilonese del VI – V secolo prima di Cristo. Nella Bibbia è rimasta una traccia sintetica di questa rilettura del mito del diluvio come la fa l’ebreo che adotta anche lui un linguaggio mitico perché quando si parla di Dio il mondo di allora parla attraverso i miti. Per miti si intendono queste avventure degli dei¸ questo modo di proiettare su Dio tutto quello che l’uomo vorrebbe avere: intelligenza¸ potenza¸ comprensione del futuro¸ arti magiche. Tutto quello che manca all’uomo lo si immagina in Dio e si costruiscono queste visioni del divino con fantasia¸ con libertà di spirito che sono interessanti perché rappresentano appunto l’aspirazione dell’uomo a quello che gli manca. Bisogna riconoscere onestamente che il mondo ebraico è molto sobrio nell’usare il mito¸ lo usa con molta parsimonia e trasforma il mito babilonese che era un mito direi di gelosia-dispetto da parte dagli dei nei confronti dell’uomo¸ sentito come concorrente del divino¸ il testo trasforma il mito del diluvio come una storia di un dio che ha provocato il diluvio¸ e questo non si poteva negarlo perché era questo l’argomento a cui l’ebreo voleva contrapporre la sua visione delle cose¸ però poi se ne era pentito. Anche gli dei babilonesi si pentono del diluvio perché non ricevono più i sacrifici dei quali si nutrono. Questo viene eliminato dal discorso ebraico: Dio si pente perché ha misericordia dell’uomo. E’ questa la piccola variante¸ la novità. Allora dice che ci potranno essere ancora¸ questo è sottinteso¸ ci potranno essere ancora delle catastrofi e dei disastri naturali ma non saranno mai distruttivi ed universali come il diluvio perché Dio custodisce la fragile stabilità della terra¸ del cielo¸ delle piogge¸ delle acque. Oggi diremmo¸ con il nostro linguaggio¸ custodisce il fragile equilibrio del pianeta. E inventano questa idea che è poeticamente geniale: quando c’è stato il temporale ed è venuta la pioggia¸ alla fine apparirà l’arcobaleno. Ed è curioso il modo antropomorfico con cui dice il testo: “Quando apparirà l’arco sulle nubi ricorderò” come se Dio avesse bisogno di vedere l’arco per ricordarsi “la mia alleanza”. Il concetto nuovo che i babilonesi non hanno è proprio questo¸ l’alleanza¸ cioè io mi occupo di voi¸ io sono interessato a voi¸ mi preoccupo. La cosa intelligente di questi testi è questa: in una cultura dominante¸ ricca¸ potente¸ che conquista¸ che affascina c’è questa idea del diluvio. E il piccolo povero ebreo risponde con la sua cultura e racconta a suo modo il diluvio senza uscire dal mito¸ altrimenti non lo capiscono¸ ma introducendo le sue categorie interpretative. Se volete ammette che Dio con il diluvio è andato oltre il limite del buon senso ma per un attimo¸ non lo farà più¸ ha dato esempio che potrebbe farlo perché si capisca che è intelligente e buono e non fa le sciocchezze che potrebbe fare e che i babilonesi attribuiscono al loro Pantheon di divinità. E’ un Dio serio¸ è un Dio affidabile¸ è un Dio che ha preso un impegno perché questo è il significato ebraico della parola che traduciamo alleanza. Ecco¸ vedete¸ questo non c’entra in fondo con la Quaresima¸ queste cose noi dovremmo essere capaci di dirle nel nostro mondo che non parla più il linguaggio del mito¸ ma quello della scienza. Ecco perché i cristiani propendono sempre a dire: “Voi scienziati sempre date spiegazioni che non hanno bisogno di Dio¸ è vero¸ tutti i fenomeni si possono spiegare senza Dio. La scienza non ha bisogno di Dio per spiegare il fenomeno¸ ma noi cristiani non vogliamo abbandonare questa idea¸ che ereditiamo dall’ebraismo¸ che nominare Dio come custode della fragile stabilità della vita di questo pianeta è un pensiero intelligente. Non possiamo dimostrare che è il pensiero più giusto ma è un pensiero che noi non intendiamo abbandonare. Anche voi scienziati mi dite che può anche darsi che ci sia qualche pianeta simile alla terra¸ non certamente in vicinanza raggiungibile dai vostri mezzi di osservazione¸ non nella nostra galassia¸ quasi sicuramente. Voi stessi riconoscete che il caso terra non è forse unico ma è molto raro e riconoscete tutti che è fragilissimo¸ tutto è funzionato finora al meglio perché c’è stato un equilibrio¸ un dosaggio. Bastava che qualche parametro uscisse un po’ troppo fuori dal punto medio e non ci sarebbe niente sulla terra. Come forse è avvenuto in Marte dove poteva¸ forse ma non è accaduto. Il credente dice: “Sí¸ perché c’è un’intelligenza che custodisce¸ è un’intelligenza che assomiglia un po’ alla mia che studio e comprendo¸ infinitamente superiore alla mia¸ non posso immaginare come sia. E’ un’intelligenza che è accompagnata da bontภio la chiamo Dio. Ecco¸ allora che il testo della Bibbia può diventare¸ con linguaggio completamente differente¸ può trovare un suo equivalente ai nostri giorni. Ma anche il testo della Prima Lettera di Pietro è mitico perché immagina un qualcosa che nei vangeli non c’è: la discesa agli inferi di Gesù¸ non per dire che è morto¸e che è veramente morto¸ ma per dire che è rimasto vivo con lo Spirito ed è andato negli inferi a predicare agli spiriti che il diluvio aveva distrutto¸ che il diluvio aveva castigato. E’ un’idea fantastica questa che si trova in altri strati del pensiero cristiano¸ forse anche ebraico¸ del pensiero cristiano primitivo e che compare in una o due ricorrenze nel N.T. “Andò a portare l’annuncio” andava tradotto “agli spiriti prigionieri” perché è la stessa parola spirito che si usa prima¸ non alle anime “che un tempo avevano rifiutato di credere¸ quando Dio nella sua magnanimità pazientava nei giorni di Noè mentre si fabbricava l’arca”¸ quelli che non credettero. Si riprende la vecchia leggenda del diluvio per dire: “Dio è cosí interessato all’uomo che quando Gesù ha vinto le potenze del male si è ricordato di quei vecchi ribelli conservati sotto terra¸ in una specie di cantina – deposito. E il Cristo crocifisso¸ quando è entrato nel regno della morte¸ questa è leggenda evidentemente¸ è andato a predicare a questi spiriti e di nuovo in un mondo che ama parlare del divino con storie inventate¸ con leggende fantasiose¸ dice: “Vedete fin dove arriva la bontà di Dio¸ s’è ricordato di quegli spiriti ed è andato a predicare. Voi viventi non ne avete bisogno¸ vi basta il battesimo¸ ma Dio non ha dimenticato quei poveretti”. Andrebbe sfruttato questo testo per domandarsi se è serio pensare ad un inferno eterno. I teologi li fanno questi lavori¸ il magistero non li ascolta mai ma questa idea del Cristo che va a predicare ai ribelli che hanno disobbedito a Noè potrebbe servire per dire: “Presto o tardi anche la punizione dei peggiori finirà”. L’eternità dell’inferno¸ che è una delle cose più orrende della fede cristiana¸ del magistero cristiano¸ potrebbe essere ripensata alla luce di questo testo. Sono due letture come vedete che se stessimo facendo un lavoro di teologia biblica¸ sarebbero interessantissime¸ se avessimo più tempo ci appassioneremmo molto di più ad esaminare i particolari di questo testo. Mi domando anch’io perché le hanno messe in una prima domenica di Quaresima¸ cosa dicono a chi vuol incominciare la Quaresima? Difficile arrivare alla pratica cristiana di questi quaranta giorni che devono essere di conversione a partire da questi testi cosí lontani ed antichi. Però¸ volendo¸ qualcosa ci dicono. La prima cosa è quella che ho già detto: mantenere nonostante tutto la fede che Dio si occupa anche di tutto il creato e ne custodisce le potenzialità di vita e di sviluppo positivo anche se non elimina tutte le catastrofi¸ ed è una idea teorica che però può servire¸ specie per giovani studenti che sentono lo stridore fra l’ingenua idea di divina paternità che sentono a catechismo e la complessità della visione del cosmo che studiano a scuola nelle materie scientifiche e non riescono a metterle d’accordo. Noi adulti dobbiamo aiutarli a far capire che ci accontentiamo di credere che un’intelligenza simile a quella di noi che scopriamo potrebbe essere l’intelligenza di Dio che dirige con moderata bontà. E’ difficile crederlo però questo è un pensiero da coltivare durante la Quaresima. Come pensare il rapporto tra Dio¸ che chiamo Padre¸ ed un mondo cosí enorme¸ vasto¸ incredibilmente sconfinato dove succede di tutto? Come conciliare le due cose? Come la Bibbia rispondeva al mito¸ oggi il cristiano deve rispondere alla scienza. Il secondo pensiero è quello più vicino a noi. Se è vero che è andato a predicare agli spiriti maligni vuol dire che vuole veramente bene alle persone umane e che fa di tutto per salvarle¸ ed allora bisogna apprezzare questa lealtà di Dio verso gli uomini¸ questa capacità di capire le loro debolezze¸ avere maggiore speranza¸ maggiore fiducia ed anche maggiore serietà nell’ascoltare le sue parole di misericordia. Allora c’è il salmo: Fammi conoscere le tue vie¸ insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà ed istruiscimi perché tu sei il Dio della mia salvezza”. Magari rimandata nel tempo¸ come quelli là che aspettavano¸ ma alla fine c’è una salvezza. “Ricordati della tua misericordia¸ del tuo amore che è da sempre”. C’era perfino nel diluvio. “Ricordati di me nella tua misericordia per la tua bontà. Buono e retto è il Signore: indica ai peccatori la via giusta¸ guida” io preferirei i deboli invece dei poveri¸ si può in ebraico leggere deboli “Guida i deboli secondo giustizia¸ insegna ai poveri la sua via”. Perché noi molte volte più che poveri siamo deboli. Non bisogna dire che Dio ama solo i poveri¸ Dio ama tutti¸ anche i ricchi perché sono tutti deboli. Allora diventa utile anche il ricordo della prima predicazione di Gesù: “Il Regno di Dio è vicino¸ convertitevi a Dio e credete al vangelo” cioè all’annuncio del suo serio interesse per noi. E quando diciamo il Padre Nostro in Quaresima ricordiamoci perché le cose vanno male nel mondo. Perché il Regno di Dio è vicino ma non è ancora totalmente qui. Se Dio si avvicinasse di più pian piano la salvezza diventerebbe più reale¸ le cose migliorerebbero. Ecco¸ sono pensieri un po’ vaghi¸ se volete ma che hanno una loro radice nella Sacra Scrittura.