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Omelia II DOM. DOPO NATALE del 4 Gennaio 2009

La messa di questa domenica¸ come letture¸ è una delle più complesse ma anche delle più ricche di tutto l’anno liturgico. Passa inosservata perché è in mezzo ad altre feste ritenute più importanti¸ ma come scelta di letture è certamente la più ricca¸ forse di tutto l’anno. Riflette sul mistero dell’incarnazione e abbandona il racconto¸ la narrazione che è stata caratteristica di tutte le altre giornate di festa che abbiamo celebrato e lo sarà anche dell’Epifania di martedí. Non è narrativa perché in queste letture che avete sentito non c’è più l’editto di Augusto¸ il viaggio da Nazareth a Betlemme¸ i pastori che vengono¸ gli angeli che cantano¸ i Magi che arrivano non c’è più il racconto¸ la narrazione di quello che sarebbe accaduto a Maria e Giuseppe che non sono nominati più nelle letture di questa domenica. Le letture di questa domenica presentano l’essenza profonda di quello che è capitato per Natale e cioè l’evento visto dal punto di vista dell’essere stesso di Dio e della sorte universale del creato. E qui il discorso non è più fatto¸ dicevo¸ di racconti ma è fatto di simboli. Del simbolo abbiamo parlato in altri vangeli qualche domenica fa e oggi ne troviamo una ricchezza notevole nelle letture che abbiamo fatto. Il primo simbolo è quello della sapienza della prima lettura¸ simbolo perché il monoteismo dell’A.T. non permette di mettere nessun’altra persona accanto all’unico Dio e quindi quando si parla di una sapienza¸ che si trova in Dio¸ si deve pensare che è un’immagine di qualcosa che appartiene a Dio stesso e che è presentato¸ appunto¸ sotto il segno di una figura immaginaria femminile che si chiama sapienza¸ perché il nome è femminile in ebraico come lo è in greco¸ come lo è in italiano. Ed è in greco¸ come sapete la “Σοφία” – “Sofia” ¸ quella che dà il nome alla grande chiesa di Costantinopoli¸ costruita da Costantino¸ e a tutte le chiese che si intitolano a Santa Sofia¸ che non è una donnicciola di nome Sofia¸ ma è l’eterna sapienza di Dio che si è fatta uomo in Gesù Cristo. Ma la cosa interessante di questa prima lettura è che la Sapienza si presenta come esistente prima del mondo. Il mondo è stato creato per mezzo di lei¸ lei è presente là dove c’è Dio: “Nella tenda santa davanti a lui ho officiato”. E’ presente come una specie di sacerdotessa eterna che partecipa alla creazione¸ e che nello stesso tempo onora Dio e lo loda. Lei che esisteva prima di tutte le cose e per mezzo della quale tutte le cose sono state fatte¸ come poi il vangelo dirà usando un’altra parola¸ della stessa sapienza¸ che il vangelo chiama il Verbo¸ il Logos. E mettendo insieme il vangelo e il testo della prima lettura troviamo questa duplicità di parole che però convergono in un’unica immagine. Verbo come sapete in greco è il Logos¸ che è pensiero e parola¸ pensiero che può esprimersi in parola¸ parola che non è un termine vuoto ma che corrisponde perfettamente ad un pensiero. Sapienza e parola hanno fatto esistere il mondo. Questo significa¸ come la scienza sempre più ci dimostra¸ che il mondo ha una sua razionalità. Qualcuno oggi dice che l’universo è spirituale¸ sono modi¸ di nuovo¸ simbolici di dire¸ c’è una ragione eterna che ha costruito¸ che ha regolato¸ o meglio usiamo il presente¸ che regola¸ fa esistere¸ sostiene l’intero svolgersi dei fenomeni nell’universo. La nostra fede dice che è la sapienza di Dio¸ è l’intelligenza eterna di Dio. Ma poi la prima lettura fa un passaggio sorprendente: questa sapienza che percorre i cieli e che li ha fatti esistere¸ riceve da Dio l’ordine di stabilirsi in un punto della terra. E’ curioso tutto questo. E’ da qui che viene il simbolo biblico delle terra che è al centro dell’universo. Oggi la scienza ci dice che non è al centro di nulla però ammette che per quanto finora ne sappiamo è il pianeta più interessante che esista¸ finora non ne abbiamo trovato altri come la terra. Non è niente¸ è un residuo come sono i pianeti¸ ma in questo residuo ci sono cose grandi e la fede col suo modo di parlare mi dice: “Sí¸ è un luogo dove il pensiero di Dio può scendere e abitare.” E allora ecco che la prima lettura dice di aver ricevuto l’ordine di porre la sua tenda in Gerusalemme. Anche la tenda ha un significato fortemente simbolico¸ indica certo provvisorietà perché la sapienza può essere presente sulla terra ma non è di questa terra. Non la si può racchiudere in un edificio¸ la si pone in una tenda¸ ma la tenda per gli orientali¸ come sapete¸ è la dimora ideale. Un arabo nomade non abita volentieri¸ anche se adesso la penisola arabica è piena di grattacieli¸ il vero arabo del tempo passato non va ad abitare nel grattacielo¸ abita in una tenda. La tenda è la cosa più nobile che si possa pensare in Oriente¸ è più nobile della casa¸ e la sapienza abita in una tenda e il vangelo dice che il Verbo di Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi. La traduzione italiana non ha avuto il coraggio di usare questo termine e dice: “Venne ad abitare in mezzo a noi”. E allora c’è questa idea di una venuta di una presenza nobile¸ dignitosa¸ signorile¸ ma nello stesso tempo riservata¸ isolata¸ provvisoria. E’ un Dio in mezzo a noi che senza prosopopea¸ senza pompa¸ però rivela nello stesso tempo prossimità e distanza. E’ il Signore che viene a visitarci. Il vangelo però va oltre¸ questo Signore che viene a visitarci non ha scelto soltanto come dimora una tenda¸ direi che è segno di nobiltà nella povertภdignità nella semplicità e nella modestia¸ ma ha scelto la carne¸ e voi sapete da sempre perché l’abbiamo ripetuto decine di volte che la parola carne del linguaggio biblico significa non il corpo¸ non il sesso¸ anche il corpo e il sesso¸ ma anche la mente¸ tutto l’uomo in quanto è fragile¸ debole¸ mortale¸ passeggero¸ incerto. E allora ecco che mettendo insieme tutte queste cose¸ arriviamo vicini a un nocciolo importante: la suprema¸ infinita potenza intelligente e capace di tutto di Dio diventa la povertà umana¸ la miseria umana¸ se volete¸ senza esagerare¸ perché la carne è debole¸ la carne è fragile¸ la carne può perfino peccare¸ non in Cristo ma in noi¸ ma nello stesso tempo è grande¸ ha valore presso Dio¸ Dio la protegge. Nella seconda lettura abbiamo sentito quello che ci era stato detto anche il giorno di Capodanno “Della carne Dio fa i suoi figli adottivi e promette loro l’ereditภconsegna loro tutto quello che è suo”¸ perché come dicevamo il giorno di Capodanno essere figli ed eredi significa aver ricevuto tutto quello che è di Dio come cosa che è già nostra e lo diventerà sempre più o lo rimarrà per sempre perché questo è l’erede. Allora vedete che in fondo queste letture¸ dovendo pur concludere¸ contengono insieme questo principio che è l’anima stessa della fede cristiana¸ l’immensità di Dio si è congiunta con la piccolezza umana. Il tutto è entrato dentro nel piccolo¸ nel poco nel quasi niente che siamo noi. E quando studiando oggi l’astronomia ci dicono quanto niente è il pianeta terra di fronte all’immensità della galassia tra le galassie¸ noi credenti lo leggiamo come un nuovo modo di parlare analogo a quello della Bibbia. La sapienza ha posto la sua tenda neanche in Gerusalemme¸ in un piccolo frammento di un frammento che sembra niente del tutto. Ma in questo frammento che sembra niente del tutto¸ che è la nostra Terra e che è ciascuno di noi è presente¸ come dice il prologo¸ vita¸ luce¸ gloria del tutto. Il tutto nel niente¸ Dio nell’uomo¸ l’assoluto in ciò che sembra destinato soltanto a perire. E’ da questa visione¸ da questa immaginazione¸ che secondo noi è vera¸ è l’immaginazione che intuisce la verità profonda delle cose¸ nasce la spiritualità cristiana¸ il sentirsi tutti innalzati ad un livello impensabile perché il pensiero eterno si è fatto come noi¸ si è fatto carne. Ridurre il cristianesimo ad una serie di riti¸ di norme morali vuol dire impoverirlo. Il cristianesimo è questa sensibilitภquesta idea¸ questa coscienza di essere partecipi di questo mistero che è più che cosmico¸ è il tutto che può essere espresso soltanto con i simboli perché tutte le cose grandi si possono esprimere solo con piccole immagini parziali che però non sono rinchiuse in sé stesse ma rimandano a qualcosa¸ fanno fare dei salti immaginativi. Questo vuol dire essere cristiani. Ecco perché uno quando capisce queste cose gli dispiace che molta gente in giro non si accorga di quanto sia esaltante l’essere cristiani¸ ossia essere cristiani vuol dire poter pensare queste cose e poterci sentire immersi dentro¸ accolti¸ come se fosse casa nostra¸ in questo progetto eterno ed infinito che è quello di Dio che fa esistere l’universo.