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Omelia S. FAMIGLIA B del 28 dicembre 2008

Le preghiere di questa domenica sono dedicate alla vita della famiglia ma le letture che abbiamo fatto contengono anche altri motivi di riflessione¸ anzi¸ direi che all’interno delle letture di quest’anno il tema della famiglia è presente soltanto in obliquo¸ di straforo. Il primo tema importante della prima e della seconda lettura¸ compreso il salmo¸ è evidentemente la fede¸ infatti è descritta la fede di Abramo nel famoso episodio della prima promessa della nascita di Isacco¸ quando si legge la famosa frase che è stata la base di tutta la rivoluzione protestante¸ che avendo Dio creduto il Signore glielo accreditò come giustizia. E’ san Paolo¸ che da questa frase trae la conclusione che l’uomo di fronte a Dio è a posto¸ è giusto quando crede. Più e prima delle opere vale questa fiducia assoluta nel potere di Dio¸ nella bontà di Dio nonostante tutto. Descrivere che cos’è la fede secondo il N.T. è una delle cose più complicate. Il testo della Lettera agli Ebrei¸ che abbiamo sentito come seconda lettura¸ insiste però su questo tema riprendendo l’esempio di Abramo¸ aggiunge a quello che c’è nella prima lettura la fede di Abramo nel lasciare la sua terra per andare in una terra che non conosceva¸ la Palestina¸ aggiunge la fede di Sara¸ che ha creduto alla promessa e poi aggiunge la cosa più drammatica: “Per fede Abramo¸ messo ala prova¸ offrí Isacco” e proprio lui che aveva ricevuto la promessa offrí il suo unigenito figlio del quale era stato detto “!Mediante Isacco avrai una tua discendenza”. Questo è considerato il culmine della fede perché nonostante quello che Abramo crede di dover fare per volere di Dio sia contrario alla primitiva promessa della discendenza¸ lui si fida comunque di questo imperscrutabile disegno divino e nonostante tutto si avvia per sacrificare il figlio. Sapete bene¸ Dio si accontenta di questo e gli fa capire che proprio grazie a questa fiducia¸ nella inaspettata possibilità di Dio di intervenire all’ultimo momento¸ Abramo merita che gli venga confermata quella dichiarazione di giustizia che già c’era stata. E l’autore di Ebrei commenta “Pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti” e per questo riebbe Isacco come simbolo di questa potenza di Dio. Isacco¸ come sapete¸ significa il sorridente¸ il sorriso ed è interessante questo collegamento fra la fede e la tranquillitภla pace¸ la letizia¸ la speranza. Dio è colui che fa sempre ritornare un sorriso di speranza in coloro che si fidano di lui. Ora mi pare che questa immagine¸ questo modo di percepire e di concepire la natura di Dio ed il suo atteggiamento di fronte alla nostra vita ed ai problemi che dobbiamo affrontare è degno di essere meditato. Difficile tradurlo in concetti¸ la Bibbia ci presenta soprattutto delle figure e¸ sia pure con molta brevitภci presenta degli atteggiamenti interiori di persone che hanno saputo raggiungere questo livello di fiducia nella imprevedibilità ma anche nell’affidabilità totale di questa potenza. Ed allora¸ come spesso faccio¸ la domanda¸ che del resto ho già fatto in altra forma altre volte¸ la domanda rivolta a noi è questa: che cosa intendiamo noi per fede? Che la fede abbia un contenuto di concetti¸ un contenuto intellettuale è indubbio ma la vera essenza della fede non è questa¸ la fede è la fiducia¸ la fede è la speranza¸ la fede è la certezza che ci sono vie d’uscita in mano ad una persona affidabile¸ che ha i suoi tempi¸ i suoi momenti¸ i suoi criteri¸ diversi dai nostri¸ ma che merita comunque di essere creduto ed al quale vale la pena di abbandonarsi. La fede è qualcosa che rinasce continuamente¸ che viene continuamente messo in dubbio e continuamente si ricupera. La fede accompagna tutte le vicende della vita e della storia e consiste proprio in questa convinzione che avete recitato durante la lettura del salmo “Il Signore è fedele al suo patto”. Poi ancora il salmo diceva “Si è sempre ricordato della sua alleanza”¸ magari secondo noi in ritardo¸ mantiene la sua parola¸ parola data. Ecco¸ questo è un tema che accenno soltanto ma che le letture di questa domenica suggeriscono come uno degli elementi più interessanti. Qualche teologo recente ha anche detto che in fondo questa fede¸ che la Bibbia presenta come personalistica¸ come se Dio fosse un uomo a cui dare fiducia¸ può essere espressa anche in concetti più astratti¸ in concetti più vicini alla filosofia e meno legati al sentimento ed al personalismo del modo di parlare biblico. Del resto già Hegel aveva incominciato a fare questo cioè la fede è la fiducia nell’essere¸ la fede è la fiducia nella capacità di tutto ciò che esiste¸ natura compresa¸ di procurare vita¸ di superare e scavalcare la morte. E non per nulla la prima lettura contiene quella frase che è molto suggestiva “Dio conduce fuori Abramo e gli dice <Guarda il cielo¸ prova a contare le stelle> e mettere Abramo di fronte a questa potenza dell’universo è un modo di cui Dio si serve per accrescere la sua fiducia. Anche la natura deve essere letta come una testimonianza del potere immenso di Dio che può spaventarci per la sua immensità e certamente questa immensità la comprendiamo infinitamente di più noi che abbiamo almeno una vaga nozione della vastità e dell’enormità dell’universo che Abramo non conosceva per nulla. Le stelle per lui erano come piccole fiaccole per far luce durante la notte¸ noi sappiamo che sono di una immensità che la fisica cerca di insegnarci e che noi facciamo fatica a capire. Ma in fondo anche in questo dobbiamo vedere la potenza dell’essere delle cose che esistono. E’ il fatto che noi¸ a differenza di molti scienziati che si limitano a questo¸ crediamo anche che c’è una intelligenza ed un amore che chiamiamo Dio alla base di tutto questo¸ allora dovremmo imparare a coniugare insieme gli aspetti narrativo-personalistici che ci sono nei testi della Bibbia con questa emozione che l’uomo prova quando riflette sulla vastità dell’universo. Il coraggio di sperare perché la forza dell’essere si manifesta in mille modi. Questa è una caratteristica della fede che può essere vissuta in maniera direi fortemente biblica in alcuni momenti come fede è una parola e una promessa enunciate e una può essere anche vissuta in maniera laica anche dagli stessi credenti come fiducia nella natura che è nata da un’intelligenza che ama che noi chiamiamo Dio. Insomma¸ son tutte cose che possono aiutarci molto¸ anche in prossimità di un anno che incomincia¸ per ridimensionare le difficoltà che incontriamo nella vita¸ non spaventarci mai più del necessario ed avere sempre un pensiero positivo da coltivare. E poi c’è un secondo ordine di pensieri al quale posso soltanto accennare che è quello che ci viene suggerito dal vangelo e questo è tutto un altro mondo dove però si scoprono anche qui cose interessanti che forse riguardano soprattutto la vita della Chiesa più che l’esperienza della singola persona nel rapporto con Dio. Può sembrare irriverente ma Luca racconta le cose facendo capire con molta chiarezza che i due vecchi¸ Simeone e Anna¸ grazie allo Spirito Santo non per merito loro¸ capiscono e sanno cose che riguardano Gesù molto ma molto più chiaramente di Maria e Giuseppe. Maria e Giuseppe non capiscono nulla¸ non sanno niente. Il testo dice chiaramente che il papà e la mamma di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. E’ strano tutto questo. L’angelo avrebbe detto a Maria qualcosa¸ e ne abbiamo già parlato nei giorni passati (il trono di Davide)¸ secondo Matteo aveva detto qualcosa anche a Giuseppe ma in fondo non sono loro che intravedono quello che Gesù veramente sarภsono altri. Ed è curioso che Luca insista su questo¸ che viene Simeone e dice le cose con maggior chiarezza: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata davanti a tutti i popoli¸ luce per illuminare le genti”. Capisce la destinazione universale della venuta di Gesù Cristo ma poi prevede anche che la salvezza che Gesù porterà non è una salvezza automatica di tipo magico ma è una salvezza che coinvolge la libertà e la decisione e cioè dice: “E’ qui per la caduta e la risurrezione di molti¸ come segno di contraddizione¸ per svelare i pensieri di molti cuori”. E’ strano che Luca metta in bocca a questo vecchio¸ che probabilmente ha immaginato come figura narrativa¸ questa specie di sintesi del compito di Gesù dando l’impressione al lettore che Maria e Giuseppe non ne sapevano niente¸ anzi dando addirittura l’impressione che nemmeno adesso capiscano quello che vien detto. Tanto è vero che dodici anni dopo¸ quando Gesù nel Tempio dice di essere venuto per far la volontà del Padre suo che è nei cieli¸ non capiscono quello che dice e se lo riportano a casa dopo averlo perso e non essersi accorti che si era perso. Cosa vorrà dire Luca impostando la narrazione in questo modo? Perché mette come persone che capiscono il vecchio Simeone e la vecchia Anna? Si potrebbe da questo ricavare una quantità di considerazioni¸ dico soltanto i titoli: il valore della tradizione¸ i vecchi rappresentano la sapienza di Israele¸ che i due giovani sposini Giuseppe e Maria¸ Giuseppe magari aveva qualche anno in più ma chi lo sa… Maria forse aveva quattordici¸ quindici anni¸ non sono ancora in grado di capire perché la tradizione la capiscono quelli che hanno alle spalle anni di vita¸ il valore dell’anziano¸ il valore della memoria. E allora vedete¸ si capisce perché la Chiesa¸ che nasce da queste fondamenta¸ si trova sempre a disagio quando deve accettare le novità e si irrita¸ si preoccupa¸ protesta. E sapete bene come sta protestando per tutta questa mania di rinnovare il concetto di famiglia stravolgendolo. Non ce la fa a capire queste cose. E’ curioso. I giovani non capiscono Gesù¸ i vecchi non capiscono il mondo ma capiscono Dio. La Chiesa è vecchia¸ la Chiesa è anziana ma è questa la sua sapienza. E il primo pensiero ci aiuta a capire come il cristianesimo sia pieno di attaccamenti al passato e si spaventi nel nuovo. Allora la domanda diventa questa: fino a che punto un cristiano deve spaventarsi del nuovo? Questo spavento è debolezza o è un aiuto che Dio gli dà per non lasciarsi ingannare da finte novità? Ci sarebbe anche un altro pensiero: Simone e Anna ne sanno di più di Giuseppe e Maria Quando scriverà il Libro degli Atti Luca ci dirà che Paolo¸ questo è l’anno di san Paolo¸ due terzi del libro sono dedicati a Paolo¸ Paolo ha capito¸ ha detto¸ ha fatto di più di tutti i Dodici messi insieme dei quali non racconta niente¸ tolto Pietro che è un po’ in ombra rispetto a Paolo ma se non altro gli si avvicina. E Paolo non era di quelli della prima ora¸ Paolo è quello che capisce di più di Pietro¸ Giacomo¸ Filippo¸ Bartolomeo¸ Andrea¸ Tommaso. Che cosa vorrà dire Luca impostando le cose in questo modo e anticipandole qui dicendo che i due vecchi hanno spiegato a Maria quello che lei non ha neanche capito¸ l’ha conservato nel cuore tentando di capire a forza di pensarci. Chissà quando ci sarà riuscita. Cosa vuol dire? Vuol forse dire che forse qualche volta anche nella Chiesa ci sarà qualcuno che capisce di più e che fa maggior bene di quelli che di per sé sarebbero i boss¸ la classe dirigente¸ la gerarchia? E’ pericoloso questo pensiero¸ però alle volte ci pare proprio di sí¸ che possano venire voci dello Spirito anche al di là e al di fuori dell’istituzione giuridicamente stabilita. Bisognerà pensarci a queste cose e l’anno di San Paolo che presenta proprio questa figura che da persecutore è diventato inaspettatamente l’apostolo più capace e più illuminato è qualcosa che ci fa pensare anche sulla natura vera della Chiesa.