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Omelia NATALE DEL SIGNORE del 25 Dicembre 2008

Siccome immagino che nessuno di voi sia venuto anche alla messa di mezzanotte ho letto il vangelo della nascita che è quello che si legge nella messa della notte di Natale e che è il più importante dei vangeli previsti per le tre diverse messe del giorno di Natale. Racconta come¸ secondo Luca¸ sarebbero andati i fatti che hanno accompagnato la nascita di Gesù. Probabilmente nella composizione di questo testo Luca ha dato anche un po’ spazio alla sua fantasia perché voleva comporre un testo che piaceva molto a quel tempo¸ un testo nel quale nella nascita di un personaggio si vedessero anticipate le caratteristiche della sua vita futura. Tutti noi che abbiamo studiato un po’ di letteratura classica e sappiamo qualcosa sulla civiltà greca e romana sappiamo bene che in tutte le biografie dei grandi personaggi si amava segnalare qualche caratteristica della loro infanzia o¸ addirittura¸ della loro nascita che fosse un presagio della sua vita di adulto¸ della identità del personaggio. Per questo¸ nel raccontare la nascita di Gesù¸ Matteo ha scelto una sua strada¸ di cui leggeremmo qualcosa nel giorno dell’Epifania¸ Luca ha scelto una sua impostazione ed ha messo in luce¸ non si può dire tutto evidentemente¸ non si può trovare nel momento della nascita il presagio di tutto quello che avverrภMatteo ha preferito¸ come vedremo il giorno dell’Epifania¸ sottolineare che già nel momento della nascita o nei giorni immediatamente successivi si preannunciava la dolorosa morte del Signore sulla croce. Luca ha lasciato in ombra questo tema ed ha preferito vedere nel modo in cui Gesù è nato¸ una caratteristica diversa da quella sottolineata da Matteo che sarebbe però stata evidente nella missione di Gesù in Palestina. E la parola che può riassumere questa caratteristica potrebbe essere umiltภpovertภsemplicitภsobrietà. E’ questa la figura che Luca vuol delineare fin dall’inizio nel suo vangelo. Quelli che erano a messa domenica scorsa si ricordano che avevamo in parte considerato ironiche le parole dell’angelo alla Madonna nel momento dell’Annunciazione: “Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe.” Quelle immagini di regno e soprattutto la parola trono ci sembravano ironiche perché anticipavamo già la lettura del vangelo di oggi: il bambino che nasce è sí su una specie di trono ma¸ anche qui¸ è un trono che rasenta un dolce umorismo¸ è una mangiatoia. Pare che allora si usasse¸ per facilitare alle mucche ma anche alle pecore la loro nutrizione¸ appendere dei cesti ad una trave del soffitto ed il foraggio lo si metteva nel cesto¸ non come si usa nelle nostre stalle per terra o quasi¸ e ad ogni animale era riservato il suo cesto e gli si dava la sua razione di foraggio da mangiare. Allora bisogna immaginarla questa mangiatoia¸ sulla quale la Madonna mette Gesù¸ come una specie di culla che può dondolare e che è molto più graziosa di quella posizione che talvolta viene indicata nei nostri presepi con Gesù per terra in mezzo alla paglia. C’era probabilmente un po’ di paglia ma in fondo¸ essendo in posizione elevata¸ poteva dare questa immagine. Ecco il trono di Gesù che mantiene una idea di povera e popolare eleganza: è messo in vista e tutti lo possono vedere¸ guardare¸ ammirare e dire: “Che bel bambino!”. Il trono è tutto qui e per questo¸ dicevo domenica scorsa¸ per tre volte viene nominata la mangiatoia: quando si racconta il fatto¸ quando l’angelo dice ai pastori che il segno sarà trovare un bambino in una mangiatoia e quando¸ poi¸ i pastori arrivano¸ Luca ripete che trovarono il bambino nella mangiatoia. E’ un modo di intendere la grandezza di Cristo a questo livello¸ è grande perché si accontenta di poco¸ è grande perché l’affetto della mamma e del papภdi coloro che vanno a trovarlo¸ come un po’ capita per tutti i bambini¸ lo considerano il più bel bambino che avessero mai visto. La sua regalità consiste nella povera¸ semplice dignità che gli viene offerta dall’affetto di coloro che gli stanno intorno. E’ la valorizzazione delle cose più naturali¸ più istintive¸ più ovvie¸ più immediate¸ più semplici della vita. Direi che è l’antitesi della tecnologia contemporanea dove tutto quello che si adopera è automatico¸ fabbricato¸ elettrico tranne nelle case di qualche ricco che può permettersi il caminetto. E’ curioso questo modo che Luca ha di presentare la grandezza di Gesù. Probabilmente lui sperava che il suo vangelo lo leggesse anche qualche lettore non ebreo di origine¸ di cultura greca o di cultura romana latina e tutti voi sapete che in quelle culture¸ a partire dal secondo secolo a.C.¸ la vita del pastore e del contadino era diventata la vita ideale dell’uomo saggio. C’è una quantità di poesia pastorale¸ sia nella letteratura greca ellenistica sia nella letteratura latina¸ e tutti noi abbiamo studiato a scuola “Le bucoliche” di Virgilio¸ che è contemporaneo di questi fatti. Quindi Luca¸ nel suo piccolo¸ cerca di vedere un segno dei tempi nella cultura anche pagana del suo tempo che vuol dire: “Gesù vi capisce¸ Gesù conosce che quello che voi desiderate è una vita bella nella sobrietà e nella semplicità delle cose”. Cosí la piccola corte è formata dai pastori e c’è tutta una idealizzazione del pastore che è caratteristica¸ tra l’altro¸ del mondo ellenistico non di quello ebraico che pare considerasse quella del pastore una di quelle professioni che a causa del lavoro che bisognava fare rischiava di rendere continuamente impuri¸ cioè irregolari dal punto di vista della legge che Dio aveva dato al suo popolo. Ed i pastori¸ per mantenersi in puritภavrebbero dovuto continuamente lavarsi le mani perché continuamente toccavano cose che secondo l’antica tradizione ebraica rendevano l’uomo indegno di presentarsi a Dio. Non cosí il mondo pagano che ignorava quel tanto di sporcizia che accompagna necessariamente la vita di un pastore ed idealizzavano la semplicitภla letizia¸ la libertà nella natura¸ il paesaggio¸ il flauto che suonavano. E Luca mette insieme queste cose per dire in maniera direi abbastanza¸ in fondo¸ moderna “Gesù è il nostro salvatore anche nelle piccole cose¸ è il nostro salvatore che ci aiuta a ricuperare quello che nella vita può avere un grande valore e non costa niente o costa pochissimo”. E’ un insegnamento semplice. Volendo si potrebbero trarre dal vangelo che abbiamo letto cose più profonde e complicate ma direi che nella quiete del giorno di Natale è anche bello accontentarsi di un suggerimento facile¸ semplice¸ comprensibile per tutti e¸ per di più¸ per combinazione¸ di particolare attualità nel Natale di quest’anno¸ quando tutti sembrano preoccupati della tragedia che sarebbe il calo della produzione “Se non aumenta il P.I.L. siamo rovinati” senza accorgersi che il P.I.L. non potrà crescere all’infinito¸ dovrà pur venire un momento in cui per risparmiare la poca energia che sarà rimasta bisognerà ridurre la produzione¸ ma a questo nessuno ci pensa perché non è molto diffusa l’intelligenza nelle persone che oggi comandano¸ scrivono e programmano. Purtroppo la disgrazia è che “La produzione non aumenterà dell’1¸7 come speravamo ma soltanto dello 0¸2”. E se noi non consumiamo¸ se noi non sprechiamo¸ se noi non distruggiamo¸ se noi non rottamiamo l’economia crolla. E non si accorgono che a forza di aumentare il P.I.L. quello che crolla è il pianeta. Allora il Natale di quest’anno potrebbe anche servire per renderci un po’ più furbi di coloro che comandano¸ di quelli della Confindustria¸ ma anche dei sindacati¸ di tutti ed incominciare¸ di nostra iniziativa¸ a risparmiare¸ a riciclare¸ a rammendare¸ riaggiustare per svegliare le menti di questi organizzatori nella vita sociale ed indurli a cambiare sistema perché il mondo non può andare avanti con una indefinita¸ continua¸ sempre progressiva crescita del prodotto industriale lordo di tre punti all’anno. Questo vuol dire la morte del pianeta terra se non incominciamo noi cristiani¸ che siamo i più intelligenti fra le persone che circolano nel mondo a dire: “Riduciamo il P.I.L.¸ basta con il P.I.L.”