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Omelia I AVVENTO B del 30 Novembre 2008

La lettura più importante di questa messa è certamente la prima. E’ uno dei testi che emergono all’interno dell’A.T. per la sua profondità religiosa ed anche per ragioni estetiche. E’ un tantino retorico¸ come spesso accade ai testi di letterature che non fanno più parte dell’epoca classica ma dell’epoca un po’¸ appunto¸ retorica e barocca della decadenza¸ ma se decade lo stile non decade la sostanza in questo caso. E’ dentro nel libro di Isaia¸ ma Isaia era morto da trecento anni quando questo testo venne composto e fa parte della raccolta che simbolicamente va sotto il suo nome¸ ma è un testo che è stato scritto dopo il ritorno dall’esilio¸ quindi non ha niente più a che fare con il momento storico di Isaia. E’ il testo nel quale parlano i reduci della Babilonia¸ sarebbe più corretto politicamente dire dalla Persia¸ perché ormai la Babilonia è conquistata dai persiani. Sono tornati con molte speranze¸ si illudevano che tornando nella loro torre avrebbero potuto subito ricostruire la vita di una volta¸ quella che era cosí lontana nel tempo che ormai sembrava l’età dell’oro¸ quella del tempo di Davide¸ dei re. Si erano cullati in una specie di illusione¸ avevano un po’ esagerato nella speranza e quando tornano si rendono conto¸ e il testo lo descrive in tanti altri capitoli¸ che la loro è una società che non ha più vigore¸ di gente che non riesce neppure a mantenere la minima onestภma non per cattiveria ma perché la situazione è cosí difficile: altra gente ha occupato le loro terre¸ il paese è in rovina¸ non c’è da mangiare e sono quei momenti nei quali la miseria e il disordine che si è creato anche all’interno delle proprietภdelle famiglie¸ della società rende tutti più cattivi¸ rende tutti meno capaci di individuare le scelte opportune per star meglio. E allora pregano e questo è interessante perché è un modello direi di rinascita di una fede religiosa diversa da quella di prima¸ che è stata sollecitata dalla miseria in cui questa gente si trova. Ricordano il passato. Anche questo¸ come dicevo prima¸ è un passato ormai idealizzato¸ ricordano il passato cosí come veniva raccontato dai testi biblici che parlavano dell’esodo dall’Egitto¸ del Sinai¸ della traversata del deserto¸ della conquista della terra come una grande epopea dove Dio era stato sempre presente¸ aveva accompagnato il popolo e soprattutto¸ alcuni versetti sono saltati come sempre nella lettura liturgica il che non facilita la comprensione¸ aveva soprattutto esaltato Mosè ed era stato insieme con Mosè la guida sicura¸ il pastore¸ il liberatore del popolo¸ il braccio del Signore splendido aveva accompagnato la mano di Mosè che guidava il popolo. La conquista era stata rapida e direi sicura e audace. C’è una bella immagine come quando una bestia corre giù per il canalone e arriva sana in fondo perché sa destreggiarsi fra i sassi ripidi del canalone. Una volta era cosí¸ una volta tutto era liscio¸ sicuro¸ veloce¸ si risolveva verso il bene. Adesso è finito tutto e loro intuiscono che la causa della fine di tutto è che il Signore li ha abbandonati a sé stessi. E’ questa l’idea più interessante: “Tu sei nostro Padre” è una delle poche volte che nell’A.T. c’è il termine Padre per parlare di Dio¸ “Da sempre ti chiami nostro Redentore”¸ la parola Redentore¸ come sapete¸ nella sociologia del tempo¸ rappresentava quel membro della famiglia che per la sua posizione all’interno della famiglia o del clan ha il diritto¸ il potere e il dovere di rivendicare tutte le ingiustizie¸ di salvare tutti i bisognosi e i deboli. E’ il salvatore nelle situazioni di pericolo e di emergenza all’interno della famiglia. Questa responsabilità spetta¸ a seconda dei casi¸ al genitore più anziano oppure all’erede e Dio viene immaginato come colui che nei confronti di tutto il popolo è stato questa figura. Il 118 della vita¸ insomma. In ogni emergenza si chiama Lui e viene. E invece adesso “Ci lasci vagare lontano dalle tue vie¸ lasci indurire il nostro cuore cosí che non ti teme”. E allora chiedono “Ritorna”. E’ curioso perché questo modo di analizzare la situazione che rimane presente in questo testo ma che non è valorizzato dalla tradizione ebraica successiva¸ se non in minima parte¸ ritorna nella Lettera ai Romani. Nella Lettera ai Romani dice l’Apostolo “Quando gli uomini non riconoscono Dio per quel che è¸ Lui li abbandona a loro stessi”¸ la sua ira (cosí la chiama Paolo) cioè la sua disapprovazione non si manifesta più come nelle leggende dell’A.T. con castighi come il diluvio¸ l’esilio¸ la distruzione¸ si manifesta in maniera molto più subdola direi¸ cioè “Dio vi abbandona¸ fate come volete¸ arrangiatevi. “ E cosí¸ dice Paolo¸ gli uomini rimangono autonomi¸ decidono di loro stessi e cadono nelle situazioni più vergognose e in quell’occasione Paolo¸ forse sbagliando o comportandosi in maniera un po’ superficiale¸ indica come le situazioni che simbolicamente sono più vergognose e raffigurano questa auto rovina dell’uomo lasciato a se stesso¸ le individua soprattutto nei disordini sessuali¸ noi forse con un’altra sensibilità le individueremmo nella mancanza di giustizia¸ nell’indifferenza per i bisognosi¸ nello spreco¸ in questa strana società nella quale bisogna a tutti i costi aumentare la produzione ossia la rovina delle risorse materiali del pianeta perché bisogna continuamente sprecare metalli¸ rovinare atmosfere per produrre¸ fare i soldi¸ comperare e vendere che è pura follia. Gli ecologisti cercano di farlo capire ma non trovano grande risonanza¸ siamo folli. Forse qui Paolo direbbe: “Dio vi ha abbandonato alla vostra intelligenza¸ voi credete di sapere cosa bisogna fare e andate a cercare energie alternative invece di diminuire il bisogno di avere energie”. Ma lasciamo perdere questo che non è mio compito¸ era solo per sostituire un esempio ad un altro. Ma la tesi¸ quella che interessa all’uomo religioso non è cosí concreta. A questo penseranno gli economisti¸ gli scienziati¸ i cristiani che partecipano a questa ricerca. I laici¸ il prete non si occupa di questi dettagli o di questa concretizzazione. Il prete dice: “Io delle Sacre Scritture prendo questo principio fondamentale: il castigo di Dio consiste nel dire all’uomo <fai come vuoi¸ io taccio>. L’assenza¸ il ritirarsi: arrangiati”. Loro lo vedono cosí¸ e allora rimpiangono il passato¸ quando sono nel disastro rimpiangono il passato. “Tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti”. Di sorpresa¸ è poesia eh! “Mai si udí parlare da tempi lontani¸ orecchio non ha sentito¸ occhio non ha visto che un Dio fuori di te abbia fatto tanto per chi confida in lui”. E adesso non lo fai più. Ecco¸ è questo il punto che m’interessa¸ m’interessa soprattutto perché come dicevo costituisce il punto d’avvio della Lettera ai Romani che è uno dei testi che hanno nella storia del Cristianesimo influenza perfino maggiore¸ sotto certi aspetti¸ del Vangelo. Il Protestantesimo è nato e continua a rifiorire partendo dalla Lettera ai Romani. “Dio li ha abbandonati alle loro passioni¸ ma anche alla loro intelligenza insipiente” perché poi¸ come dice Paolo in Corinti “Quello che è stolto per Dio è più intelligente dell’intelligenza umana”. Ed è già presente in questo testo¸ ecco perché dicevo: questo testo è un po’ la presentazione di come nasce o rinasce una religione. La religione nasce da questa idea: abbiamo sbagliato a voler fare tutto da soli¸ ricomincia a darci una mano¸ occupati di noi. Ecco perché si dice “Ricordati che sei nostro Padre¸ il nostro Redentore” cioè il responsabile degli interventi di urgenza ed ecco perché la liturgia la legge all’inizio dell’Avvento¸ quando si implora a Dio: “Fatti sentire¸ fatti vedere¸ intervieni in qualche modo!”. Ovviamente secondo noi l’intervento non è più il miracolo¸ squarciare i cieli per scendere¸ non lo era neanche qui¸ è pura poesia ma è la memoria¸ il ricordo¸ la parola per cui in gran parte tocca a noi risvegliarci¸ come dice il vangelo. Però giustamente siccome la religione è impegno¸ sí¸ come suggerisce questa volta il vangelo¸ ma è soprattutto il riconoscimento del bisogno¸ della debolezza ed è preghiera¸ ecco che la prima lettura dice: “Noi cercheremo di svegliarci e di capire meglio le cose ma anche tu Dio fa’ qualcosa per noi”. Poi il testo prosegue ribadendo il concetto che dicevo prima: tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo¸ siamo stati ribelli”¸ come dice Paolo nella Lettera ai Romani “ed allora siamo diventati tutti come una cosa impura¸ come un panno immondo”¸ letteralmente in ebraico “come il panno della mestruata” che per gli ebrei era non soltanto insanguinato ma era impuro perché il sangue per loro era un tabù. “Siamo diventati come mutande sporche” o meglio è più fine “Come il panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia”. Questa frase¸ d’accordo¸ sto giocando forse a fare il predicatore savonaroliano però quante volte noi continuiamo a parlare di diritto¸ di giustizia¸ di diritti dell’uomo e poi sia gli altri¸ ma anche noi¸ la nostra difesa dei diritti finisce per essere spesso ipocrita¸ inefficace¸ parziale. Difendiamo i nostri di diritti e non quelli degli altri. C’è dello sporco nei nostri atti di giustizia ed anche nei giudici che li denunciano¸ non c’è niente di pulito. Ci sarà più sporco da una parte e meno dall’altra ma di pulito non c’è niente perché “Dio ci ha abbandonato¸ tutti siamo avvizziti come foglie¸ le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome¸ nessuno si risvegliava per stringersi a te”¸ e questo richiama il vangelo. Ma è curiosa questa catena di cause¸ ma quale è la vera ragione? “Perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto. Scrivere le frasi in questo modo scaricando alla fine la responsabilità sulla decisione di Dio di nascondersi¸ questa è alta teologia¸ è¸ direi¸ profonda comprensione della situazione. E’ vero che noi ci siamo allontanati ma noi siamo della povera gente che indovina qualche volta e sbaglia spesso¸ siamo della gente emotivamente instabile perché siamo uomini ed essere uomini è cosí. Tocca a Lui¸ il Redentore che sta in alto non nasconderci il suo volto. Vedete la religione come questo dialogo¸ questo dibattere fra di noi su chi deve cominciare per primo. San Paolo dirà nella Lettera ai Romani che la morte di Gesù dimostra che Dio è venuto tra noi nel punto più basso della nostra esistenza perchè ha ascoltato la nostra supplica ed è venuto a riprenderci dove stavamo peggio che altrove¸ “nelle soglie stesse della morte” ed allora ha dato risposta a questa preghiera. Ecco¸ incominciare l’Avvento vuol dire ricostruire nella nostra mente¸ nel nostro cuore¸ ognuno di noi¸ a seconda di come lo toccano i problemi della vita che gli sta intorno e di come si lascia toccare da questi problemi. C’è chi è più sensibile ai bambini che muoiono¸ adesso per Natale arriva quella caterva di ONLUS che chiedono soldi¸ ci vuole un po’ di discernimento¸ il problema non è l’offerta¸ il problema è un essere toccati nel profondo della coscienza. Che cosa oggi ci tocca di questa sporcizia che c’è nel mondo che è quella dei rifiuti¸ delle persone abbandonate e non aiutate¸ dello spreco? Quello che ci tocca¸ ad un certo punto¸ riconosciamo umilmente¸ dipende forse dal fatto che siamo un po’ soli nel decidere? Se invocassimo di nuovo il Creatore del mondo perché la smettesse di sfidarci nascondendo il suo volto¸ se ripensassimo a Gesù che è venuto per dire: “Io sono con voi fino alla fine del tempo”¸ in questo modo potrebbe rinascere anche all’interno di noi stessi¸ dicevo a seconda della sensibilità che ognuno ha per il problema che più lo tocca e che più lo turba¸ e parto da quello¸ però potrebbe rinascere in noi una preghiera¸ una speranza¸ una fiducia¸ insomma potrebbe rivivere la componente religiosa del nostro essere che è indispensabile per essere uomini.