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Omelia CRISTO RE A del 23 Novembre 2008

Questo è uno dei testi più impressionanti del vangelo¸ si trova nel vangelo di Matteo ma direi che ha una portata che va oltre il merito di questo singolo evangelista. La volta scorsa ero stato severo nel giudicare le incongruenze della parabola dei talenti e questa volta rimedio facendo grandi lodi all’evangelista per la stesura di questo testo che dal punto di vista della struttura narrativo-linguistica è molto elementare¸ ma questo è caratteristico di Matteo di ripetere due volte le stesse cose¸ in bene ed in male con le stesse precise parola¸ deve essere una cosa che piaceva alla sua cultura semitica che gli veniva forse bene nella sua lingua d’origine che forse era l’aramaico. Senza variazioni¸ tutti ripetono le stesse parole per dare forse un senso di solennità al suo modo di dire. Come forma quindi è¸ volendo¸ criticabile¸ è la sostanza che è interessante e lo è sotto due profili che tutte e due possono poi essere fonte di discussione e di approfondimento. Il primo è quello dell’identificazione di Gesù con i più piccoli dei suoi fratelli. Questa è una cosa molto interessante che riguarda sia il modo di pensare a Gesù Cristo sia¸ parallelamente¸ il modo di valutare il valore e l’importanza delle persone. Gesù¸ che è riconosciuto come il Figlio di Dio non si identifica con i potenti¸ come dirò poi nel secondo punto¸ non si identifica neanche con coloro che esercitano attività di tipo religioso ma si identifica con tutti quelli che sono gli ultimi nella societภquelli che sono poveri. E’ proprio il contrario¸ se ci pensate¸ dei talenti perché là si metteva in luce l’energia¸ la capacità di investire¸ di rischiare¸ di produrre. Veniva lodato e premiato colui che era stato capace di portare dei frutti consistenti¸ l’uomo che è riuscito nella sua vita. E’ per quello che là dovevamo dire: “Ci meraviglia che Gesù abbia valorizzato tanto la riuscita che può essere espressa con questo paragone molto ambiguo del denaro raddoppiato e pensavamo che là bisognasse interpretare tutto in senso metaforico-spirituale”¸ cioè si parla di denaro¸ si parla di successo ma in realtà si parla di crescita di qualcos’altro che vale più del denaro e cioè il vangelo. E ci era sembrato necessario interpretare quella parabola come una parabola con una virata a 180°¸ spostarla sull’altro versante quello sello spirito¸ dell’interiorità. Questa volta direi che non ci sembra il caso di cambiare¸ ci sembra anzi che ci sia da riflettere su questo punto perché il cambiamento¸ la virata questa volta l’ha fatta l’evangelista perché nella mentalità immediata di chi lo ascolta dire la parola Dio voleva dire parlare¸ come dice il titolo di questa festa¸ re¸ sovrano¸ gloria¸ grandezza¸ splendore¸ luce¸ potenza¸ onnipotenza per cui sembra di dire che quando si parla di Dio bisogna usare i superlativi¸ bisogna parlare dell’infinita perfezione¸ dell’assoluta trascendenza¸ dall’alterità totale. E’ una specie di ingrandimento¸ Dio è grande¸ come è scritto in molti testi soprattutto dell’A.T. e qui si dice che quando alla fine lo vedremo nella persona del Figlio¸ Gesù¸ quello che oggi celebriamo come re¸ lui si mostrerà uno che dice: “No¸ no¸ io non avevo niente a che fare con gli imperatori¸ con i ricchi¸ con i Leonardi¸ da Vinci; voi mi avete incontrato quando avevo fame¸ quando avevo sete.” E questo è interessante¸ è l’identificazione di Gesù con le porzioni più deboli quasi insignificanti della vita. “Il più piccolo dei miei fratelli.” C’è il superlativo¸ ma il superlativo nel diminuire. C’è un solo punto che con un po’ di malizia potremmo domandarci fino a che punto deve essere spinto: quando si identifica con i carcerati. Per caritภè giusto andarli a trovare¸ anche se sono stati i peggiori delinquenti¸ ma che lui dica “L’avete fatto a me” supponendo questa specie di “Io ero in loro” lascia un po’ perplessi¸ perché o Matteo pensa all’ingiustamente carcerato¸ come per esempio i cristiani perseguitati¸ allora tutto va liscio¸ ma siccome fra i carcerati c’è anche qualcuno che era proprio un delinquente¸ si deve arrivare fino al punto di dire che Cristo si identifica anche con questi? Perché sono più dei malati che dei colpevoli¸ più dei disgraziati che dei cattivi. E’ un punto delicato questo¸ meriterebbe un dibattito all’ “Infedele”. Ragionare su queste cose. Posso spingere questo piccolo particolare o è una svista: Matteo nel fare la sua lista ha aggiunto anche carcerato perché pensava ai carcerati¸ e ce n’erano tanti nell’antichità e ce n’è una quantità anche adesso¸ ingiustamente tenuti in prigione¸ o crudelmente trattati. E non gli è venuto in mente che ci poteva essere questo piccolo problemino. “Vuoi forse dirci che stai anche dalla parte di chi ha fatto soffrire gli altri?”. Ma è una parentesi questa¸ direi un piccolo punto dove il discorso non fila¸ un piccolo inciampo¸ uno scandalino piccolo. Per il resto la cosa è molto bella: il Dio dei cristiani sta dalla parte dei bisognosi e dei piccoli¸ non si identifica con i trionfatori¸ i potenti¸ quelli che hanno successo. Perché non ne hanno poi bisogno quelli di aiuto¸ anzi dovrebbero prestarlo ad altri e bisogna riconoscere¸ mi par di capire¸ che questo concetto ormai è condiviso praticamente da tutti. Forse dopo non tutti¸ a cominciare da me¸ si impegnano praticamente a fare queste opere di servizio. La nuova traduzione non dice più “Non ti abbiamo assistito” ma dice¸ più vicina al testo¸ “Non ti abbiamo servito”. E’ la nozione moderna di servizio che ha le sue radici nella visione cristiana delle cose ma che ormai è diventata patrimonio di gran parte della popolazione almeno qui in Europa. Chi sta bene non può sentirsi a posto in coscienza e tanto meno davanti a Dio se non fa qualcosa per chi sta male e quando uno sta male¸ sta veramente male ed ha bisogno non gli si chiede prima la carta d’identità. E’ l’equivalente matteano del buon samaritano. Dopo¸ quando si è ripreso può anche darsi che tu abbia il dovere di rimproverarlo di qualche difetto o di stare in guardia da lui¸ ma quando ha fame¸ quando ha sete¸ quando ha bisogno di essere vestito la prima cosa è salvare la sua umanità in pericolo¸ la sua vita in pericolo. E’ la Croce Rossa¸ è l’etica medica. Se uno è ferito¸ è malato ed ha bisogno di cure¸ si lascia da parte se anche è un ergastolano¸ lo si ricovera d’urgenza in ospedale. Perché quando è in gioco la vita e si può fare qualcosa¸ non si devono fare distinzioni. Questo è il modo laico di dire perché Dio si identifica con questo¸ laddove c’è bisogno di essere aiutati perché si rischia di perdere tutto¸ occorre subito intervenire. Ma questo è il primo facile concetto di identificazione di Gesù con chi sta male¸ ma sotto¸ fra le righe in questo testo c’è anche la possibilità di un altro discorso¸ ma è già passato il tempo. Lo accenno soltanto¸ cioè che questo testo¸ a pensarci bene¸ è la magna carta della secolarizzazione perché l’oggetto del giudizio non è come forse ci si sarebbe aspettati: sei andato a Messa¸ hai detto i vespri¸ hai lodato Dio¸ hai offerto sacrifici¸ hai fatto la bella professione di fede¸ hai dato offerte¸ hai costruito templi? La religione è assente. “Venite di qui¸ benedetti dal Padre mio¸ perché mi avete dato da mangiare e da bere.” E’ la vita concreta¸ quella dove si mostra l’onore a Dio¸ non il culto¸ non i riti¸ non le cerimonie¸ non i templi¸ e… certo altrove nel N.T. si valorizzano anche questi aspetti¸ ma la cosa curiosa è che questa è l’ultima parola che Matteo dice nel Vangelo¸ dopo c’è il racconto della Passione¸ e questo è interessante. Il culto cristiano è l’aiuto dato all’uomo¸ il culto cristiano è una vita piena di caritภdi perdono¸ di concreta assistenza¸ di servizio¸ quello che dicevo prima. Questo non significa che allora da domani non venite più a Messa¸ demoliamo le chiese¸ significa solo che il culto cristiano non è più come il culto antico¸ l’ideologia del sacro¸ cioè “Dimentica i problemi della vita e vai a cercare Dio fuori dalle miserie dell’esistenza.” Il sacro come fuga¸ il sacro come rifugio¸ il sacro come mondo virtuale¸ inventato per non occuparsi della realtภil sacro come evasione¸ il sacro come alibi¸ il sacro come alternativa. Quello che secondo i sociologi sta crescendo¸ perché tutti i sociologi dicono che sono tornati la religione e il sacro¸ ma la religione e il sacro che spesso ritornano non sono quelli che noi riteniamo essere la vera religione. La vera religione è quella che produce questa carità e per fortuna non c’è più tempo di andare oltre altrimenti forse esagererei nella polemica contro il sacro.