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Omelia XXX DOM. T.O. A del 26 Ottobre 2008

La prima lettura¸ nei primissimi versetti tenta di spiegare¸ o di far capire che cosa significa l’equivalenza “Ama il prossimo tuo come te stesso” non è facile trovare una spiegazione convincente di questa frase che si continua a ripetere. Ed anche nella Bibbia non è facilissimo trovare delle esplicitazioni di questo paragone. Come si fa ad amare un altro come sé stessi? Cosa vuol dire in concreto? Quelli che hanno composto il lezionario hanno pensato che fosse utile la frase che avete sentito all’inizio della prima lettura. “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Il “Come te stesso” vuol dire “Pensa a quello che ti è capitato nella vita¸ pensa alle situazioni nelle quali hai desiderato trovare aiuto e solidarietà. Applicale al tuo prossimo e comportati di conseguenza”. Quindi¸ praticamente¸ si assimila a questa espressione¸ “Amare il tuo prossimo come te stesso” alle altre che pure sono presenti nel vangelo: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” ed in positivo “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. E questo è quindi un tentativo di concretizzare il significato del secondo comandamento¸ quello che tra l’altro è¸ in fondo¸ più facile da capire anche se¸ come dicevo¸ non sempre si trovano delle spiegazioni sufficientemente illuminanti di quel paragone fra te e l’altro ma in fondo vorrebbe dire: “Esamina bene quello che tu desideri¸ quello che apprezzi¸ quello che invece ti disturba e ti fa soffrire ed allora potrai fare l’elenco delle cose che devi evitare quando tratti con il tuo prossimo e di quelle che potresti fare a suo favore”. E’ vero che non sempre si indovina perché le persone sono molto diverse l’una dall’altra e può darsi che ad uno¸ ad esempio¸ piaccia da morire l’attività sportiva che l’altro non sopporta ed allora crede di amarlo costringendolo a fare la gara campestre o le corse in bicicletta e quell’altro invece non ne vuol sapere. Cosí come c’è quello che è maniaco della musica e costringe figli¸ parenti¸ nipoti ed alunni ad imparare a suonare strumenti e si attira soltanto maledizioni perché loro non sopportano queste cose. D’accordo che si cade nella banalità e nell’umorismo con queste esemplificazioni però il “Come te stesso” non è facilissimo da interpretare¸ potrebbe dare adito a qualche prepotenza a fin di bene. Ecco perché¸ come dicevo¸ bisogna stare attenti a questi slogan quando vengono ripetuti perché hanno bisogno tutti di essere criticamente assunti con molta prudenza e con molto criterio. Ancora meno facile però è capire che cosa può significare il verbo amare in tutte le ricorrenze in cui viene adoperato ma soprattutto quando si riferisce a Dio. Io qui direi¸ forse sbaglio¸ ma mi dà l’impressione che forse la cosa migliore per incominciare a riflettere sul significato di questo termine “Amare il Signore” sia ricordare quello che tutti sanno e cioè la riflessione di Kant quando ha riflettuto sulla “ragion pratica” cioè su quello che orienta il nostro agire morale. Com’è noto la sua idea¸ che fra l’altro viene dal cristianesimo anche se è gestita in maniera filosofico-razionale¸ la sua idea è che per potersi comportare veramente bene nella vita con una moralità inattaccabile è quella di fare tutto per amore del bene e non per qualsiasi altra motivazione. Quindi nel ragionamento filosofico il verbo amare ha come oggetto non Dio ma una idea¸ se volete¸ astratta ma forse meno difficile da comprendere cioè il bene¸ la giustizia¸ la rettitudine¸ la perfezione. Vanno escluse tutte le altre motivazioni parziali. La prima da escludere sarebbe il proprio interesse¸ il vantaggio¸ quello che ne ricavi per tua utilità. E qui bisognerebbe prendere atto che di fatto molte delle cose che noi riteniamo dover fare sono inquinate da questa preoccupazione per il nostro interesse. Forse bisognerebbe anche riconoscere¸ come del resto ho già tentato di fare due domeniche fa¸ che molte volte anche la legislazione¸ religiosa e civile¸ non distinguo¸ pone degli obblighi¸ esige delle prestazioni per degli interessi contingenti: per l’ordine pubblico¸ per il risparmio delle risorse¸ per tante altre ragioni. Il concetto è che in realtà bisognerebbe ricercare¸ certo che si può cadere in astrazioni¸ però bisognerebbe ricercare la purezza assoluta di intenzioni. “Perché fai questo? Perché ami ciò che in sé stesso¸ in teoria¸ in astratto è migliore del suo opposto¸ è un bene”. Con il pericolo di inculcare una morale di tipo meramente utopico¸ ideale che non tiene conto della realtà concreta come dice il vecchio proverbio: l’ottimo è nemico del bene perché molte volte è proprio l’accontentarsi della mezza misura¸ il compromesso¸ quello che permette di non fare ingiustizia a nessuno e c’è l’altro slogan: summus ius est summa iniuria. Come vedete anche le ipotesi di tipo filosofico¸ ma di ogni genere¸ su questo punto vacillano. Non sono dei criteri ai quali ci si possa affidare con sufficiente sicurezza di fare le cose giuste. E’ molto difficile¸ Gesù non dice di amare il bene¸ dice di amare il Signore tuo Dio citando questa frase dal Deuteronomio. E direi che le parole più importanti sono “Tuo Dio” perché il Deuteronomio funziona tutto cosí: “Ricordati quello che il Signore ha fatto per te: ha combattuto il faraone¸ ti ha fatto uscire dall’Egitto¸ ti ha nutrito con la manna¸ ha precipitato nel mare i tuoi inseguitori. Apprezza quello che ha fatto e¸ se puoi¸ imitalo”. Anche questo non esclude ogni possibile deviazione però la risposta di Gesù è questa: “Cerca di apprezzare¸ essere riconoscente¸ ammirare¸ condividere il modo di agire del Signore tuo Dio”. L’unico vantaggio in questa risposta di tipo biblico-storico è che non sei di fronte a delle definizioni astratte di ciò che è bene e di ciò che è giusto ma a degli esempi concreti. Ecco perché la preghiera iniziale ricordava che Dio è il difensore del bisognoso e del povero. Allora qual è il più grande comandamento? Prendere a modello del tuo agire le opere che Dio ha compiuto nella storia della salvezza. Quando i primi cristiani vedono Gesù che muore sulla croce in silenzio¸ senza pretendere nulla per sé ma solo per gli altri¸ allora comprendono che amare il Signore proprio Dio¸ che adesso si chiama anche Gesù e non soltanto genericamente Dio come nell’A.T.¸ significa probabilmente essere disposti ad ogni rinuncia¸ ad ogni privazione perché nessuno soffra ingiustamente e possibilmente perché il maggior numero di persone possa godere qualcosa nella sua vita. Il non pensare a sé stessi ma prima di tutto agli altri¸ questa è la figura del Signore Dio che incominciava ad apparire nella tradizione dell’A.T. e che si è manifestata in Gesù non tanto quando ha detto queste parole ma in quello che è immediatamente seguito¸ come vi dicevo la volta scorsa¸ il giorno dopo perché queste parole sono dette¸ secondo gli evangelisti¸ nei giorni che immediatamente precedono la crocifissione. E’ vedendo Gesù crocifisso che uno dice: “Se vuoi osservare tutta la legge ed essere moralmente ineccepibile guarda l’uomo ed apprezzalo¸ stimalo¸ amalo”. E allora capite che la risposta di Gesù non è un trucco che facilita le cose ma è uno stimolo a pensare ogni volta cosa mi è possibile fare per cercare di essere nel giusto. E la parola di Kant “Fai tutto per amore del bene” accompagnata all’altra “Fai tutto come ti pare di poter dedurre dalla croce di Cristo” non dà singole risposte concrete ma¸ direi¸ dà uno stimolo verso qualcosa che deve continuamente migliorare ed aspirare alla perfezione che dovrebbe essere caratteristico della moralità cristiana. In questo senso anche san Paolo dice: “Il cristiano non è buono perché ubbidisce alla legge ma perché è guidato dallo Spirito di Dio ma perché inventa comportamenti nuovi”. Qualche volta può perfino scavalcare una legge¸ non dico disprezzarla e trascurarla¸ ma andare oltre. Il cristiano non va contro la legge ma va al di là della legge perché cerca di essere animato da questo spirito¸ cerca cioè di amare il proprio fratello partendo dal principio che ama il proprio fratello per mettere in pratica l’amore di Dio. C’è una frase nella Prima Lettera di Giovanni che viene continuamente citata e che staccata dal suo contesto¸ nel quale ha una sua dignitภdiventa una sciocchezza e una banalità: “Se non ami il fratello che vedi¸ come puoi dire di amare Dio che non vedi?”. Detta cosí la frase è una sciocchezza perché a pensarci bene la vera e profonda ragione per cui posso amare e devo amare tutti i fratelli che vedo¸ cioè chiunque fa parte del mio prossimo¸ è esattamente qualcosa che non vedo¸ qualcosa di invisibile¸ perché se io mi basassi¸ per cercare di amare i miei fratelli su quello che vedo in loro non potrei amarli tutti¸ troverei sempre qualcuno che non riesco ad amare. Io posso amare tutti i fratelli che vedo¸ compresi quelli che mi fanno del male¸ compresi quelli che non meritano di essere amati¸ in nome di quello che non vedo cioè in nome del mio rispetto di Dio come si è manifestato in Cristo. Ecco perché la tradizione cristiana ha detto che¸ in fondo¸ da queste parole di Gesù si ricava il principio che il cristiano è colui che ama tutti gli altri per amore di Cristo¸ sia perché qualora li amasse per le qualità umane¸ che sono amabili in certe persone¸ discriminerebbe¸ dovrebbe amare alcuni più di altri perché gli piacciono di più e tutto questo significherebbe parzialitภdarebbe origine ad invidie¸ gelosie¸ tradimenti. Ma il cristiano ama il fratello che vede basandosi su quello che non vede ma che crede nella fede e cioè la bontà infinita di Gesù che supera molto le narrazioni dell’agire di Dio nell’A.T. perché è la rinuncia a sé stessi per il bene dei suoi persecutori. Allora quando il cristiano legge “Ama il Signore tuo Dio” non pensa più al Dio dell’A.T. che¸ come c’è scritto nella prima lettura¸ dice: “Tu non devi vendicarti perché ti vendico io. Se tu lo maltratti la mia si accenderà e vi farò morire di spada¸ le vostre mogli saranno vedove ed i vostri figli orfani”. Questo è un Dio che è meglio non imitare¸ non si può amare un Dio cosí¸ checché ne dicano i cari fratelli ebrei i quali riescono a correggere l’orrore di queste frasi dell’A.T. Questo è orrendo. “Se tu lo maltratti quando lui chiederà l’aiuto darò ascolto al suo grido” e fin qui va bene¸ ma poi c’è la vendetta: “La mia si accenderà e vi farò morire di spada …”. Intendiamoci bene questo non è il Dio dell’A.T. è il Dio di alcune pagine orrende del Deuteronomio. In Cristo tutto questo si è risolto. Cristo sulla croce rinuncia a sé stesso per amore di tutti. Allora in nome di questo invisibile pensare e amare del cuore di Cristo io posso tentare di trovare il modo di amare veramente tutti¸ anche coloro che mi sono nemici.