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Omelia XXVIIIDOM. T.O. A del 12 Ottobre 2008

In queste due domeniche abbiamo avuto delle strane parabole¸ strane perché se il protagonista di queste parabole fosse l’immagine o la figura di Dio¸ allora sarebbe un mezzo disastro perché domenica scorsa faceva perire miseramente i vignaioli che non avevano dato frutto e questa volta¸ per un semplice invito a nozze rifiutato “Mandò le sue truppe e fece uccidere gli assassini” ma si dice che avevano ucciso i servi¸ “e diede alle fiamme la loro città”. Un Dio vendicativo. Che poi¸ dopo aver chiamato la gente ai crocicchi delle strade¸ in fretta evidentemente perché è tutto pronto¸ il pranzo è già cotto¸ pretende che quelli che sono stati mandati a forza a mangiare abbiano l’abito nuziale. Ma uno non ha il frac nella borsa quando va a lavorare¸ e siccome questo poverino non ha l’abito nuziale lo caccia fuori. Si spera che Dio non sia cosí. Ma il problema è che le parabole¸ come vi ho già detto tante altre volte¸ non sono allegorie¸ cioè non sono immagini travestite di Dio¸ come se¸ di volta in volta¸ quello che nella parabola è chiamato il padrone¸ il re¸ il padre sia una specie di descrizione di quello che è Dio¸ non è affatto cosí. Se cosí fosse saremmo in un altro genere di discorso che¸ in maniera generica¸ si chiama l’allegoria dove un rivestimento fittizio serve a descrivere il protagonista di cui si intende parlare. Le parabole sono delle vere e proprie storie prese dalla vita reale che vanno prima di tutto interpretate senza attribuire ruoli differenti o superiori ai personaggi della parabola stessa. Se si dice re si intende un re¸ come Erode¸ come i piccoli re che avevano questi territori ai confini orientali dell’impero romano. Come il principe del Liechtenstein¸ piccoli reucci¸ non il principe del quale approvo molte affermazioni recentemente fatte¸ ma i reucci erano anche superbi¸ vanitosi¸ vendicativi¸ come tutti quelli che hanno un piccolo potere e vogliono sentirsi importanti. Non hanno niente a che fare con la rappresentazione di Dio. Quello che riguarda il ragionamento su Dio va ricavato non dalla descrizione di singoli personaggi del testo ma va ricavato dall’insieme della storia. Solo che poi è successo anche un altro fatto che appare chiaro nella parabola di domenica scorsa ed in quella di oggi¸ cioè che gli evangelisti¸ e prima di loro i predicatori¸ che raccontavano queste parabole hanno modificato l’originaria forma della parabola per adattarla¸ per aggiornarla ed adattarla alle situazioni del loro tempo. Quando loro predicavano tra il 60 e l’80 del primo secolo¸ trenta¸ quaranta anni dopo la vita di Gesù¸ loro desideravano¸ come dovremmo fare anche noi¸ fare un discorso che riguardasse i contemporanei¸ ed allora inserivano¸ alle volte intelligentemente alle volte un po’ meno¸ nelle parole di Gesù degli elementi che facessero pensare alla situazione presente. Se Matteo¸ come è quasi sicuro¸ scrive dopo il 70¸ anno decisivo perché è l’anno in cui Gerusalemme viene rasa al suolo¸ la Giudea è devastata e praticamente agli ebrei si impedisce di abitare in Giudea¸ se Matteo scrive dopo il 70 è per questo che aggiunge nella parabola “Mandò le sue truppe¸ fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”. Questo è quello che ha fatto Tito. Matteo¸ quando scrive¸ crede di essere furbo mettendo in bocca a Gesù un’allusione a quello che è appena successo¸ quasi a dire: “Vedete che Gesù aveva previsto¸ vedete come è stato severo nel permettere ai romani di castigare gli ebrei perché l’avevano rifiutato” e ritorna quella componente di accusa all’ebraismo di allora di avere sbagliato tutto nella sua relazione con Dio crocifiggendo Gesù¸ che abbiamo trovato anche nella parabola di domenica scorsa. E queste cose dobbiamo tenerle presenti soprattutto quando leggiamo vangeli scritti in anni abbastanza lontani dalla vita di Gesù¸ in particolare Matteo e Luca. Non parliamo poi del quarto vangelo il quale però ha tutta un’altra finalitภha tutti altri scopi nel modificare¸ nell’attualizzare o riorganizzare le memorie su Gesù. Se Marco è vero che ha scritto prima della caduta di Gerusalemme¸ Marco è quello che meno di tutti è influenzato dal desiderio di utilizzare questa catastrofe come un elemento interpretativo dell’agire di Dio. E’ interessante vedere che nella scrittura si sovrappongono questi livelli¸ questi tentativi di interpretazione che sono alle volte cosí ingenui o cosí tendenziosi che rivelano quale è l’intenzione dello scrittore. Questo non significa che la Bibbia non è ispirata dallo Spirito Santo¸ bisognerebbe che ci decidessimo¸ cosa che spero che il Sinodo in corso abbia il coraggio di fare ma temo che non sarà capace di farlo¸ bisognerebbe che ci si rendesse conto che la Bibbia è un libro che è pieno di opinioni differenti¸ di aspetti contraddittori¸ perfino di errori¸ bisogna avere il coraggio di dirlo. Ma è attraverso questa ricchezza di contributi umani che Dio ci parla perché quando Dio ci parla nella Bibbia non ci parla come un professore che ci insegna la verità che dobbiamo imparare a memoria ma ci parla come uno che¸ un po’ come sto facendo io¸ discute con uomini intelligenti dei vari aspetti che la realtà può assumere. La Bibbia non è fatta per indottrinare¸ la Bibbia è parola di Dio perché fa pensare¸ che è molto diverso dallo studiare a memoria. la Bibbia suscita la volontà di ricerca¸ di riflessione¸ se cosí non fosse sarebbe un libercolo di propaganda spregevole e non potremmo¸ alla fine della lettura¸ dire “Parola di Dio”. E’ parola di Dio perché si serve di uomini che propongono possibili interpretazioni¸ alcune delle quali si rivelano subito come provvisorie¸ esagerate¸ vanno comparate con altre¸ vanno inserite in un più ampio discorso. La Bibbia con pazienza va continuamente riaperta¸ riletta¸ non è mai chiuso il discorso. Per questo la Bibbia è parola di Dio. Cosí come sono parole di grande rilievo¸ che continuano ad educare gli uomini i grandi capolavori della letteratura mentre non lo sono i piccoli scritti didascalici che semplificano le cose e diventano delle specie di ingenue istruzioni per l’uso. I grandi capolavori sono quelli che continuano a far pensare: “Ma cosa avrà voluto dirci l’autore in questa modo? Era un genio perché aveva una quantità di intuizioni ed ha cercato di inserirle tutte nel testo che non finisce mai di interrogarci”. La Bibbia non insegna¸ la Bibbia interroga. Detto questo si potrebbe ipotizzare che la parabola di Gesù era meno puntigliosa dell’attuale testo di Matteo¸ raccontava quello che succedeva nella Palestina di allora. Erode Antipa che è il re della Galilea¸ quello che durante un banchetto¸ come dice un altro testo¸ avendo fatto una stupida promessa da ubriaco fa tagliare la testa a Giovanni Battista¸ un re spregevole. Ce n’erano di peggio¸ per carità. Per un banchetto di nozze invita l’aristocrazia della Galilea¸ i vecchi ebrei con famiglia di genealogia antica che¸ ovviamente¸ considerano il re Erode Antipa un superbo incapace¸ indegno di governarli. Quando arriva l’invito lo stracciano e non ci vanno per difendere la loro dignità: “Io non vado al pranzo di quel tiranno incapace che è qui perché i romani l’hanno messo e che non vale niente”. Il re si arrabbia¸ non ha distrutto nessuna città. Il fatto storico che Gesù racconta ai discepoli è semplicemente questo: ha cercato di rispondere con controrispetto. Ha invitato della povera gente al suo banchetto poi¸ stupido com’è¸ pretendeva che andassero in frac quelli presi ai crocicchi delle strade e ne ha cacciato fuori uno. E la conclusione di chi ascolta Gesù potrebbe essere: che brutta gente questi re! Certo ci vuol pazienza¸ bisogna tener conto della loro insensatezza¸ bisogna tenerli. Posso sbagliarmi in questa interpretazione che però non è soltanto mia. E’ come se Gesù dicesse: “Vedete¸ quando arriva l’invito di quel re questa gente si ferma¸ ci pensa e poi responsabilmente dice <Non ci vado¸ corro il rischio di essere castigato perché non ci sono andato ma voglio difendere la mia dignità>. Gli altri¸ quelli delle strade¸ poverini¸ vanno ingenuamente perché dicono <Almeno si mangia> e tornando possono dire <Un’altra volta starò più attento>”. E se ci pensate tutte due le categorie di persone sono categorie alle quali il racconto suggerisce questo: dovete imparare a fare attenzione quando un potente si mette in contatto con voi¸ state attenti perché bisogna pensare bene a come ci si comporta. E facendo un passo avanti l’ulteriore conclusione potrebbe essere: l’esperienza vi ha già insegnato che con certe persone bisogna stare in guardia¸ si rischia di sbagliare sempre. Bisogna pensarci bene¸ non essere precipitosi¸ avere un salutare timore. Perché nei confronti di Dio invece siete cosí faciloni¸ sempliciotti¸ approfittate della sua declamata bontà e lo prendete sottogamba? Il Regno dei Cieli è una cosa seria¸ abbiate per Dio almeno lo stesso amore e rispetto¸ per lui che se lo merita¸ che avete per questa gentaglia che ha un potere illegittimo e di cui¸ giustamente¸ avete disprezzo e paura. Cioè l’insegnamento¸ capite¸ è al contrario¸ come quando¸ vi ricordate l’anno scorso¸ Gesù paragonava il rapporto con Dio con quello della vedova con il giudice disonesto¸ non voleva dire che Dio è disonesto¸ ma voleva dire: “Non imparate per forza nella vita come si deve essere guardinghi di fronte a certe persone che hanno il potere. Perchè invece nel settore della religione date l’impressione di poter offendere Dio e non prendete sul serio la sua grande dignità? Anche¸ se volete¸ la imprevedibilità delle sue decisioni e delle sue scelte. Per esempio la parola potrebbe dire: quando vedete che i pagani si convertono e che prendono il vostro posto nella relazione con Dio perché invece di arrabbiarvi¸ rifiutare¸ perseguitare i predicatori cristiani non provate a domandarvi se non vi sbagliavate nel vostro modo di concepire Dio? Perché siete preoccupati di trovare la posizione più corretta e più giusta di fronte ai potenti di questo mondo e date invece per scontato che di fronte a Dio sapete già come ci si comporta e¸ ripeto¸ come diciamo noi volgarmente¸ lo prendete sottogamba? Il rispetto¸ il timore¸ la venerazione¸ lo stupore per quello che Dio potrebbe fare¸ il diritto di Dio di sorprenderci¸ il diritto di Dio¸ qualche volta¸ di metterci in difficoltภesattamente come dicevo all’inizio con la Bibbia la quale qualche volta ci fa arrabbiare¸ ci fa inquietare. Il diritto di Dio di mostrarsi a noi superiori e di costringerci qualche volta anche di umiliarci. Diritto che pretendono di avere una quantità di persone attorno a noi¸ certo meno oggi in una società democratica ma palesemente e continuamente nella società antica dove bastava avere un incarico che ti rendesse superiore agli altri e ti trattavano come uno schiavo che non ha diritto di parola. Ecco¸ nella cultura del suo tempo Gesù cerca di dire: “Imparate da questi piccoli aneddoti ad avere un pochino più di rispetto ed a lasciarvi sorprendere dall’agire di Dio”. Bisognerebbe aggiungere altre cose ma questa secondo me è una delle modalità che¸ tenendo conto della storia della composizione di questi testi ci permette di dar loro un significato forse meno ovvio di quello che tradizionalmente si dava. Termino con un tentativo di fare la battutina. Ricopiate o cercate di trascrivere¸ io la so a memoria e non ho bisogno¸ la seconda lettura perché sembra proprio quella che ci vuole nell’attuale pericolo della recessione. “So come vivere nell’abbondanza¸ sono allenato a tutti¸ so anche come vivere nella povertà. Sono allenato a tutto e per tutto: alla sazietà e alla fame¸ all’abbondanza ed alla indigenza”. E’ un bel consiglio visto che tutti siamo un po’ preoccupati di quello che sta succedendo ai nostri fondi di investimento. E’ una combinazione ma direi che non è fuori luogo che oggi Dio ci suggerisca¸ in maniera forse più convincente dei capi di stato: “State tranquilli però allenatevi al pericolo di dover sopportare delle crisi¸ potreste diventare molto più poveri di quello che temete. Quello che vi darà conforto sarà la vostra fede in Dio”.