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Omelia XXVI DOM. T.O. A del 28 Settembre 2008

Il vangelo non ha bisogno di commento perché è un brano di una facilità che rasenta l’ovvietà. E’ invece interessante¸ in questa domenica¸ il testo più importante è la seconda lettura. Molti di voi conoscono già l’importanza di questo testo e quelli che già lo sanno porteranno pazienza e cercheranno di ripassare quello che sanno già. Paolo in questa lettera ai Filippesi prende come fondamento per un’esortazione morale ad avere sentimenti di amore¸ compassione¸ caritภumiltภprende a fondamento di questa esortazione morale un testo¸ probabilmente un inno già conosciuto in Macedonia¸ a Filippi dove Paolo invia la lettera¸ che non è suo¸ quindi è un inno molto antico¸ ancora più antico della Lettera di Paolo che¸ come sapete peraltro sono gli scritti più antichi del N.T.. La Lettera ai Filippesi potrebbe essere del 56¸ anche prima forse¸ e in questa comunità era probabilmente già noto¸ comunque era noto a Paolo questo inno che qui riproduce e che si può far risalire al più tardi agli anni 50¸ vale a dire non più di 20 anni dopo la morte di Cristo¸ forse è ancora più antico. E’ un inno non facile¸ andrebbe esaminato con calma¸ parola per parola¸ ma qui non si può farlo. Difficile anche da tradurre¸ la traduzione attuale ha introdotto alcune giuste modifiche a quella più tradizionale. Parla di Gesù Cristo e dice che pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio l’essere come Dio ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo¸ la parola condizione anche in greco è la stessa¸ prima di Dio adesso di servo¸ diventando simile agli uomini¸ forse era meglio tradurre diventando “come” gli uomini¸ simile dà l’impressione di una finzione mentre non è vero. Forse bisognava aggiungere nella frase seguente “anche” dall’aspetto riconosciuto come uomo¸ umilio sé stesso facendosi obbediente fino alla morte ed alla morte di croce¸ per questo Dio lo esaltò. Da sempre si considera questo testo un testo di capitale importanza per comprendere come i primi cristiani concepirono Gesù Cristo e la sua vicenda¸ soprattutto la sua accettazione della morte di croce. Ma forse è soltanto nel secolo scorso¸ dopo la prima guerra mondiale¸ che grazie ad alcuni teologi¸ in prevalenza protestanti¸ ci si rese conto dell’importanza che questo inno può avere per il modo cristiano di immaginare che cosa sia Dio¸ perché in questo testo si dice che Gesù Cristo si trova già nella condizione di Dio¸ non è un uomo che diventa Dio¸ pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio l’essere come Dio. Ci si è incominciati a chiedere se questo testo non dica che nella ricchezza della vita divina esiste la possibilità forse non di rinunciare ma di non avvalersi della propria divinità. L’abbassamento¸ l’umiliazione¸ lo svuotamento¸ l’annullamento della propria esistenza viene presentato in questo testo come qualcosa che Dio può compiere su di sé. Cioè Dio può cessare di essere Dio¸ “Pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio essere come Dio”¸ si può anche tradurre diversamente questa strana parola tradotta giustamente “non ritenne un privilegio”¸ io preferisco “non volle avvalersi” cioè non volle tener conto¸ non volle servirsi del suo essere come Dio¸ ma è lo stesso¸ il senso è questo. Allora c’è una componente dell’essere divino¸ quella che poi la teologia chiamerà “persona” la quale vuol non essere Dio. Come si fa a pensare a Dio come colui che può non essere sé stesso? Tutte queste cose l’antica tradizione cristiana non è stata in grado di pensarle. Per questo le proposte di questi teologi¸ che dicevo¸ del secolo scorso suscitano interesse fra gli addetti ai lavori ma non sono ancora riusciti ad entrare nella predicazione normale¸ tanto meno nell’insegnamento ufficiale della Chiesa che pure le conosce benissimo. Ratzinger queste cose le sa a menadito¸ le pensa anche¸ probabilmente come papa non sa come fare a dirle pur essendo capace di formulare discorsi. Notate come si insiste “Svuotò sé stesso” assume la condizione di servo¸ diventa come gli uomini e viene riconosciuto come uomo quindi non si intravede che è Dio¸ si vede solo che gli altri lo vedono come un uomo¸ non va più in basso dell’uomo nello svuotamento ma scende a livello dell’uomo e¸ una volta uomo¸ umiliò sé stesso¸ si fa obbediente. L’ubbidire è contrario all’essere divino¸ Dio è il Signore¸ fino alla morte e¸ per di più¸ alla morte di croce. Solo per questo è esaltato ed ha il nome che è al di sopra di ogni altro nome. Ed è interessante che Paolo dice che è nel nome di Gesù¸ cioè di questo crocifisso¸ che ogni ginocchio si deve piegare a gloria di Dio Padre. Senza la nozione di Trinità questo senso non ha senso¸ e soprattutto bisogna pensare che la Trinità sia¸ certo il vecchio dogma dice uguaglianza nella natura però che nella Trinità ci sia uno dei tre elementi costitutivi del divino che si umilia¸ muore¸ giunge al livello umano fino a partecipare della morte¸ ovviamente senza cessare di essere Dio. Questi teologi del secolo scorso hanno insistito nel dire che bisogna che i credenti si decidano a pensare Dio come lo descrive il N.T. smettendola di volere a tutti i costi esprimere chi è Dio con le categorie della filosofia classica greca¸ platoniche o aristoteliche¸ sia pure mediate da san Tommaso e da altri secondo cui per dire Dio bisogna dire perfezione assoluta¸ immutabilità assoluta¸ estraneità completa alla corruzione¸ alla debolezza¸ al cambiamento. Dio è¸ non diviene¸ Dio non cambia. Dio è qualcosa di inimmaginabile per la sua fissità autosufficiente ed assoluta. Come si fa ad accettare questa visione di Dio che viene dalla filosofia¸ dal pensiero umano¸ Paolo avrebbe detto “dalla carne”¸ quando la scrittura parla in questo modo? Come si fa a dire che noi siamo credenti e teologi che prendono a base di tutto quella che proclamiamo essere parola di Dio se poi non la ascoltiamo nei suoi testi più significativi come questo e non abbiamo il coraggio di dire: “Dio non è come l’abbiamo pensato¸ come l’abbiamo pensato copiando dai greci il concetto di divina percezione mentre dovevamo sviluppare quello che era contenuto nella Sacra Scrittura.” Dio è colui il quale per amore dell’uomo può cessare di essere Dio. Lo so che il filosofo tradizionale dice: “Sono stupidaggini¸ contraddizioni¸ cose illogiche!” A prima vista è vero. Anche un fisico per uno che non se ne intende sembra che dica cose illogiche¸ per uno che non sa nulla quando un fisico gli dice che ogni atomo è composto da elettroni¸ nucleo¸ neutroni¸ protini¸ protoni ed altri cosini il bravo materialista superficiale dice: “Ma no! E’ compatto legno¸ che atomo! Che subatomico!” Eppure il subatomico c’è e con gli elettroni si fanno i telefonini. Allora è ora di finirla di continuare a ripetere come se fossero verità immutabili le primitive intuizioni di una proiezione a livello di perfezionamento di quello che manca all’uomo per cui la figura di Dio è diventata “Dio è quello che io non sono: io muoio¸ lui vive; io cambio¸ lui è immutabile; io sono debole¸ lui è forte.” Questo modo di funzionare è sbagliato. Per tanti secoli il mondo cristiano non ha avuto il coraggio di liberarsi di questa zavorra che è la vecchia filosofia greca. Parlo in maniera molto dura. Ma è la proposta di questi teologi che vengono nel primo dopo-guerra¸ il più celebre di loro il famoso Karl Barth di Basilea¸ torniamo alla Sacra Scrittura¸ abbiamo il coraggio di descrivere Dio come lo si ricava da questi testi. Amore infinito per l’uomo¸ questo è Dio. Una potenza che fa esistere tutto perché ama l’uomo¸ amerà anche altri¸ anche gli extraterrestri¸ chi lo sa¸ ma so che ama l’uomo. Per amore dell’uomo diventa uomo¸ l’umanità esiste in lui. Dio e uomo sono uniti da sempre. Questo è venuto a dirci Gesù Cristo¸ questo ci dice il N.T.¸ questo è ciò che i cristiani devono imparare a dire e pensare se vogliono dire qualcosa che può darsi che venga veramente da Dio¸ non da Aristotele¸ bravo finché si vuole ma pur sempre un uomo che per di più¸ non avendo la possibilità di conoscere come sono fatte veramente¸ le cose si fidava di intuizioni e speculazioni intellettuali che potevano essere proiezioni delle nostre sviste¸ dei nostri errori di valutazione delle cose. Per fortuna ho un po’ di mal di gola e mi fermo qui. Vi ho già dato a sufficienza spunti per domandarvi se… Ho esagerato certamente nel formulare le cose ma perché volevo che si comprendesse la possibilità di rinnovamento dell’immagine di Dio che si può ricavare da questi testi. Ripeto¸ sono del 50 d. C.¸ di credenti che cominciarono all’inizio¸ che forse avevano avuto una sensazione viva della novità che Gesù portava nel mondo. Per questo hanno abbandonato gli idoli. Insomma¸ renderci conto se non sia il caso che anche noi torniamo a fare parlare in maniera da ascoltarli questi testi che abbiamo letto.