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Omelia XIX DOM. T.O. A del 10 Agosto 2008

Per rispettare la forma greca la nuova traduzione ha tolto l’articolo: non “Tu sei veramente il Figlio di Dio” ma “Tu sei veramente Figlio di Dio”; volendo esagerare si poteva perfino tradurre “Tu sei veramente un Figlio di Dio” e verrebbe ribaltato tutta la sicurezza cristologia. Ma siccome è estate non occupiamoci di cose troppo difficili¸ è già difficile il vangelo. Infatti lascia i predicatori atterriti¸ come si fa a predicare su un brano di vangelo di questo genere con Gesù che cammina sulle acque e Pietro che cerca di fare altrettanto? Gli stessi commentatori sono un tantino in imbarazzo di fronte a brani di questo genere. Già domenica scorsa c’era il problema della apparente grandiosità del miracolo ma¸ se non altro¸ il dar da mangiare ad una quantità di persone¸ sia pure supponendo una eccezionale capacità di moltiplicare i pani¸ ha un suo senso umanamente tutti apprezzano¸ vale a dire Gesù si è preoccupato delle persone ed ha messo tutta la sua potenza a servizio del benessere¸ sia pure momentaneamente¸ di quelle persone. Dar da mangiare serve¸ è un segno positivo di comprensione¸ di solidarietภdi fraternità; il camminare sul mare è semplicemente una scemenza che non ha alcun senso¸ almeno per noi contemporanei. Noi abbiamo risolto la questione con lo sci d’acqua che ha brillantemente dato la possibilitภa che se la sente¸ non proprio di camminare¸ ma di correre sull’acqua. Noi¸ infatti¸ abbiamo perso quel vecchio mito dell’antichità per cui volare e camminare sull’acqua erano il sogno mitico. Con il parapendio sull’acqua abbiamo risolto le questioni ed abbiamo del tutto profanato questo vecchio mito del volare e del galleggiare con il solo proprio corpo¸ non con la barca. E a noi sentir dire che Gesù ha camminato sulle acque non interessa nulla¸ anzi¸ a me dà fastidio¸ perché a cosa serve? A che pro? Per far colpo! E’ teatrale il gesto¸ questa ostentazione di divinità che non serve a nulla se non forse a terrorizzare¸ non è biblica¸ questo è il problema¸ non fa parte della divinità di Gesù che noi conosciamo che è quella di presentarci Dio in forma fraterna¸ umanamente fraterna. Perché Gesù¸ qualche volta¸ non in questo caso¸ avrebbe presentato Dio in maniera pagana? In maniera mitico – fantasiosa? L’unica risposta che può dare uno studioso¸ non io gli studiosi¸ è quella perché nella sua rivelazione in Cristo Dio si è adattato alla cultura del tempo. La cultura antica rimaneva probabilmente incantata e si aspettava che se Dio viene sulla terra cammina sulle acque. E’ curioso che anche di Buddah si dica che ha guadato delle acque miracolosamente rendendole guadabili. E’ più modesto Buddah¸ si limita a fare in modo che le acque si abbassino e poi va a piedi e passa dall’altra parte. E’ curioso¸ vuol dire che le religioni antiche¸ l’uomo antico avevano bisogno di questi segnali¸ avevano bisogno di scoprire la grandezza¸ la potenza¸ l’immensitภavevano bisogno di vivere una religione che comprendesse l’aspetto del timore¸ se non addirittura del terrore¸ nei confronti delle divinità. Quello che un vecchio celebre fenomenologo ormai sorpassato ha chiamato l’horror¸ nella religione c’è sempre l’orrendum cioè quello che fa venire la pelle d’oca¸ la fisica emozione che dice: “Mio Dio!”. Il nostro mondo attuale direi che non vive più¸ non è più impressionato da questo livello di esperienza religiosa. Sono cambiate le cose¸ almeno io non lo sono e direi che è stato proprio il cristianesimo che ha educato a superare questo “tremendum”¸ “tremendum e fascinosum”: il tremendo e l’affascinante. E’ stato proprio il cristianesimo che¸ in un certo senso¸ ha proprio umanizzato la religione proprio perché ha presentato Dio che si manifesta come colui il quale ci dà da mangiare¸ ci guarisce le ferite¸ ci parla¸ non ci terrorizza apparendo nella notte e permettendo che noi scioccamente lo scambiamo per un fantasma. Allora direi che in fondo questi testi sono rimasugli che ancora sono conservati nel vangelo perché la condiscendenza divina¸ per accontentare la cultura di allora¸ ha inserito anche questi episodi ed ha fatto in modo che Gesù saltuariamente¸ direi en passant¸ si presentasse anche in questa forma dell’antica mitologia religiosa. Ne avevano un residuale bisogno gli ebrei¸ probabilmente ne sarebbero stati incantati i pagani e forse è per questo che Luca¸ intelligente che scrive per i non ebrei ma che non vuole che rimangano intrappolati nelle loro vecchie fantasie¸ tralascia questo episodio. Luca copia tutto quello che c’è in Marco ma questa parte la cancella. Non c’è in Luca questo episodio¸ rimane in Matteo¸ Marco¸ Giovanni. Giovanni lo utilizza per suoi scopi¸ a Giovanni questo brano interessa soltanto per una frase¸ per una piccolissima parola che tutti i commentatori di Giovanni¸ quando commentano Giovanni mettono in luce¸ si dimenticano di farlo quando leggono Matteo cioè non “Sono io” ma “Coraggio¸ io sono¸ non abbiate paura”. E “Io sono” era la traduzione greca della Bibbia greca del nome Jahweh¸ come se dicesse: “Coraggio¸ Dio¸ non temete!” perché “Egli è colui che è” è la traduzione greca del nome santo di Dio che non si pronunciava più. Ed¸ indubbiamente¸ questo è il culmine del testo: il fatto che questa rivelazione di Dio sia inserita in una atmosfera che non è di terrore¸ soltanto di paura¸ in questa atmosfera finale della notte con la tempesta¸ il vento è¸ ripeto¸ una condiscendenza al bisogno che l’antichità aveva del tremendum¸ quel tremendum che il cristianesimo ha dissolto presentando una visione di Dio umanizzata totalmente. E’ per questo che il cristianesimo ha avuto successo e la cosa curiosa è che questa tendenza paradossalmente è presente in maniera ancora più chiara¸ di quanto non sia nel vangelo¸ nella prima lettura che è un altro dei passi interessanti dell’A.T.¸ non facili da collocare all’interno della cultura antico-testamentaria perché Elia va sul Monte di Mosè e si aspetta di trovare i fenomeni terrificanti che accompagnavano la memoria dell’Esodo: la montagna che fuma¸ che trema¸ il fuoco¸ il vento impetuoso¸ il terremoto¸ il fuoco e¸ per tre volte¸ dice l’autore: “Il Signore non era nel vento¸ il Signore non era nel terremoto¸ il Signore non era nel fuoco”. Il Signore era nel niente: mormorio di un vento leggero. Forse in ebraico – ma chi lo sa l’ebraico? Traducendo letteralmente l’ebraico è “silenzio di voce sottile¸ silenzio di tenue voce”¸ cioè il nulla. E la liturgia ha capito bene tutto questo perché nella preghiera che ho letto¸ che questa volta è geniale¸ dice: Onnipotente Signore che domini tutto il creato¸ rafforza la nostra fede e fa che ti riconosciamo presente in ogni avvenimento della vita e della storia” non nelle tempeste¸ non nei fantasmi notturni¸ non nell’eccezionale. Stranamente questa demitizzazione¸ questa umanizzazione della divina rivelazione era già cominciata nell’A.T¸ in questo brano del Libro dei Re¸ e direi che nel brano del Libro dei Re era più avanzata di quanto non fosse nel vangelo perché nell’insieme dei vangeli rimangono ancora tre o quattro momenti in cui Gesù si presenta come scioccante¸ come uno che fa venire la pelle d’oca: questo¸ se volete anche la tempesta sedata¸ che sembra un doppione di questo¸ in parte la trasfigurazione¸ tra l’altro questo è molto simile alla trasfigurazione. Gesù appare per quello che non è¸ nella trasfigurazione appare per quello che è veramente e sarà per sempre. Qui direi che appare proprio per quello che non è perché non è uno che fa giochi di prestigio per incantare le persone. E’ probabile che questa esperienza dei discepoli¸ proprio perché si coordina cosí malamente con l’insieme della rivelazione biblica sia storica cioè sia veramente accaduta¸ non l’hanno saputa sopprimere prima ma i suoi aspetti arcaici¸ e per noi oggi inaccettabili¸ non sono per colpa di Gesù ma per colpa della sua volontà di adattarsi alla mentalità dei discepoli. Resta poi un’ultima cosa che ho solo il tempo di accennare e che sarebbe invece stata quella che doveva essere l’oggetto della predica cioè la richiesta di Pietro di camminare anche lui sulle acque. Questa andava privilegiata perché soltanto Matteo racconta questo. Questa appendice su Pietro non c’è né in Marco¸ né in Luca¸ né in Giovanni. Dico soltanto¸ ma lo intuite già anche voi¸ che Matteo ha un suo modo di presentare Pietro¸ è interessato a Pietro più di tutti gli altri evangelisti e¸ a proposito di Pietro¸ lui ha due atteggiamenti che possono sembrare contraddittori: Gesù gli dà privilegi che altri non hanno “Su questa roccia fonderò la mia Chiesa ...”. Solo Matteo dice questo di Pietro però nello stesso tempo gli fa fare la figura da stupido una volta in più che è questa¸ la figura da stupido che c’è in tutti i vangeli è quella del “Questo non ti accadrà mai!” dopo il primo annuncio della passione a cui Gesù replica: “Vai lontano da me¸ Satana” e chiamare Pietro Satana non è certamente gentile. Questo c’è in tutti i vangeli¸ Matteo aggiunge di suo questo: “Io ritengo che questo episodio di Pietro vada proprio considerato come di fare la figura da stupido ed allora va letto con un momentino di sarcasmo”. “Ordina che io venga”. “Vieni!”. Poi incomincia a tremare e¸ alla fine¸ la battuta molto sarcastica: “Uomo di poca fede¸ perché ti sei fidato? Cosa volevi fare? Camminare sulle acque? T’ho fatto vedere quanto sono stupidi i tuoi desideri”. E’ il Pietro come la figura di colui che sbaglia¸ di colui che non capisce¸ di colui che è ancora imbranato¸ che è vanitosetto¸ che ragiona in maniera precipitosa¸ come un ragazzotto. E a lui verrà affidato il governo della Chiesa per dire che chi la regge non è Pietro ma è Gesù alle sue spalle ed¸ effettivamente¸ l’unica cosa bella di Pietro è il “Signore¸ salvami!” che dovrebbe essere la preghiera quotidiana di tutti i papi: “Signore¸ dammi la grazia di non fare lo stupido¸ sono papa¸ salvami!”.