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Omelia CORPUS DOMINI A del 25 Maggio 2008

Ho pensato di approfittare di questa celebrazione del mistero eucaristico per cercare di presentarvi il modo con cui la Chiesa cattolica celebra l’Eucaristia nella messa. Voi avete già avuto quelle brevi catechesi sulla messa in tempo di Avvento ed io avrei intenzione di spiegare con un po’ più di ampiezza¸ se ce la faccio adesso¸ la parte centrale della messa cioè la preghiera eucaristica in senso stretto¸ quella che incomincia con il prefazio fino¸ più o meno¸ all’amen finale che chiude questa grande preghiera. Non è cosí semplice¸ voi la sentite dire tutte le domeniche¸ la sapete quasi a memoria nelle sue tre forme più usate: quella vecchia del cosiddetto canone romano¸ che è quella lunga dove si nominano i santi¸ che io uso talvolta nelle feste solenni¸ Natale¸ Pasqua; quella breve che di solito si usa nei giorni feriali ma che io spesso uso la domenica perché mi sono dilungato nella predica¸ devo lasciarvi andare a casa a mangiare allora recupero i quaranta secondi facendo la forma breve¸ che è il Canone II¸ che è stato composto dopo il Vaticano II copiandolo da un testo antichissimo del III secolo d.C. E poi c’è la terza preghiera¸ quella un po’ più lunga¸ caratteristica della domenica¸ che alle volte usiamo anche noi¸ e più o meno le avete sentite ripetere tante volte. Ho l’impressione¸ però che ci possono essere tante cose¸ che di fatto ci sono in questo testo¸ molti pensieri che si accavallano per cui non c’è una linearità logica nel procedere di queste preghiere perché si sono incastonati dentro¸ col passare del tempo¸ una quantità di affermazioni di fede¸ affermazioni teologiche per cui c’è un certo accavallamento di cose. Allora bisognerebbe¸ prima di tutto¸ partire dalla forma fondamentale di questa lunga preghiera che è determinata dalle frasette iniziali che vi ho detto ed è una preghiera di ringraziamento. Quindi la Chiesa celebra la memoria dell’Ultima Cena di Gesù nella quale venne inventata l’Eucaristia all’interno di una preghiera di ringraziamento rivolta a Dio Padre: “Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. E’ cosa buona e giusta¸ fonte di salvezza” ed è importante questo inciso perché vuol dire che ringraziando noi ci salviamo. “Rendere grazie a te¸ Dio Padre onnipotente”¸ e poi si spiega il motivo per cui bisogna rendere grazie e¸ nella sostanza delle cose¸ il motivo è per Gesù Cristo nostro Signore. Quindi noi quando arriviamo a quel punto della messa¸ io¸ a nome di tutti¸ mi rivolgo a Dio Padre e dico: “La cosa più buona e giusta che possiamo fare e la più utile per noi¸ fonte di salvezza¸ è ringraziarti; in sostanza perché ci hai dato Gesù Cristo. Dopo di che il filo logico del discorso¸ nella sua forma di base è questo: io racconto al Padre quello che Gesù Cristo ha fatto nell’Ultima Cena: Questo è…. non so se l’avete già in mente questa impostazione¸ “Padre santo¸ fonte di ogni santità” qui il testo aggiunge subito “Santifica questi doni”. Ma per capire le cose bisogna aspettare a toccare questo tema del “Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino….” Prima bisogna rendersi conto che l’attitudine del prete che celebra è quella di rivolgersi a Dio Padre¸ ringraziarlo perché ci ha fatto conoscere e ci ha donato Gesù Cristo e raccontargli (lo dico in modo infantile): “Caro Dio Padre¸ Gesù Cristo la sera della sua Passione diede ai sui discepoli questo ordine¸ prese il pane¸ lo benedisse e disse <Questo è il mio corpo>; poi prese il calice e disse <Questo è il mio sangue versato per voi per la remissione dei peccati> e noi adesso¸ caro Dio Padre¸ ti ricordiamo che Gesù ci ha detto cosí¸ ci ha dato questo ordine e stiamo facendo quello che lui ci ha detto.” Il discorso è elementare¸ questa elementare impostazione della preghiera: raccontiamo a Dio quello che abbiamo appreso dal vangelo ripetendogli le parole di Gesù Cristo perché lui riconosca che stiamo facendo non una cosa inventata da noi ma quello che lui stesso¸ tramite il suo Figlio ci ha comandato di fare. E’ per questo che ripetiamo le cosiddette parole della consacrazione. Se tutto andasse liscio¸ secondo una logica compositiva del testo¸ le parole della consacrazione non dovrebbero essere interrotte… Vale a dire il racconto dell’Ultima Cena che io racconto a Dio Padre non dovrebbe essere interrotto da nessun gesto. Per fortuna qui non si usa il campanello¸ che è una grazia di Dio. Non dovrebbe essere interrotto né da inchini¸ né da genuflessioni¸ tanto meno da acclamazioni come il “Mistero della fede”¸ dovrebbe essere un semplice racconto lineare che dice: “Caro Padre ti ricordi che Gesù ha fatto cosí quella sera¸ adesso noi facciamo lo stesso. Per piacere¸ ascoltaci perché stiamo ubbidendo ad un tuo comando.” E tutto dovrebbe venire dopo come di fatto avviene in certe preghiere usate ancora nella Chiesa ortodossa dove prima si racconta e poi si dice: “Siccome noi stiamo facendo quello che Gesù di ha comandato¸ manda il tuo Spirito perché trasformi il pane ed vino nel corpo e nel sangue come Gesù aveva detto.” Gli ortodossi hanno sempre affermato che l’eventuale trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo¸ più che nel momento in cui si dicono le parole “Questo è il mio corpo¸ questo è il mio sangue” avviene dopo¸ avviene nel corso della preghiera successiva¸ dopo che abbiamo invocato lo Spirito Santo perché la logica è: “O Dio Padre¸ Gesù la sera prima di morire ci ha ordinato di fare questo dicendo … Lo stiamo facendo¸ ascoltaci¸ manda lo Spirito¸ realizza quello che Gesù ci ha promesso. Questo ordine logico¸ soprattutto nella liturgia latina – romana è sconvolto¸ è stravolto perché storicamente si sono fatte tante modifiche¸ piene di buona volontà e di devozione¸ che hanno tolto chiarezza al discorso. Per esempio¸ si dice prima del racconto: “Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il corpo ed il sangue di Gesù Cristo che la sera della sua passione¸ come ti ricordi¸ ci disse …” La logica vorrebbe che prima si ricorda e poi si dice: “Manda il tuo Spirito”. Forse per riverenza verso lo Spirito la liturgia latina anticipa l’invocazione e poi fa il ricordo: “Manda lo Spirito perché si realizzi quello che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena del quale ti ricordo cosa ha fatto.” Ed allora quello che si vuole che avvenga è semplicemente che mentre noi devotamente e per ubbidienza facciamo quello che Gesù ci ha detto chiediamo a Dio Padre di ascoltare¸ dal momento che siamo stati ubbidienti nell’eseguire le cose¸ che mandi lo Spirito e faccia quello che Gesù ha annunciato nelle sue parole. L’adorazione e l’elevazione disturbano tutto questo. Nel messale di Pio V non c’era “Mistero della fede” e l’acclamazione. Paolo VI¸ su suggerimento dei Padri del Concilio¸ ha tirato fuori dal testo delle parole sul calice la parentesi “Misterium fidei”¸ l’ha fatta pronunciare ad alta voce dal prete e voi acclamate interrompendo del tutto la logica del discorso anche perché¸ non so se vi siete accorti¸ ma tutta la preghiera è rivolta al Padre ma ad un certo punto¸ nell’acclamazione¸ voi vi rivolgete al Figlio che sarebbe presente nel pane e nel vino e dite: “Ricordiamo la tua morte e la tua risurrezione” interrompendo il dialogo col Padre che era in corso¸ il che se non altro è maleducazione. La maggior parte dei liturgisti ritiene che questa aggiunta introdotta da Paolo VI è stata inopportuna perché concentra l’attenzione sull’eventuale mistero o miracolo della transustanziazione il quale avviene sí¸ ma non è adesso il momento di sottolinearla¸ è eventualmente alla fine. Prima si continua il discorso con il Padre e poi si poteva dire: “Ti ringrazio¸ Signore¸ perché ci hai ascoltato. Gesù Cristo è presente¸ è il mistero della nostra fede” e¸ per esempio¸ prima del Padre Nostro o prima della Comunione¸ si poteva dire: “Ricordiamo la tua Passione¸ proclamiamo la tua Risurrezione¸ attendiamo la tua venuta.” Il discorso rivolto a Gesù Cristo andava messo prima della Comunione¸ là si doveva parlare a Gesù presente nel pane e nel vino¸ senza interrompere. Ma¸ come vi dicevo¸ sono buone intenzioni. E’ dall’inizio che dentro nella preghiera si sono fatte modifiche¸ inserimenti. E’ una spiegazione elementare quella che vi ho dato¸ che non chiarisce più di tanto. La cosa più importante che pensavo di poter fare¸ ma era sciocco pensare di starci dentro nei pochi minuti destinati all’omelia¸ verrà l’occasione di parlarne un’altra volta¸ l’accenno soltanto¸ la cosa più sorprendente¸ strana e difficile da capire è che dopo la cosiddetta consacrazione¸ che lo è ma dico cosiddetta perché avevo spiegato che bisogna considerare l’ordine logico del pensiero¸ quando noi siamo convinti che il Padre ci ha ascoltato e che il pane è diventato Gesù Cristo ed il vino è diventato in qualche modo Gesù Cristo la preghiera dice una cosa che¸ non so se ve ne siete accorti¸ avreste dovuto dire: “Ma cosa c’entra?”¸ cioè dice: “Adesso caro Dio Padre¸ questo Gesù Cristo¸ che hai reso presente nel pane e nel vino¸ te lo diamo indietro¸ te lo offriamo. Accettalo.” e glielo rispediamo di sopra. “Guarda con bontà l’offerta della tua Chiesa¸ riconosci in essa… Noi ti offriamo il pane della vita ed il calice della salvezza.” Dio ce l’ha dato e se noi diciamo “Ricordando la Passione e la Risurrezione¸ ti offriamo…”. Perché questo? E’ quello che si chiama il sacrificio e qui avrei avuto tante cose da dirvi¸ che non vi dico perché non c’è tempo. Le lascio in sospeso¸ intanto pensateci voi. Perché¸ ad un certo punto¸ restituiamo Gesù Cristo che ci è stato donato a Dio Padre? Prima abbiamo detto: “Manda il tuo Spirito perché diventino il corpo ed il sangue”¸ quando ce l’abbiamo diciamo: “Adesso prenditeli¸ te li offriamo.” E’ strano tutto questo eppure è questa l’essenza della messa¸ il sacrificio della messa cioè l’offerta a Dio. perché offrire a Dio qualcosa? Perché offrire a Dio il Gesù Cristo che lui ci ha donato? Vi siete mai accorti che l’essenza della messa è questa¸ che nessuno vi ha mai spiegato? Se non muoio¸ può darsi che ve lo spieghi io¸ ma molti potrebbero spiegarvelo solo che forse non hanno voglia di farlo.