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Omelia II Domenica di Quaresima, anno C del 7 marzo 2004

7 Marzo 2004 - II QUARESIMA C - Gn 15ž5-12.17-18; Fil 3ž17-4ž1; Lc 9ž28b-36 La Trasfigurazione è una specie di anticipazione della risurrezionež come una pre visione in anticipo della gloria di Cristož quindi di per sé non aggiunge niente di molto importante alla riflessione che può scaturire dal mistero della risurrezione; sarebbe soltanto una piccola anticipazione nel corso della vita terrena per assicurare i credenti che possono seriamente sperare nella trasfigurazione finale del corpož perché già su questa terraž come del resto per le apparizioni del risortož se ne è presentata una immaginež una figura. Niente di più. LŽoriente cristiano peròž da semprež è una cosa strana questaž ha valorizzato di più questo episodio della trasfigurazione: Forse dire che lŽha valorizzato di più è unŽesagerazionež però certamente ha almeno valorizzato questo episodio della trasfigurazione tanto quantož se non addirittura di piùž delle apparizioni del risorto. Infatti voi tutti avete sentito dire che lŽicona della trasfigurazionež per la tradizione orientalež è la più importante delle icone che si possono dipingerež ed è il culmine della abilità di questi pittori credenti che cercano di trasferire la sostanza della fede nella immagine. Ci sono anche le immagini delle apparizioni del risortož ma la trasfigurazione è considerata una specie di sintesi che tutto riassume. Ed è una scelta interessantež culturale questa; non è necessario condividerlaž non è un dogma di fede. Però è interessantež soprattutto nellŽambito della quaresimaž capire questŽantica mentalità dellŽorientež del mondo greco cristianož che poi ha avuto i suoi influssi nei primi secoli anche in occidente. La trasfigurazione a loro sembrava importante perché avevaž per usare le nostre parole difficiliž un immediato riflesso sullŽantropologiaž cioè sulla concezione di cosa è lŽuomo. Loro vedevano in questa immagine di Cristo che appare luminoso e che riceve lŽautenticazione da parte della parola di Dio che viene dalla nubež vedevano un poŽ lŽindirizzo da dare allŽesistenza umana; in questo senso dicevo che da questo passo trevano delle conseguenze antropologiche. Si tratta dello stesso ragionamento che si fa quando si parla del Natalež cioè il famoso mistero dello scambiož vale a dire: Gesù si è fatto uomož si è fatto carnež è venuto nella nostra umanità lui che era il Figlio eterno di Diož ha assunto su di sé tutte le miserie dellŽumanitàž compresa la mortež infatti la trasfigurazione avviene subito dopo il primo annuncio della passionež quindi è lŽassunzione da parte del figlio di Dio di tutta la miseria umanaž compresa la mortež per trasformarla dallŽinterno e trasfigurarla; questa era la loro interpretazione dellŽavvenimento. In maniera che la vita divina entrasse allŽinterno della materialità umana e la divinizzasse. Questa è la spiritualità di vita dellŽoriente che in quei pochi credenti che saranno rimasti dicono gli studiosi rimane anche oggiž nella spiritualità dellŽortodossiaž forse più nellŽortodossia russa che non in quella grecaž grecaž rumenaž bulgara. Noi abbiamo qui tanta gente di quei paesi ma probabilmente nessuno di loro saprebbe spiegarci queste cosež che sono rimaste confinate nei libri e che non so se valgano ancora nella loro vita; del resto se loro interrogassero voi non so se sapreste rispondere sui fondamenti della spiritualità cattolica occidentale. Ma sui libri cŽè scrittož soprattutto sui libri antichiž che cosí il mondo orientale aveva interpretato questo significato profondo di questo avvenimento della trasfigurazione: sarebbe una specie di apparizionež di immaginež della trasformazione che la presenza del figlio di Dio nella storiaž nel mondož una trasformazione di questa presenza del figlio di Dio sta già arrivandož per cui la materia umanaž la miseriaž la carnalitàž la povertàž la morte lentamente si trasformano in eternità. EŽ una visionež dal punto di vista scientifico molto discutibilež ma non è scienzaž è teologiaž è fedež è speranza. Cioè è la solita frase dello scambio che si dice sempre per Natale: si è fatto come noi per farci come lui. EŽ entrato nella miseria della nostra carne perché mediante il contattož sembra che molti pensatori orientali addirittura immaginassero che era il contatto fisico della divinità del figlio che entrando in contatto con la materia gradualmente la trasformavaž la divinizzavaž la spiritualizzavaž come se ci fosse una vicenda di crescitaž di sviluppož di trasformazione di tutto ciò che è materialež e soprattutto della materialità quando è assunta dallŽuomož che Dio opera ež ripetož attua questa trasformazione progressiva per cui la creaturaž la carnež la materia raggiunge lŽinfinitàž lŽeternitàž lŽimmortalitàž lŽincorruttibilità; tutto quello che specialmente lŽuomo antico sognava; aveva il grande desiderio di superare la corruttibilità della materia per giungere alla incorruttibilità di Dio. E tutto questo è frutto di questa presenza fisica del figlio di Dio nella nostra carne umana. Ecco perché vedere la luce che traspare dal corpo terreno di Gesùž ancora destinato alla mortež il corpo che morirà sulla crocež vederlo già luminoso ed eternizzato dava loro il segnalež la certezza che la venuta di Cristo nella storia è lŽinizio di questa trasformazione. Che è poi anche quello che la frase di S. Paolož come avete sentito nella seconda letturaž potrebbe confermare; è anche quello un modo di dire più o meno le stesse cose; cioè noi aspettiamo come salvatore il Signore Nostro Gesù Cristož ed è curioso che Paolo dice che lo aspettiamo ancora come salvatore ( ma non ci ha già salvato quando è venuto sulla terra?) perché deve compiere la vera salvezza; e qual è la vera salvezza? - Trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso-. Ecco il punto: la trasformazione della materia che ci costituiscež della mortalità che ci costituisce in qualcosa che è più simile a Dio cioè allŽeternož allŽinfinitož allŽimmutabilež allŽincorruttibilež a tutti gli aggettivi che voletež a tutte quelle affermazioni che negano la miseria dellŽumanitàž perché viene superato questo limite della materia. Ed è curioso che Paolo continui dicendo che tutto questo avviene - in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose-. EŽ una frase interessante questaž che poi viene sviluppata nelle lettere agli Efesini e ai Colossesi. Avendo Cristo il potere divino di sottomettere a sé tutte le cosež cioè avendo potere sulla materiaž avendo potere su tutta la creazionež su ogni cosa che esistež in virtù di questo potere lui trasformerà il nostro corpo mortale in un corpo glorioso. La trasfigurazione quindi diventa la sigla riassuntiva della direzione verso cui Dio fa camminare tutto il mondož diventa lŽindicazione di quello che noi possiamo diventare grazie al fatto che Cristo è venuto a morire qui per farci vivere senza fine. EŽ una specie di punto nel quale si vede che il nostro destino è non essere più soltanto uominiž ma essere più simili a Dio che non a uomo. EŽ la speranza nella risurrezionež nella vita eternaž direi concepita proprio come un andare oltre il limite attuale. Non è immaginare che noi come persone torneremo in vita più o meno come siamo. Nož è una specie di trasformazionež trasfigurazionež trasferimento in un altro stadio dellŽessere: quello proprio di Dio. Come nel venire giù il figlio eterno di Dio ha subito un abbassamento totalež è diventato carne mortalež quello che non era primaž cosí noi diventeremo quello che non siamo adesso. Eccož questo è il senso con cui il mondo antico percepiva il messaggio della trasfigurazione. La vedevano proprio come una specie di assicurazione di questo cambiamento. Da questo cŽè un altro piccolo passo da farež che ci fa capire il senso che tutto questo aveva nella quaresima. Se il Cristo ci rivela questa specie di mistero dello scambio noi diventeremo quello che lui era prima di farsi uomo; allora la quaresima è quella specie di aiuto che lŽuomo presta a questŽopera divinaž e è il periodo nel quale lŽuomo cerca di distaccarsi il più possibile dal livello terrenož mondanož creaturalež dominato dalla mortež superare questo livello del materialež del quotidianož del lavorativo per cominciare a trasfigurarsiž a trasformare se stesso. Ecco allora per esempio il digiuno; perché digiunare? Perché verrà un giorno in cui non avremo più bisogno di mangiare; perché Dio non mangia; perché non è la materia che ci tiene in vita. Adesso è necessariož ma possiamo già provare a usarne di meno perchéž perché verremo trasfigurati. la nostra patria non è qui ma è lassù. Sono frasi bibliche queste. Ecco allora perché in quaresima si digiunava. Se volete anche per far penitenzaž per i peccatiž ma probabilmente non è questa la ragione principale; è questa specie di anticipare nel presente quella divinizzazione che ci attende. Cosí tutti gli altri aspetti della mortificazione: il non curarsi del vestitož sopportare le fatichež il non essere condizionati eccessivamente dai bisogni materialiž puntare allŽessenziale; ma non per una specie di asceticož cosíž una specie di gara con se stessiž per dimostrare a me che ci riescož nož per lasciare spazio a Diož per educarmi a questa progressiva trasformazione. Allora ecco perché la quaresima era il tempo della lettura della parola di Diož della preghieraž del cantož degli interessi non mondani. Quindi vista la quaresima più che come tempo di penitenza come tempo di educazione allŽeternitàž come tempo nel quale si meditanož si attendonož si cominciano ad apprezzare e ad amare i valori superioriž perché il provvisorio di adesso bisogna cercare di superarlo. Questo era lo spirito con cui era vissuta la quaresima. Che poiž e questo anche nel nostro schemaž nel nostro anno liturgico occidentalež aveva il suo compimento nel periodo dopo Pasqua. Perché la formazione era fatta in una specie di dittico: la quaresima e il periodo dopo Pasqua. E la quaresima era soprattutto il momento negativož del distacco dai beni terreniž convincerti che non sono questi che costituiscono la tua vera personalità; il dopo Pasqua era invece un aspetto più positivo e più gioioso: cominciare a sperimentare la vita dello Spirito in Dio. Quindi una specie di distacco: la quaresimaž e di di riaggancio alla vita divina nei cinquanta giorni dopo Pasqua. Che poi si concludevano con lŽAscensione e Pentecoste; a Pentecoste ricevi lo Spirito di Dio e tu cominci a capire che già su questa terra tu vivi grazie a Diož in Diož non più legato ai bisogni materiali. Quindi quello che hai imparato in quaresimaž che il cibo non è lŽessenziale nella vita umanaž è necessario per adesso ma non è la sostanza nella vitaž non lo è il cibož non lo è il vestitož non lo è il lavorož non lo sono i soldiž non lo è lŽamore e la famiglia ( perché cŽè anche il celibato in una visione quaresimal-pasquale della vita cristiana)ž niente è più umanož se non Dio. EŽ questa lŽaudacia intellettuale di questi secoli. Non è che tutto questo sia detto in questo brano di Vangelož in questo piccolo brano del Vangelož ma questa immagine di Gesù che è ancora uomo ma non lo è piùž è e non è nello stesso tempož diventava la sigla da raffigurare come in una immaginettaž in un iconaž per ricordare a noi quello che anche noi siamo chiamati ad essere. Come dice Giovanni: noi non siamo di questo mondo; come Gesù non è di questo mondo. Chi segue Gesù è nel mondo ma non è del mondo. Deve uscire; e lŽuscitaž il distaccož soprattutto in quaresimaž e il tentativo di vivere già almeno nella fantasia nella patria divina nel periodo pasquale. CŽè ancora qualcosa di sensato per noi in questa visione delle cose? A questo ci pensate voi.