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Omelia V PASQUA A del 20 Aprile 2008

Per commentare in maniera adeguata questo brano di vangelo ci vorrebbe la lezione di almeno un’oretta e noi ci accontenteremo di quello che riusciamo a dire in un quarto d’ora. Innanzitutto non bisogna dimenticare dove l’evangelista ha collocato questo discorso. Il discorso è collocato al capitolo 14 ed il capitolo 13 è¸ nel vangelo di Giovanni¸ quello dell’Ultima Cena¸ dopo c’è questo discorso e poi incomincia il racconto della Passione. Questo discorso viene messo dall’evangelista in bocca a Gesù che è uscito dalla sala del Cenacolo¸ dopo aver lavato i piedi ai discepoli¸ e sta avviandosi verso il giardino nel quale sarà arrestato. Quindi è un discorso che va collocato la sera della pasqua¸ dopo la cena¸ nelle due – tre ore che passano tra l’uscita dal cenacolo e l’arresto di Gesù. Meno di venti ore dopo Gesù muore sulla croce. Allora bisogna rispettare questa collocazione del discorso fatta dall’evangelista¸ non si possono leggere questi versetti come se fossero un trattato dogmatico di cristologia il quale dice quello che Gesù è in sé¸ nella sua natura. E soprattutto bisogna stare attenti a non farne un discorso di tipo trionfalistico: “Io sono la via. La veritภla vita!”. Non c’è nessun applauso¸ non sono acclamazioni queste. Sono parole inserite in un discorso d’addio che incomincia¸ giustamente¸ con la frase importante “Non sia turbato il vostro cuore.”¸ perché i discepoli hanno capito che siamo alla fine e fra poche ore vedranno Gesù sulla croce¸ e allora rischiano di pensare che tutto è finito¸ che non c’è nessuna ragione per sperare ancora. Come i discepoli di Emmaus i quali tornano rattristati: “Pensavamo che facesse qualcosa di buono ma è morto e non è successo niente”. Ma loro si aspettavano un altro tipo di trionfo¸ di risurrezione non delle apparizioni lampo (viene¸ scompare). Giovanni¸ l’evangelista che scrive queste cose una sessantina - settantina di anni dopo i fatti¸ sa che durante tutti questi sessanta¸ settanta anni sono nati una quantità di dubbi e rimane ancora aperto il problema. Ma questo mistero¸ per cui il Figlio di Dio sarebbe apparso come crocifisso¸ è veramente questo che porta alla salvezza definitiva? Che cosa si ricava da questo fatto? E il turbamento che i discepoli potevano avere uscendo dal Cenacolo¸ prima dell’arresto¸ in vista di quello che sarebbe capitato nella tragedia del processo e della crocifissione¸ in altra forma è un turbamento che c’è ancora nel cuore di molti credenti che non sono più sicuri che sia veramente utile per la vita credere in Gesù. Che cosa produce la fede in Gesù nella vita? Molti credenti anche oggi potrebbero dire: “Ma sí¸ si può anche credere in Gesù¸ ma ha portato veramente qualche cosa di positivo alla nostra societภalla vita¸ al mondo? Riesce veramente a diventare un vincitore del male¸ del peccato¸ del tradimento¸ della morte oppure tutto rimane ancora ambiguo?”. Il discorso di Gesù ai discepoli¸ che è scritto ed inventato dall’evangelista¸ perché nei sinottici non c’è niente di queste cose¸ è l’evangelista il quale¸ come facevano gli scrittori greci¸ mette in bocca ai suoi personaggi i discorsi che in tutti gli storici dell’antichità greca e latina sono sempre opera dello storico¸ magari con qualche vago ricordo di un discorso effettivamente pronunciato dal personaggio¸ ma sono una caratteristica della ricostruzione storica come si faceva allora. E allora Gesù incomincia a dire che in realtà lui¸ andando sulla croce¸ va a preparare per i suoi discepoli un posto nella casa del Padre perché nella casa del Padre ci sono molte dimore. La parola che viene usata¸ non voglio fare il filologo da strapazzo¸ ma la parola che viene usata è quella che in latino era la “statio” cioè la fermata dove si cambiavano i cavalli¸ la stazione¸ non è la dimora fissa è il luogo di riposo di passaggio. Cosa vorrà dire con questa parola l’evangelista¸ questa dimora nella casa del Padre? Che cos’è la casa del Padre? Spontaneamente uno dice: “La casa del Padre è il paradiso”. Ma tutto il N.T.¸ quando parla di case e di edificio non pensa al paradiso¸ pensa alla Chiesa¸ come la seconda lettura dalla Prima Lettera di Pietro. E’ uno stile linguisticamente del tutto diverso ma nei concetti è molto vicina al testo del vangelo. “Stringendovi a Cristo¸ pietra viva rigettata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio”. Cristo¸ pietra viva scartata dagli uomini (crocifisso)¸ scelta e preziosa davanti a Dio. Nel vangelo è detto con parole diverse¸ se volete in Giovanni è detto con parole più interiori¸ più forti ma è la stessa idea che c’è nel testo di Pietro. “Pietra scelta e preziosa davanti a Dio”¸ come la pietra nel pettorale del sommo sacerdote¸ come i diamanti nella corona dei re. E’ un’altra immagine ma indica ugualmente la comunione di vita¸ l’intimità reciproca¸ se volete l’identificazione fra Gesù e Dio. Pietro continua dicendo che: “Attaccandovi a Cristo¸ pietra viva – Giovanni dirà <Ritornerò e prenderò con me... > ed è la stessa cosa - Voi stessi siete pietra viva per la costruzione di un edificio spirituale”. E la casa del padre non è uguale all’edificio spirituale? La casa del Padre è dunque il paradiso¸ come verrebbe in mente a chi legge di primo acchito? Oppure è¸ come disse Gesù nel capitolo 3 all’inizio del vangelo: “Distruggete questo tempio e io ne rifarò un altro in tre giorni”. Commento dell’evangelista: “Parlava del tempio del suo corpo”. Casa del Padre¸ edificio spirituale¸ corpo di Cristo rispettivamente in Giovanni¸ in Pietro ed in Paolo sono la stessa cosa¸ che noi possiamo chiamare Chiesa ma¸ attenti bene¸ non la basilica di san Pietro¸ Chiesa nel senso di insieme degli uomini uniti a Gesù Cristo che¸ tramite lui si sentono uniti a Dio. Questa è la Chiesa la quale poi si manifesta anche in strutture esterne¸ anche in un edificio. Ma l’edificio vero è la nostra comunione che è comunione tra noi basata sul fatto che tutti crediamo che tramite Cristo andiamo oltre il nostro povero livello umano e ci avviciniamo a Dio. Allora i posti che Gesù prepara¸ quelle specie di “stazioni” sono gli incarichi¸ sono i ministeri¸ le funzioni¸ le capacitภle cose che si possono esercitare nella Chiesa. “Io vi preparo delle cose da fare¸ io vi preparo una vocazione¸ io vado a prepararvi qualcosa che darà senso alla vostra vita e che voi farete perché vi sentite uniti a Dio e perché in Cristo avete capito che ci sono cose belle e buone che si possono fare nella vita.”. Ecco la position¸ che in inglese significa sportello; qui c’è quello del vaglia¸ là c’è quello dei conti correnti¸ qui c’è il diacono¸ lí c’è la suora¸ qui c’è quello che cura i lebbrosi¸ lí c’è quello che fa le opere di carità. Sono molti posti nel corpo vivo del “Padre mio”¸ nel grande edificio fatto di uomini pieni di speranza e di impegno che si chiama l’”Assemblea santa del Signore”. Questo è il posto che prepara. E i discepoli dovranno anche capire una cosa che è detta in fondo al vangelo: l’opera più grande¸ quella a cui pochi soltanto saranno chiamati¸ sarà subire un martirio ancora più forte di quello di Gesù. “Chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi perché io vado al Padre”. E quando Gesù è andato al Padre il sacrificarsi perdendo anche la vita diventa l’opera più vitale che un credente possa fare. Secondo me questa frase è fuori di dubbio che alluda al martirio¸ se volete anche semplicemente a quel martirio continuo che può chiudersi con la morte nel proprio letto ma che è come la vita di madre Teresa di Calcutta che è tutta una vita dedicata al servizio degli altri. Le opere più grandi sono queste¸ come se Gesù dicesse: “Non turbatevi quando mi vedrete sulla croce¸ io vado a prepararvi dei modi di concepire la vita - questi sono i posti - che voi non conoscevate perché sono quelli dove Dio è più presente che altrove”. Questa è la via vera¸ questa è la vita piena. Via¸ veritภvita… non è retorica¸ è semplicemente dire: “Io vi faccio comprendere dove si trova Dio. Voi penserete che sulla croce non ci sia ed invece è proprio lí dove è presente. Perché io che vado sulla croce sono la strada giusta¸ sono la verità più profonda”¸ che non è un concetto. San Pietro di nuovo lo dice in maniera diversa ma con una metafora un po’ più debole¸ ma siamo sempre lí. “La nazione santa¸ il sacerdozio regale¸ il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui – ecco le opere – che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce”¸ luce invece di vita. Il N.T. accavalla tutte queste metafore: spirito¸ luce¸ via¸ veritภvia. Gli studiosi hanno scoperto che¸ per esempio¸ anche nel movimento ebraico¸ di cui abbiamo trovato testimonianze a Qumran¸ si usavano queste parole¸ soprattutto luce e via¸ come metafore per indicare “Speriamo che Dio ci dia veramente una sua presenza che ci illumini¸ ci faccia capire le cose più giuste ed inventi qualcosa perché nella vita riusciamo a fare qualcosa che vale veramente: le opere” Ecco questo è il contesto nel quale¸ secondo me¸ va letto questo vangelo e la famosa frase “Chi vede me vede il Padre” è semplicemente questo perché¸ non voglio perdere troppo tempo ma voi sapete bene che negli anni che vanno dal 40 al 100 – 120 molti cristiani¸ non contenti di questo livello modesto con cui il cristianesimo presentava l’unione con Dio.. Cosa vuol dire essere uniti a Dio? Capire qualcosa di più e fare del bene con libertภsenza più le formalità della legge. Qualcuno sperava che invece ci fossero esperienze mistiche¸ esoteriche¸ fantasiose¸ è la famosa gnosi¸ la penetrazione¸ i misteri segreti. Il gruppo del quarto vangelo la conosce bene questa prospettiva gnostica e la combatte. Per questo dice: “Dio dove andate a cercarlo voi¸ nel deserto?”. Oggi si direbbe nello yoga¸ nelle tecniche di respirazione¸ sulle alte montagne¸ negli esercizi. Ma no! Filippo: “Ma è quello che faccio io. Dio è qui in questa povera vita sensata¸ benefica¸ umile¸ fiduciosa”. “Chi ha visto me ha visto il Padre”¸ non chi va a fare le mistiche ascesi¸ chi si esalta. Direi che è antipentecostale¸ non è caricandosi. La gnosi è un modo di autocaricarsi. E’ antignostico Giovanni. E per questo a Filippo¸ in maniera sfacciata dice: “Ma cosa mostraci il Padre!”. Il Padre è nella concretezza dello sportello dal quale tu fai il bene¸ va a lavorare al tuo sportello!. E questo è quello che il vangelo dice anche a noi.