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Omelia II DOM. T.O. A del 20 Gennaio 2008

Soltanto domenica prossima incomincerà la lettura del vangelo di Matteo che è il vangelo che in questo anno si legge nella domeniche ordinarie. La seconda domenica di gennaio è sempre dedicata a concludere il tema della manifestazione che incomincia nell’Epifania¸ viene ripreso nella festa del Battesimo del Signore e poi viene concluso nella domenica odierna. Ogni anno il vangelo è differente ma presenta sempre uno dei modi con cui Gesù ha manifestato la sua identità. E questa volta leggiamo la conclusione della testimonianza che secondo il quarto vangelo il Battista avrebbe reso a Gesù. Siccome troveremo ancora il vangelo di Giovanni nelle domeniche di quaresima quest’anno perché nel ciclo liturgico Giovanni quest’anno si legge nella terza¸ quarta e quinta domenica di Quaresima con quei lunghi brani (la Samaritana¸ il Cieco nato e la risurrezione di Lazzaro) mi sembra che sia utile¸ anche per imparare un po’ un metodo¸ fare qualche osservazione sulla maniera con cui Giovanni compone le sue narrazioni che non sono mai soltanto dei resoconti di quello che sarebbe accaduto¸ sono più che dei semplici resoconti perché vengono generalmente caricati di allusioni all’A.T.¸ di significati simbolici adottando delle immagini e dei termini che hanno un valore di tipo catechistico – teologico. Se quando si legge il quarto vangelo non si tiene conto di questo lo si fa scadere ad un semplice livello narrativo che spesso risulta pieno di incoerenze. Se¸ viceversa¸ ci si rende conto che lo scopo di Giovanni non è quello di dare informazioni sull’accaduto ma è quello di ripresentare l’eventuale fatto che è accaduto in una cornice interpretativa di tipo catechistico – teologico¸ che è quindi un rifacimento che vuole esaltare i significati nascosti che ci sono dentro nel testo¸ allora il quarto vangelo viene rispettato e viene utilizzato nella maniera migliore. Devo dire che nel nostro brani sono appena accennati questi piccoli elementi caratteristici dello stile giovanneo¸ ci sono brano in cui la loro presenza è molto più evidente¸ però anche qui potremmo osservare alcuni particolari che possono sfuggire se uno non si è impratichito in questo modo di ascoltare la lettura di Giovanni. Il brano che abbiamo letto è la conclusione degli altri brani che avevamo letto in avvento dove Giovanni è interrogato da quelli che sono venuti da Gerusalemme¸ i quali gli fanno delle domande e lui puntualmente risponde alle obiezioni dei farisei e degli scribi venuti da Gerusalemme. Quindi i passi che precedono contengono delle dichiarazioni di Giovanni che sono limitate dalla domanda che gli viene fatta e che sono risposte ad interlocutori che sono stati presentati dall’evangelista. Hanno evidentemente un senso circoscritto quello che il Battista rispose ad alcune proposte che gli vengono fatte. Adesso si dice: “In quel tempo Giovanni vedendo Gesù disse….” e non si dice a chi disse. Per caritภqueste sono cose elementari che qualunque maestra delle elementari adopera quando spiega un racconto ai suoi alunni. Non c’è nessuno a cui il testo dice che Giovanni si sia rivolto ed allora¸ chi è pratico di lettura capisce che queste cose sono rivolte al lettore del vangelo. Non disse ai farisei che l’avevano interrogato¸ non disse agli scribi ma disse. Il non nominare nessuno include immediatamente il lettore: “Lo sta dicendo a me”. Quindi questa è la proclamazione che l’evangelista mette in bocca al Battista come se il Battista la dicesse al lettore del vangelo. Allora è chiaro che l’evangelista può mettere in bocca al Battista¸ in questo caso¸ parole che verbalmente non risalgono a lui e che non rispecchiano neppure la sua limitata cultura legata al tempo in cui visse perché il Battista¸ all’interno del racconto¸ diventa la voce che proclama quello che l’evangelista intende dirci di Gesù e si serve del Battista per dirlo al suo lettore. Questo non è un falso¸ questo è semplicemente il gestire la narrazione cercando di trarne tutte le possibilità significative che essa può avere. E il Battista¸ infatti¸ parlando a noi dice: “Ecco l’Agnello di Dio¸ ecco colui che toglie il peccato del mondo¸ ecco colui del quale io dissi…” tre cose¸ tre momenti che¸ ripeto¸ sono la definizione di Gesù che l’evangelista fa dire al Battista senza implicare. Il lettore non è invitato dal testo a concludere che queste cose le ha veramente dette il Battista perché la mancanza di circostanze¸ di interlocutori¸ di precisazioni al lettore pratico di questo modo di comporre i testi¸ risulta chiaro che qui è l’evangelista che parla per bocca di Giovanni¸ cosí quando¸ più avanti¸ Giovanni dice “Io non lo conoscevo ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse manifestato a Israele” poi ripete ancora “Non lo conoscevo”. Questo supporrebbe¸ ed anche qui la notizia non è da prendere in senso materialmente storico¸ supporrebbe che Gesù non è stato battezzato dal Battista. Il quarto vangelo non racconta mai il battesimo di Gesù da parte del Battista¸ non dice neppure che il battesimo non ci fu¸ semplicemente lo ignora e lo scavalca¸ anzi¸ andando avanti nel testo dirà che anche Gesù battezzava. Esclude l’idea del Gesù che si è fatto battezzare. Difficile sapere il perché¸ evidentemente non quadra con il discorso che lui sta facendo su Gesù e con l’immagine di Gesù che vuole dare ai lettori altrimenti non avrebbe senso la frase del Battista il quale dice: “Non lo conoscevo”. Dopo questa frase¸ se venisse raccontato il battesimo nelle righe successive uno direbbe: “E’ la prima volta”¸ no perché Giovanni vuole dire al suo lettore che neanche il Battista¸ pensano i commentatori¸ che l’evangelista voglia dire al suo lettore “Gesù è una novità che viene da Dio che neppure il più grande dei profeti dell’antico Israele sarebbe stato in grado di riconoscere con la sua cultura religiosa¸ con la sua formazione. E’ un dono di Dio superiore ad ogni aspettativa¸ non fa più parte della serie di coloro che assomigliano a quelli venuti prima già inseriti in una tradizione religiosa secolare. E’ una cosa assolutamente nuova. Il Battista non poteva conoscerlo e a questo proposito è anche illuminante il modo con cui nel brano viene detto: “In quel tempo Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui”; gli altri evangelisti dicono in maniera più cronachistica “Gesù venne dalla Galilea e andò da Giovanni il quale battezzava in Giudea” al sud. Perché il quarto vangelo non dice da dove venne? Voi mi direte alla fine che oggi il predicatore si arrampica sugli specchi¸ può anche darsi ma la vera esegesi di Giovanni da sempre si fa in questo modo perché l’evangelista desidera forse che voi vi ricordiate che nel prologo del vangelo¸ che è una pagina prima¸ c’è quella famosa frase “Veniva nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo”. E neanche là non si dice esplicitamente da dove viene perché non si nomina inutilmente il nome di Dio¸ viene da Dio. Allora la frase “Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse…..” Certo a prima vista la si immagina come Giovanni da lontano vede uno che viene e l’evangelista sa che è Gesù. Il Battista non lo sa perché poi dice: “Non lo conoscevo” ma il lettore capisce che cosa vuol dire nel più profondo il narratore. Il Battista vedendo Gesù che viene¸ nessuno sa da dove¸ verso di lui disse: “Ecco…” Tant’è vero che poi si giustifica dicendo “Io non lo conoscevo” ma¸ e la nuova traduzione qui è più giusta di quella vecchia¸ sul foglietto voi avete scritto “Ho contemplato lo Spirito scendere come colomba” perché il verbo usato dall’evangelista dà l’impressione che non si tratti di una visione fisica ma di una visione interiore: “Ho contemplato lo Spirito scendere su di lui come colomba” ed una voce che¸ di nuovo¸ è una voce divina¸ ma notate come Dio non è mai nominato¸ “Colui che mi aveva mandato a battezzare mi disse…” e questo mistero che circonda la persona di Dio corrisponde di nuovo a quello che c’è scritto nel Prologo: “Dio nessuno l’ha mai visto¸ il Figlio unigenito che è sulle ginocchia del Padre ce lo ha spiegato”. Vedete¸ sono piccole cose ma bisogna che noi ci abituiamo e¸ soprattutto¸ se vogliamo diventare dei credenti che approfondiscono la loro fede¸ che imparano a leggere da soli¸ a pregare per loro conto con il vangelo¸ allora bisogna che ci abituiamo a valorizzare queste reticenze¸ questi silenzi¸ queste stranezze del racconto che secondo la totalità dei commentatori non sono delle gaffes¸ lo sono forse anche da un certo punto di vista¸ non sono soltanto delle imperfezioni stilistiche ma sono spesso dei tentativi di far riflettere sulla profondità nascosta di quello che si sta raccontando. Il vangelo ci dice che colui che viene apparentemente dalla Galilea ma in realtà da un altro luogo¸ ed indovini chi legge quale è questo luogo¸ va dal Battista e il Battista che non lo conosceva lo individua perché Dio gli ha fatto capire in una visione interiore che su di lui riposa e rimane lo Spirito di Dio. E allora capite che questa è davvero un’epifania¸ una manifestazione prodigiosa¸ è uno degli equivalenti della trasfigurazione che Giovanni non racconta nel suo vangelo. Io capisco che questa è più una lezione di metodo che non un’omelia; a me starebbe a cuore che voi che mi sembrate appassionati ai contenuti profondi della fede potreste imparare a fare anche da soli qualcosa di simile a quello che il predicatore cerca di fare nei dieci minuti che gli sono consentiti¸ cioè di scavare con simpatia e con desiderio¸ di trovare dei messaggi profondi ed interessanti¸ anche nelle inezie della Scrittura perché questo è il vero valore della Sacra Scrittura. Detto questo ci sarebbe da dire tutto sul significato della frase che l’evangelista mette in bocca al Battista¸ ma l’abbiamo spiegato in altre occasioni cioè quella strana immagine¸ strana per noi¸ ancora più strana per popolazioni di altri continenti¸ “Agnello di Dio” che è una delle prime definizioni che vengono date di Gesù e risponde alla domanda: ma chi è veramente Gesù? Che cosa rappresenta Gesù per noi? Ora si fa presto a dire... lo so che lo ripetiamo¸ nelle vecchie musiche si cantava “Agnus Dei qui tollis peccata mundi…” . Vorrei che qualcuno si fermasse un attimo e pensasse: ma che sciocchezza è chiamare una persona “agnello di Dio”? Cosa vuol dire? E’ chiaro che anche qui c’è una quantità di allusioni che possono essere molto profonde. Io ho detto sciocchezza per provocazione¸ cosa vuol dire togliere i peccati dal mondo? Il verbo greco¸ come sapete¸ è sollevare¸ prendere su di sé¸ andrebbe tradotto “prende su di sé il peccato del mondo” ma non hanno avuto il coraggio i traduttori di arrivare a tanto¸ prendere su di sé per portarli sulla croce e da lí scaricarli e buttarli via. Quindi in questo senso li toglie¸ ma perché agnello? E non dimenticate che l’agnello ritorna nell’Apocalisse che non è dell’evangelista ma è della medesima cerchia di discepoli e l’agnello come immolato appare davanti al trono di Dio è quello che apre il libro dei sette sigilli¸ è quello che riceve onore¸ potenza e gloria¸ è il secondo Dio che ha sette corna¸ che rappresentano tutte la forza di Dio e un agnello con sette corna è un mostro. Bisogna indagare su queste cose. Io le capisco bene¸ gli scettici e gli atei moderni che di fronte a queste cose dicono: “Che stupidaggini!”¸ li capisco perché se uno non è entrato dentro in questo mondo¸ se uno non guarda con indulgente amore¸ indulgente perché la forma spesso è mal riuscita¸ con indulgente amore¸ con simpatia a questa oscurità di linguaggio che è oscura per la volontà di far capire di più¸ un laico che non fa questo atto di umiltà nei confronti della Bibbia ha ragione di dire: “E’ uno dei libri religiosi più stupidi dell’umanitภpiù pieno di incoerenze!” metto la firma¸ è vero. E’ soltanto l’amore¸ l’interesse¸ la fiducia¸ la stima¸ l’esperienza delle possibilità di scoprire grandi cose nei piccoli insignificanti versetti che ci rende veramente cristiani che vedono nella Bibbia la manifestazione di Dio. Ho potuto soltanto cominciare un discorso ma spero di avervi almeno stimolati a riflettere su queste possibilità che molti cristiani continuano ad ignorare.