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Omelia III Domenica di Quaresima, anno C del 14 marzo 2004

14 Marzo 2004- III QUARESIMA C- Es 3¸1-8a.13-15;1cOR 10¸1-6.10-12; Lc 13¸1-9 Quando avete tempo¸ se avete qualche amico storico o sociologo¸ provate a domandargli come la gente nell´antichità reagiva alle disgrazie¸ alle catastrofi¸ per confermare se la reazione di fronte a disgrazie e catastrofi¸ anche in altri ambienti dell´antichitภfosse per caso simile a quella che il Vangelo riferisce essere stata la reazione di Gesù¸ che voi tutti vi siete accorti è completamente diversa da quella che sarebbe la nostra reazione. Se uno venisse a dirci che Pilato ha mescolato il sangue di alcuni Galilei a quello dei loro sacrifici¸ il che è un modo un po´ strano di dire che li ha ammazzati insieme con gli animali che loro sacrificavano¸ ognuno di noi si metterebbe a imprecare contro Pilato¸ e direbbe tutte le parolacce che alle volte dico anch´io¸ ma che non si possono dire in Chiesa. Perché Pilato li ammazza quei poveri Galilei mentre stavano compiendo un atto di culto e per quante buone ragioni possa avere da amministratore romano si becca tutte le ingiurie¸ e magari dopo questo¸ noi¸ sentendo questo avvenimento faremmo la manifestazione¸ cioè andiamo in piazza. Noi siamo fatti cosí. Oggi quando succede qualcosa¸ Madrid insegna¸ si va fuori¸ si va in strada. E anche qui sarebbe interessante interrogare lo storico per sapere se era cosí anche una volta¸ oppure no¸ per pura curiosità; poi magari interrogare uno psicologo¸ un sociologo che ci spieghi perché di fronte a questi avvenimenti noi usciamo e manifestiamo. Uno potrebbe per esempio ipotizzare che di fronte a cose di questo genere un ´altra reazione possibile sarebbe ritirarsi in casa propria¸ chiudere le finestre¸ non uscire¸ riflettere¸ pensare; è anche questo un modo di reagire e in un certo senso di protestare. Perché l´uno¸ perché l´altro? Che cosa ci spinge a fare questo? Tutte cose che dovete chiedere ad altri¸ perché io nel mio mestiere di prete che conosce un po´ di Bibbia non so rispondere a queste domande; però sono domande che mi pongo. E se qualcuno ha le risposte ce le potrebbe anche far conoscere. Ma questo non c´entra ancora con la predica che voglio fare. Ma facevo queste premesse soltanto per far vedere quanto è per noi sorprendente e strana la reazione che Luca attribuisce a Gesù. Soltanto Luca ha questo episodio¸ gli altri evangelisti non ne parlano. Gesù tira in ballo il peccato¸ e invece di dare la colpa a Pilato che ha ammazzato quella gente dice- Credete che quei Galilei fossero più peccatori-? Che c´entra? Come se Pilato fosse lo strumento di Dio per punire i peccatori. Ma da quando in qua? Che strano modo di ragionare è questo? E poi proprio Pilato¸ un romano¸ neanche un ebreo! Probabilmente anche quelli che gli han posto la domanda¸ i contemporanei¸ i discepoli presenti condividono questo modo di ragionare¸ che per noi è fuori del buon senso. Similmente la faccenda della torre. Qui non c´è nessuno che ha ordinato un massacro¸ è cascata una torre. Anche qui la nostra reazione sarebbe diversa. Innanzitutto si aprono quattordici inchieste¸ tutti i pretori si attivano¸ e si fanno inchieste: perché è cascata la torre? Nel mondo antico questo non succedeva¸ erano più fatalisti. Ma anche qui uno dice - Che disgrazia! Poverini! Quanti innocenti sono morti!-. Macché! - Credete forse che fossero più colpevoli-? E di nuovo viene fuori che se la torre è caduta è perché tramite la caduta della torre venivano castigati dei peccatori. Il ragionamento di Gesù è soltanto che la torre non ha colpito i più colpevoli. Quindi c´è qualcosa di casuale in queste cose¸ ma tuttavia¸ pur nel caso¸ c´è un segno che deve far pensare non alla responsabilità di chi l´ha prodotta¸ all´eventuale responsabilità dei costruttori della torre¸ a chi non ha recintato l´edificio pericolante¸ ma alla responsabilità di coloro che sono morti¸ le vittime¸ perché sembra di capire che Gesù invita a leggere questi avvenimenti sfortunati o dolorosi che accadono come dei segnali che la cronaca e la vita ci mandano per ricordare che tutti meritiamo il castigo. Questo è il ragionamento di Gesù. E che se il castigo non ci ha colpito l´abbiamo scampata bella¸ ma in realtà sarebbe dovuto toccare anche a noi qualche cosa di simile. Perché poi lui dice - Se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo -. E questa è una frase molto dura. - Allo stesso modo- probabilmente non significa -per mano di Pilato o perché vi casca addosso una torre-¸ ma può darsi che significhi -quando meno ve l´aspettate¸ senza scampo -. Ma quello che fa pensare è questo utilizzo dell´avvenimento¸ questa interpretazione dell´avvenimento¸ non per protestare¸ neanche per rammaricarsi dell´innocenza altrui¸ ma piuttosto per ringraziare il Signore perché non è toccato a me¸ mentre spettava a me questo castigo¸ e per indurci a convertirci. E´¸ direi¸ con le parole nostre di oggi¸ una specie di strumentalizzazione della disgrazia in vista di una predica di conversione o di morale. E´ strano tutto questo. E come sempre¸ noi notiamo la differenza tra il modo antico di ragionare e di concepire le cose; per questo¸ vi chiedevo¸ sarebbe bello sapere se era un modo tipicamente ebraico o diffuso anche altrove. E la nostra scelta contemporanea completamente diversa¸ del tutto laica¸ nel senso che cerca di guardare le cose con oggettivitภcon assoluta neutralità e soprattutto non vuole in nessun modo coinvolgere queste specie di miti di presunte colpevolezze. Vedete come la neutralità di pensiero¸ una distinzione completa fra morale¸ religioso e i fatti si è ormai talmente diffusa per cui una secolarizzazione¸ una laicizzazione del modo di pensare ormai la condividiamo anche noi¸ ci pare giusto che sia cosí. Io come sempre potrei già fermarmi qui e dire- Che cosa ne facciamo di questa attitudine spirituale di Gesù? La utilizzeremo ancora¸ per essere suoi discepoli? E´ conveniente che anche noi recuperiamo qualcosa¸ magari in maniera meno drastica di come racconta Luca (poi non so cosa effettivamente ha detto Gesù)¸ in maniera un po´ più morbida¸ più raffinata di come faccia Luca? Però a noi cristiani viene ancora suggerito dal testo del Vangelo che qualche volta¸ quando senti parlare di disgrazie¸ come Madrid¸ tu come cristiano dovresti fare anche¸ tra i tanti¸ dovresti aggiungere anche questo pensiero" Forse siamo tutti cosí peccatori che quella che in sé non è una punizione¸ ma è un delitto¸ però a pensarci bene forse lo meriteremmo tutti. Bisogna fare qualcosa per cambiare". Questo ragionamento¸ modernizzato¸ il Vangelo forse ci suggerisce di farlo. E´ giusto che lo dobbiamo fare. Potrebbe essere la nostra opinione di cristiani quando capitano queste cose. Dopo aver lasciato parlare tutti gli altri¸ gli esperti¸ le tavole rotonde¸ gli osservatori¸ anche noi come credenti¸ come uomini di fede e religiosi dovremmo dire - Aggiungiamo anche un pensiero: forse potremmo tutti¸ in nome di Dio¸ dover perire in questo modo¸ se non ci convertiamo -. Oppure è un ragionamento che dobbiamo escludere? E allora diciamolo con chiarezza: Gesù in questo ha sbagliato¸ non ci serve più¸ ragiona male. Chiuso. Accettiamo tutto il resto. Certo la seconda parte del Vangelo è diversa¸ è più dolce¸ più morbida. Come sapete Luca non racconta nel suo Vangelo che mentre andava a Gerusalemme¸ nella settimana santa¸ Gesù vide un albero di fico¸ non trovò frutti¸ lo maledisse e il fico si seccò e morí in una giornata. Questo episodio Luca non lo racconta¸ là dove invece lo raccontano Marco e Matteo. Al posto di quell´episodio lui mette questa paraboletta qui¸ al capitolo tredici (la passione è al 24-25) quindi a metà Vangelo lui mette questa paraboletta che è il contrario¸ o meglio è una sospensione. Il fico non viene sradicato perché il contadino¸ più prudente del padrone¸ gli dice - Ma aspettiamo ancora un attimo¸ facciamo ancora un tentativo -. E questa è¸ direi¸ come un´ultima chance che viene lasciata¸ dopodiché tutti periscono allo stesso modo. E anche questa¸ vedete¸ è una concezione della vita molto interessante. Tutti noi¸ certamente noi più vecchi con maggiore emozione¸ ma anche i giovani possono domandarsi - Gli anni che ho davanti per vivere¸ noi vecchi diciamo gli anni che mi restano¸ a che cosa mi servono? A produrre frutti per non perire a quel modo. A far qualcosa¸ adoperando i concimi che Dio mi rifornisce¸ che saranno sacramenti¸ preghiera¸ lettura della parola di Dio¸ per fare qualche frutto¸ altrimenti io sono un fico da sradicare. Ho portato frutti finora? Meriterei di essere sradicato? Per non essere sradicato mi resta ancora un anno-! E´ una metafora¸ s´intende¸ ma per quelli di una certa età potrebbe perfino essere anche meno. E che frutti devo portare? Ma la vita va vissuta con questa specie di cappa¸ di incubo? Oppure non è un incubo¸ ma anzi è la gioia di recuperare il tempo perduto¸ di far qualcosa? E´ cosí che devo vivere la vita? Oppure devo¸ come forse mi suggerirebbe lo psicologo - Ma no¸ stia in pace¸ ha già fatto abbastanza¸ ci mancherebbe¸ ma lasci perdere¸ quello che il Signore vuole regalarle sono un po´ di riposo¸ cosa star lí ad affannarsi per dare ancora frutto -! E´ la consolazione o lo stimolo? Perché poi ci sono nella Bibbia passi che sembrano essere - Riposati¸ sta tranquillo¸ non affannarti- cioè sembrano essere di consolazione. Altri invece¸ come questo¸ sono di stimolo feroce¸ e¸ non voglio essere cattivo fino in fondo¸ se ci pensate bene¸ perché anche il nuovo testamento si contraddice; quelli più buoni di me usano la parola difficile che dice la stessa cosa ma è molto più chic¸ anche nel Vangelo si trova una dialettica di contenuti¸ dialettica vuol dire soltanto che le cose si contraddicono; il Vangelo si contraddice. Perché l´uomo in questo Vangelo non è trattato da Dio come un figlio¸ ma come un servo¸ che deve produrre frutti¸ che deve essere castigato¸ che potrebbe perire allo stesso modo. Dov´è la parola di San Paolo che la fede e la carità di Dio hanno messo al bando il timore¸ perché ormai regna l´amore? Questi sono discorsi sul timore. E bisognerebbe ragionarci a lungo su come si conciliano quei passi dove ancora rimane il timore¸ forse eredità di secoli antichi¸ e dove invece riesce a vincere l´amore. Ma l´amore è capace di responsabilizzare? Oppure un continuo appello all´amore¸ paternitภdolcezza finisce per far perdere il senso del dovere e il dovere dell´impegno? E per suscitare il dovere e l´impegno bisogna di nuovo ricorrere al timore¸ non ci sono altri mezzi? Intendiamoci¸ nella paraboletta non c´è solo timore¸ c´è anche speranza. Vediamo ancora un attimo. Però da parte del fico questa speranza viene responsabilizzata. Devo fare qualcosa¸ devo attivarmi. Attivare senza stressare. Noi che siamo abituati ad usare queste parole perché riguardano la qualità della nostra vita: la qualità della vita migliora se siamo impegnati o se siamo in riposo? La qualità della vita migliora se siamo stimolati dalla paura¸ anche da un po´ di paura? Quindi vedete quante cose! Lascio in sospeso tutto¸ ma spero di avervi dato almeno molte cose su cui pensare per vostro conto.