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Omelia XXVIII DOM. T.O. C del 14 Ottobre 2007

Dal vangelo di oggi si possono ricavare tre facili insegnamenti che¸ direi¸ compaiono in maniera evidente alla superficie del testo: il dovere della riconoscenza¸ del quale tratta anche la prima lettura raccontando del generale siriano¸ quindi non ebreo¸ Naaman che è tornato a ringraziare Eliseo per la guarigione dalla lebbra¸ e il primo insegnamento è evidente e¸ direi¸ che è di una facilità estrema¸ ringraziare. Un secondo insegnamento¸ forse quello che a Luca interessa di più: bisogna riconoscere in Gesù la presenza di Dio perché il lebbroso torna indietro per ringraziare ma lodando Dio e quindi non attribuendo in maniera¸ direi¸ magico - terrena a eventuali poteri taumaturgici di Gesù la guarigione¸ ma riconoscendo che in Gesù è presente Dio. Vale a dire una interpretazione fatta di religione e di fede della guarigione ottenuta e¸ come dirò dopo¸ a partire da questo concetto si potrà trovare nel brano qualcosa di più profondo di quello che appare in superficie. Il terzo insegnamento¸ che è anche questo di superficie ma non facilissimo da cogliere da parte di tutti¸ riguarda la differenza che è molto cara a Luca tra guarigione e salvezza. Un conto è essere guariti e un conto è essere salvati. La preghiera ha permesso al lebbroso di guarire¸ alla fine Gesù gli dice: “La tua fede - il fatto di aver riconosciuto in Cristo la presenza di Dio - ti ha salvato”. E come diceva bene la preghiera iniziale che abbiamo recitato¸ che riflette proprio su questa interpretazione del testo: Fonte della vita temporale ed eterna fa che nessuno di noi ti cerchi solo per la salute del copro¸ ma ti cerchi soprattutto per la salvezza definitiva della persona. E qui si potrebbe iniziare tutto un altro discorso sulla salute interiore della mente¸ del cuore¸ dello spirito¸ del ragionamento che incomincia su questa terra e¸ secondo la nostra fede¸ continua nell’eternità. E’ diverso essere guariti da essere salvati ed è una caratteristica lucana quella di usare il verbo salvare non per definire la guarigione¸ come fanno altri evangelisti¸ ma per definire qualcosa di più personale e profondo che è appunto la salvezza donata dalla conversione e dalla fede. Ed anche questo è un tema su cui potrete riflettere. Se tuttavia noi ci immedesimiamo nel racconto ed immaginiamo di essere delle persone che ascoltano questa narrazione negli anni in cui vive Luca¸ proviamo a tornare indietro nel tempo e ci immedesimiamo nella situazione di allora. Stanno attraversando la Samaria¸ Gesù è un ebreo¸ quando attraversano la Samaria gli ebrei vanno di buon passo perché desiderano uscirne presto perché è un territorio dove Dio non è onorato come si dovrebbe e quindi non è proprio un territorio impuro¸ ma quasi. Perché gli ebrei¸ come il vecchio Naaman siro pensano che ci sono dei luoghi santificati dalla presenza di Dio dove il suo culto è legittimo ed efficace¸ ce ne sono altri che non hanno ricevuto questa santificazione divina. Sono luoghi profani¸ addirittura ci possono essere luoghi dove Dio è onorato in maniera falsa e sono addirittura pericolosi. Anche Naaman siro aveva questa concezione delle cose¸ tant’è vero che ha chiesto di portar via dei sacchi di terra per costruirsi nella sua Siria¸ terra pagana ed impura¸ una specie di aiuola fatta con la terra di Israele dove onorare il Dio d’Israele. Sono concezioni primitive che ci fanno un po’ sorridere¸ se volete¸ ma alcuni ebrei del tempo di Gesù¸ più o meno¸ la pensavano ancora cosí e ritenevano che Gerusalemme fosse il luogo dove Dio andava adorato¸ come dice Gesù alla samaritana nel vangelo di Giovanni: “Perché la salvezza viene dai giudei”. Allora Gesù ed i discepoli ed ogni ebreo che attraversa la Samaria cerca di far presto perché deve andare a Gerusalemme. Gesù ai dieci lebbrosi che gli chiedevano pietภe non di per sé guarigione¸ semplicemente pietภforse si aspettavano un’elemosina¸ dice: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. Ammesso che gli altri nove che non tornano siano degli ebrei¸ hanno interpretato giustamente la parola di Gesù ed in cuor loro penseranno: “Che bravo questo uomo di Dio¸ ci ha guariti perché ama il tempio¸ ci ha guariti perché ci ha raccomandato di correre a Gerusalemme¸ presentarci ai sacerdoti che constateranno la nostra guarigione e lí ringrazieremo il Signore”. Perché avrebbero dovuto tornare indietro? Perché avrebbero dovuto riconoscere¸ cosa che per un ebreo rasentava il sacrilegio e l’apostasia¸ che Dio andava adorato e ringraziato rivolgendosi a Gesù? Dio lo si adora e lo si ringrazia a Gerusalemme. E con che pretesa Gesù desidera e si immagina che dovessero tornare a ringraziare Dio da lui? Bisogna pensarci a questi piccoli particolari. Luca presenta un Gesù il quale¸ senza dirlo apertamente¸ però implicitamente si identifica con Dio. Nel suo libro¸ quando presenta la storicità di Gesù¸ il papa utilizza questi frammenti evangelici nei quali Gesù si autodefinisce¸ in maniera un po’ enigmatica¸ ma si autodefinisce Dio. Proprio per affermare che storicamente risale a lui la pretesa di essere Dio¸ che è sconcertante ma che può dare inizio al riconoscimento: “Ha preteso questo perché è vero¸ l’ha detto con delicatezza¸ non sfacciatamente¸ ma lui sa di essere la stessa realtà di Dio umanamente presente”. Questo lo sanno certamente i lettori di Luca e quando il lettore di Luca di allora si sente raccontare questo episodio¸ pensando ai nove ai quali non è neanche venuto in mente questo perché da bravi ebrei sono andati a Gerusalemme¸ il bravo lettore di Luca dice: “Che ignoranti questi ebrei¸ non hanno capito che Dio non è a Gerusalemme ma è nella persona di Gesù” o forse avranno detto: “Poveri ebrei¸ non si rendono conto che è ora di finirla con Gerusalemme”. Allora perché Gesù ha detto andate dai sacerdoti? Perché lui voleva far vedere che rispettava l’ebraismo antico ma¸ in realtภlo stava sorpassando. E allora vedete che la cosa si complica ed a noi¸ che vogliamo riflettere su queste cose¸ si aggiunge¸ oltre a questa complessità del ragionamento¸ un motivo di tristezza perché noi riflettiamo anche su un altro particolare. Quando Luca scrive questo vangelo ed il vangelo incomincia a diffondersi ed a essere letto il tempio di Gerusalemme è ancora in funzione o è già stato distrutto dai romani? E se il tempio è stato distrutto dai romani fanno compassione questi ebrei della Giudea che amavano tanto il tempio e che adesso non ce l’hanno più. E’ pensabile che possano subito credere in Gesù trasferendo tutta la loro emotività religiosa dalla grande Sion¸ da Gerusalemme centro del mondo¸ dal tempio voluto da Dio¸ secolare memoria della benevolenza di Dio verso Israele¸ è pensabile che di punto in bianco possano dire: “Ma che tempio¸ hanno fatto bene i romani a distruggerlo¸ è Gesù!” E’ assurdo¸ impensabile e questo ci fa capire come storicamente la fede cristiana trovò più facile imporsi presso i pagani¸ che ignoravano questo valore del tempio¸ anzi lo deridevano¸ che non presso gli ebrei. E questo ci fa capire come la cosiddetta storia della salvezza assuma in questo confronto¸ in questo contrasto tra la tradizione ebraica che crolla per colpa dei romani e la nuova visione cristiana che si impone con forza giovanilistica provoca sofferenze. E la sofferenza sta¸ soprattutto questa volta¸ dalla parte degli ebrei. Ecco perché riflettendo su queste cose la nostra sensibilità moderna¸ che per grazia di Dio e per merito nostro è molto più attenta a ricostruire con esattezza la storicità di quanto è accaduto. Ecco perché io insisto più volte sull’inutilità di ritornare a cercare di ricostruire i fatti come realmente accadono. La nostra sensibilità che¸ come dicevo¸ per merito della nostra evoluta cultura e per merito dello Spirito Santo che tutto accompagna¸ capisce più degli antichi questa sofferenza degli ebrei ed è per questo¸ non soltanto per la vergogna¸ che portiamo tutti noi¸ della shoah¸ non solo per questo¸ per tutte due le cose insieme¸ noi ci siamo resi conto che gli ebrei vanno rispettati più di quanto non si facesse una volta¸ che non si può dire che Dio li ha abbandonati perché probabilmente anche Gesù soffriva nel suo cuore per la situazione degli ebrei. Ed infatti¸ Luca che questa volta è fine nel raccontare¸ mette in bocca a Gesù una frase¸ che è più un interrogativo che lui pone a sé stesso: “Gli altri nove dove sono? E che fine faranno¸ come andranno a finire?”. Fanno bene ad andare a Gerusalemme perché Dio per adesso è ancora lภma fra poco sembrerà che non ci sia più¸ e dove lo troveranno Dio questi ebrei? Per caritภper grazia dello Spirito riusciranno a trovarlo nella Torah¸ nel sabato¸ nell’umiltà e nascerà quell’ebraismo pieno di fede e di dolcezza che è caratteristico di tutti i secoli nei quali l’ebraismo è vissuto convivendo con il cristianesimo. Ma voi capite come noi¸ trattando i testi in questo modo e¸ direi¸ con la nostra moderna sensibilità riusciamo a superare uno schematismo¸ una durezza che forse nei primi anni del cristianesimo c’è stata e non è stata gentile. Lo siamo di più noi. E da questo caso della storia dell’ebraismo¸ delle sofferenze¸ perché è interessante il fatto che il cristianesimo è nato come salvezza universale¸ ha portato una quantità di gioia agli schiavi pagani alle matrone romane ma è stata causa di pianto per gli ebrei¸ non per cattiveria: non sono riusciti ad evitarlo¸ forse non si poteva farne a meno però tutto questo ci fa pensare e ci commuove e per questo noi moderni¸ nei confronti dell’ebraismo come nei confronti di molte altre religioni¸ siamo più pazienti più comprensivi ed abbiamo abbandonato quella specie di sbrigativo entusiasmo dei missionari di due secoli fa che correvano in Africa a battezzare e convertire¸ forse ricattando un pochino quelle popolazioni¸ senza cattiveria: “Se vi fate cristiani avrete in più anche il progresso e la civiltà”¸. Oggi anche i missionari sono un pochino più timorosi¸ più rispettosi e noi¸ vedendo per esempio quello che succede ai monaci birmani¸ ci commuoviamo per loro e scopriamo che¸ forse¸ in tutte le religioni c’è qualcosa di divino che verrà forse distrutto ma non consideriamo questa fine del passato come solo motivo di gioia perché comprendiamo la sofferenza. La seconda lettura ci ricorda sempre quella persona illuminante che è Paolo. Era persecutore dei cristiani e li ha fatti soffrire¸ adesso soffre lui¸ come dice nella Lettera a Timoteo: “Porto le catene come un malfattore” e cosí ha imparato sulla sua pelle come l’accesso alla fede purtroppo¸ all’interno della storia¸ non è uno sviluppo lineare¸ positivo¸ una vittoria¸ una conquista¸ non è la vittoria della verità che trionfa ma è come la fatica del crocifisso¸ la testimonianza alla verità e all’amore di Dio in un mondo rovinato dall’ignoranza e dal peccato.