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Omelia XXVI DOM. T.O. C del 30 Settembre 2007

Tutti i commentatori avvertono che non si devono dedurre da questo racconto del ricco e del povero nell’aldilภdottrine sulla natura dell’aldilà. Come se ci fosse un luogo di tormenti e un luogo di beatitudine dal quale ci si può vedere e sentire da una parte e dall’altra. Dicono che si tratti di immagini popolari¸ non condivise neanche da tutti gli ebrei del tempo di Gesù perché certamente i sadducei non avrebbero condiviso questa visione dell’aldilà perché non credevano neanche nella risurrezione dei morti. Condivisa dai farisei ai quali secondo Luca è rivolto il discorso perché si tratterebbe dell’utilizzo da parte di Gesù di concezioni popolari¸ non teologicamente fondate¸ delle quali però lui si serve per dare una lezione su questioni che riguardano l’aldiquภnon l’aldilà e¸ precisamente¸ si tratta di due punti sostanzialmente: mascherare l’indifferenza nei confronti del povero come una colpa nella quale si può facilmente cadere¸ magari senza rendersene conto e una seconda considerazione che secondo alcuni commentatori è ancora più importante¸ che è quella che si trova nella parte finale¸ sulla incredulità nei confronti di qualunque manifestazione divina¸ compresa la risurrezione¸ per coloro che non hanno già una formazione religiosa solida e che non si sono abituati all’ubbidienza¸ secondo il testo¸ a Mosè ed ai profeti. Quindi sarebbero sostanzialmente due le lezioni che Gesù vorrebbe che vengano tratte da questo brano: superare l’insensibilità e la disattenzione nei confronti dei bisognosi e riflettere sul fatto che se non c’è un’adeguata preparazione¸ neanche il prodigio più eclatante può indurre alla fede. Quasi a dire che interesse per i bisogni del prossimo e curiosità per quello che riguarda il problema di Dio vanno di pari passo e stanno insieme. Questi sono i due insegnamenti più sicuri che si possano trarre da questo testo. Tenuto conto di questo aggiungerei qualche altra osservazione¸ come sempre un pochino scolastica. Il problema della povertà è un problema caratteristico di tutta la letteratura biblica. Soprattutto la letteratura profetica è piena di testi come quello che avete sentito nella prima lettura nei quali si condanna l’insensibilità verso i bisogni del povero. Se c’è un tema biblico¸ presente nell’A. e ripreso nel N.T.¸ dominante è proprio questo. La grande colpa dei dirigenti di Israele è il non tener conto dei bisogni del popolo ed essere delle persona spensierate¸ come si dice nel testo di Amos: “Gli spensierati di Sion” i quali “stesi su letti d’avorio¸ sdraiati sui loro divani mangiano¸ bevono¸ cantano¸ si divertono¸ si profumano ma della rovina di Giuseppe” che è il nome delle tribù del Nord “non si preoccupano”. Direi che questa accusa verso l’indifferenza¸ verso l’insensibilità delle persone più ricche e delle classi dirigenti è caratteristica di tutta la letteratura dell’A.T. Nel N. non viene eliminato questo tema¸ questo motivo però direi che vi è una leggera trasformazione nel modo di presentare le cose. Il N.T. raccomanda l’elemosina¸ la carità verso il povero ma manca o diminuisce nel N.T. una prospettiva che invece è presente nei testi dell’A. che è quella della rivendicazione da parte di Dio e della punizione da parte di Dio su questa terra del ricco insensato. C’è anche nella prima lettura perché gli ultimi versetti della prima lettura dicono: “Perciò andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei buontemponi”. L’A.T. è convinto che Dio intervenga presto a colpire questa insensata indifferenza dei gaudenti soprattutto quando hanno responsabilità direzionali. Dappertutto¸ nell’A.T.¸ si parla di questa imminente condanna di Dio. Lo stesso salmo¸ nel suo piccolo¸ diceva che “Il Signore rende giustizia agli oppressi¸ sconvolge le vie degli empi”. Ed è curioso¸ l’ho già citato altre volte¸ che questa impostazione dell’A.T.¸ la quale pensa non ad una ricompensa nell’aldilà ma ad un intervento divino nel presente¸ è ancora presente nel Magnificat¸ quel testo che Luca mette in bocca a Maria quando va a trovare Elisabetta. E’ un testo che si legge soltanto in Luca. “Rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Rimanda i ricchi a mani vuote¸ disperde i superbi nei pensieri del loro cuore”. Accanto all’assistenza del povero in questi testi viene ancora dichiarata¸ come qualcosa che ci si deve attendere al più presto¸ la distruzione del ricco. Questo tema direi che¸ almeno nel vangelo di Luca¸ è presente per l’ultima volta nel Magnificat che è preghiera di una donna¸ Maria¸ dell’A.T. che ragiona ancora con i cliché¸ con lo standard dell’A.T. Nella predicazione di Gesù e nella ricezione che ne ha la Chiesa primitiva ho l’impressione che forse non scompare del tutto ma diventa certamente secondaria questa promessa dell’intervento di Dio e tutto viene spostato alla fine. Come nel nostro testo evangelico: “Ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita¸ Lazzaro parimenti i suoi mali. Ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti”. Ma questo dopo la morte. Questa è una svolta interessante nel pensiero del N.T.¸ l’A.T. come sapete¸ come abbiamo detto tante altre volte¸ arriva molto tardi e non arrivano tutti a credere in una vita dell’aldilà. L’A.T. classico non conosce l’esistenza di un dopo morte se non come una specie di inerte deposito di coloro che furono viventi¸ che non è né condanna¸ né beatitudine. E’ semplicemente il luogo delle ombre che non ha rilievo. Nel N.T. invece… E’ curioso questo testo dal quale non bisognerebbe trarre dottrine¸ l’ho detto all’inizio¸ però questo testo suppone che la giustizia si ristabilisce non tanto su questa terra ma nell’aldilà. Se vi ricordate nelle beatitudini di Luca ci sono tre beatitudini per i poveri a cui seguono tre guai per i ricchi e la frase è proprio: “Guai a voi ricchi¸ guai a voi che siete sazi perché avete già ricevuto la vostra ricompensa” che è lo stesso ragionamento che c’è qui in questo testo. Il ribaltamento della situazione è rimandato alla fase ultraterrena della vita. Tutti quei movimenti che nella Chiesa post-conciliare negli anni ’60 – ’70¸ ma che ancora sono presenti in certi paesi¸ tutti i movimenti cristiani di tendenza rivoluzionaria¸ come quelli dell’America latina¸ devono ricuperare dall’A.T. il dovere della lotta¸ della resistenza¸ del combattimento per la giustizia. Il N.T. sembra favorire¸ non dico l’inerzia¸ ma sembra lasciare tutto nelle mani di Dio perché ristabilisca le cose quando vorrà. Se ci pensate la ragione ultima di questo cambiamento che c’è nel N.T. che¸ direi¸ insegna più la sopportazione e la pazienza che non la reazione e la lotta¸ dipende dal fatto che il N.T. si basa sul convincimento che Cristo tornerà presto e ristabilirà ogni cosa alla sua venuta. “Nell’attesa della sua venuta”. E’ la famosa attesa caratteristica del N.T. che è del tutto assente nella cultura dell’A.¸ e dell’ebraismo in genere¸ del ritorno di Gesù¸ della cosiddetta “Parusia”. E’ questo che ammorbidisce i toni nel N.T. Quando viene meno alla prossimità cronologica¸ perchè noi non ci aspettiamo più un ritorno di Cristo venuto nel tempo¸ allora si conclude lo sviluppo e l’evoluzione del ragionamento e ogni rivendicazione¸ ogni forma di giustizia ristabilita viene rimandata all’aldilà. Ed è vero che questo può aver finito per favorire nella mentalità di molti paesi cristiani o di molte persone cristiane una certa acquiescenza passiva alle ingiustizie che ci sono in questo mondo e può aver diminuito la tensione verso l’impegno per favorire una maggiore giustizia. Io ho l’impressione che l’Occidente stia ancora subendo questi influssi che lo impigriscono. Noi nelle preghiere dei fedeli continuiamo a pregare per la giustizia¸ continuiamo a pregare in maniera anacronistica e retorica¸ che ignora la natura democratica delle nostre nazioni. “Per i capi delle nazioni”¸ non esistono i capi della nazioni. “Perché i responsabili della vita pubblica…”. Ma in realtà in un mondo dove si pretende di essere democratici¸ bisognerebbe sempre dire: “Perché tutti noi pretendiamo dai nostri governanti…”. Ed invece continuiamo a pregare in questa maniera falsa¸ come se fossimo ancora in epoca di regimi assoluti dove chi comanda sono i re mentre poi non sono i responsabili della cosa pubblica ma eventualmente i detentori del potere economico e dei mezzi di comunicazione sociale¸ quelli che oggi determinano i comportamenti internazionali e che permettono che la maggioranza della popolazione del mondo viva nella miseria e nella fame. L’inerzia del cristianesimo in gran parte si spiega sulla base di questa svolta¸ direi spiritualistico-cronologica che c’è stata nel N.T. che è importante dal punto di vista della fede perché lascia a Dio la rivendicazione e la sposta nell’aldilà. Eliminando quindi quella tensione¸ tra l’altro anche nell’A.T. a pensarci bene¸ puramente verbale nei Libri dei Profeti perché anche il giudaismo antico testamentario¸ nonostante tutta l’insistenza dei profeti nella condanna contro i ricchi¸ nessuno ha mai mosso un dito per fare un po’ più di giustizia. E tutto è rimasto come prima¸ la parola dei profeti è rimasta semplicemente parola. L’ebraismo ed il cristianesimo si portano dietro da sempre questa contraddizione: parlano di giustizia ma non sono in grado di sacrificarsi per eseguirla e per compierla. E questa mi pare che sia una cosa su cui bisogna pensare perché forse è venuto il momento in cui proprio a causa della diffusione dappertutto di sistemi democratici bisogna proprio che sia la base del popolo cristiano che esige¸ si impegna¸ insiste¸ sperimenta¸ cerca di trovare dei mezzi perchè si superi questa assurdità di una globalizzazione che non riesce a risolvere il problema della miseria che può essere benissimo colpevole in alcune popolazioni inerti¸ pigre¸ prive di iniziativa ma che deve essere in ogni caso superata. E non si può¸ con la scusa che il N.T. rimanda tutto nell’aldilà o al ritorno di Cristo¸ ignorare che esiste comunque un problema morale di essere fedeli a quello che il Signore ci ha lasciato capire attraverso questi testi perché quando questi testi parlano di un capovolgimento e di una condanna nell’aldilà evidentemente ci dicono: “Te l’ho detto perché tu ti renda conto che devi fare qualcosa adesso e subito”. Ecco perché la richiesta del ricco “Mandali dai miei fratelli!” viene praticamente trattata con sarcasmo e rifiutata: “Non serve a niente se non ascoltano Mosè e i profeti”. Mosè e i profeti sono quelli che hanno parlato come Amos della necessità di fare qualcosa per risolvere la situazione. Fin in fondo il nostro testo tende a responsabilizzarci nel presente ed è secondo me questa una carenza che tocca a noi tutti cercare di superare.