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Omelia XXV DOM. T.O. C del 23 Settembre 2007

Questa famosa parabola viene interpretata dalla maggioranza dei commentatori in maniera differente da come la interpreta Luca¸ l’evangelista che la riporta dietro al quale va l’impostazione delle letture liturgiche di questa messa e delle orazioni iniziali. Luca ha approfittato di questa parabola per aggiungere¸ come avete sentito¸ in coda¸ una serie di detti¸ neanche ben collegati l’uno con l’altro¸ che riguardano tutti l’uso del denaro e della ricchezza. Ma secondo gli studiosi¸ in origine¸ questa parabola non era una lezione su come adoperare i soldi ed approfitto per ripetere una cosa che ho già detto molte altre volte: l’interesse per la ricostruzione del cosiddetto Gesù storico. Prima che se ne occupassero i laici¸ cosa che sta succedendo in questi mesi¸ se ne sono sempre occupati gli esegeti¸ i commentatori¸ i biblisti con metodi probabilmente differenti da quelli dello studioso laico che affronta questi testi¸ ma altrettanto rispettabili. L’interesse per sapere che cosa un determinato detto con una parabola¸ come questa¸ sconcertante perché viene lodato un amministratore disonesto per la sua scaltrezza ha sempre interessato gli studiosi e si sono domandati se si può ricostruire la vera ragione per cui Gesù ha raccontato questo testo. E la stragrande maggioranza ritiene che questa è una delle parabole che si denominano “parabole della decisione o della crisi” perché sono testi nei quali Gesù suppone che si stia arrivando ad un periodo di crisi nel quale è indispensabile prendere con coraggio una decisione la quale non corrisponde al buon senso comune perché¸ secondo quello che Gesù voleva trasmettere con questa parabola¸ il regno di Dio sta per imporsi sulla terra¸ nel mondo ed occorre al più presto decidersi ad accettare la venuta di questo regno superando qualunque difficoltภcome farebbe una persona la quale si trova in una situazione disperata ed allora¸ per potersi salvare¸ per poter sopravvivere¸ escogita le soluzioni¸ anche più strane e più pericolose¸ come ha fatto l’amministratore¸ perché ormai non ha altre possibilità di prevedibile salvezza. Ecco perché è una parabola della decisione nella crisi. L’amministratore rischia di essere buttato sul lastrico. Non è capace di andare a lavorare¸ ha vergogna di mendicare¸ deve trovare una soluzione. E’ in una situazione disperata¸ se volete non tragica del tutto perché ha ancora la salute¸ ma ha perso la sua posizione sociale. Allora ritiene che l’unica soluzione è imbrogliare nella speranza di farsi degli amici¸ perché non bisogna dimenticare che¸ tra le righe¸ si può benissimo essere che quello che ha scritto cinquanta invece di cento potrebbe¸ per riconoscenza¸ dare qualcosa all’amministratore licenziato. Ad un certo punto potrebbe anche mandarlo sulla forca perché¸ tanto¸ socialmente non fa più paura a nessuno e non conta più nulla. Quindi l’amministratore deve trovare una via per salvarsi che è¸ tra l’altro¸ una via¸ direi¸ non sicurissima. Deve affidarsi ad una speranza¸ più o meno solida¸ di poter uscire dalla difficoltà insuperabile in cui si trova. La cosa interessante¸ dal punto di vista sia storico che teologico è questa: sarà stata proprio questa l’intenzione di Gesù nel raccontare questa parabola? Gesù riteneva doveroso dire ai suoi contemporanei: “Guardate che siete in una situazione disperata e dovete comportarvi come persone disperate¸ che non vedono di fronte a sé nessuna soluzione se non la più assurda” e¸ evidentemente¸ la soluzione assurda da accettare era diventare discepoli di Gesù¸ ma sembra di capire che questo debba essere l’esito della parabola. “Decidetevi. Accettate il messaggio che Dio vi manda attraverso la persona di Gesù¸ altrimenti non avete più speranza¸ per voi è la fine¸ non ci sono soluzioni”. Storicamente sarà stato cosí? Allora voi capite¸ anche se questa è come sempre una osservazione più a livello di metodo e di scuola che non di edificazione omiletica¸ però voi capite che è molto interessante tentare questa ricostruzione di tipo storico. Perché se condividessimo che questa era la situazione in cui Gesù si trovava e in cui Gesù poneva i suoi ascoltatori¸ allora è chiaro che la fisionomia che di Gesù assume ai nostri occhi¸ il Gesù storico¸ è una fisionomia che ci interessa ma che ci lascia anche un po’ perplessi. Allora viene un’altra domanda. Questa presentazione della sequela di Gesù come una necessità per salvarsi in extremis valeva soltanto per allora¸ per gli ebrei suoi contemporanei o è una caratteristica permanente dell’appello cristiano? E cosí si passa¸ come vedete¸ dalla ricerca storica alla riflessione sulla fede¸ cioè alla teologia. Il cristianesimo¸ come Gesù lo pensava (formula inesatta perché Gesù non è ancora cristiano naturalmente) però¸ la chiamata divina come Gesù la pensava era una chiamata¸ appunto¸ a cavarsela in un momento di estrema difficoltà dove non si vedono soluzioni. Era cosí soltanto allora o in qualche misura rimane cosí sempre? Il cristianesimo come deve presentarsi al mondo? Deve ripetere l’attitudine di Gesù dicendo alla gente: “Voi credete di star bene ma in realtà siete sull’orlo del precipizio. C’è una sola possibilità di venirne fuori: credere in Gesù”. “Ma io non me la sento¸ Gesù dice cose esagerate.” “Allora sei perduto¸ non c’è altra scelta¸ o tenti la strada di Gesù o non c’è nient’altro”. Il cristianesimo deve continuare a presentarsi cosí¸ ammesso che Gesù si sia presentato cosí¸ come gli storici sostengono? Capite che questo è interessante perché se la molla che rende il cristianesimo accettabile fosse proprio questa consapevolezza¸ non ci sono altre soluzioni. Questa è rischiosa e fuori dal buon senso¸ diventar cristiani¸ ma è l’unica chance¸ non ci sono altre speranze. Se il cristianesimo fosse cosí¸ allora si capisce perché oggi la maggioranza non lo segue più¸ perché oggi noi abbiamo buone ragioni per ritenere che se anche molte cose nel mondo vanno male abbiamo buone possibilitภsufficienti strategie¸ lucidità e prudenza per tenerle sotto controllo da soli¸ noi con la nostra intelligenza. Non siamo in una situazione disperata nella quale o diventi cristiano o sei finito. Allora si capisce perché oggi la gente ritiene… “Il cristianesimo non mi serve¸ non mi interessa. E’ un’ancora di salvezza per uno che sta annegando¸ noi non stiamo annegando”. Dopo quattro anni di guerra mondiale era più facile essere cristiani¸ quando l’unica speranza era: o gli americani che distruggono tutto con le bombe o niente. Quando c’era il pericolo di una guerra atomica poteva anche darsi che uno dicesse: “O ci aiuta Gesù Cristo o siamo finiti”. Oggi¸ per fortuna nostra queste paure non hanno più senso¸ allora il cristianesimo è soltanto la religione che funziona nelle paure estreme? E’ soltanto il rimedio dei casi disperati? Allora diventa una religione marginale che serve ad alcuno. Per fortuna il N.T. ed il vangelo non presentano il cristianesimo soltanto in questa luce ma lo presentano anche¸ come hanno detto tantissime volte i documenti recenti della Chiesa a partire dal Concilio in poi¸ come l’aiuto divino per la promozione umana cioè lo sviluppo¸ il progresso¸ la facilitazione¸ il benessere. Confrontate l’ipotetica ricostruzione della mentalità di Gesù predicatore escatologico che spaventa con il pacato ragionamento della Prima Lettera a Timoteo. “Che si facciano domande¸ suppliche¸ preghiere¸ ringraziamenti per tutti gli uomini¸ per i re¸ per tutti quelli che stanno al potere¸ perché possano trascorrere una vita calma¸ tranquilla con tuta pietà e dignità”. E’ un modo greco di vedere le cose¸ non violentemente¸ del tempo ebraico in cui viveva Gesù¸ non dico ebraico eterno. “questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio¸ nostro salvatore”. Qui c’è¸ come vedete¸ il cristianesimo che è ricostituente¸ incoraggiante¸ che lenisce e guarisce e non richiede decisioni drastiche¸ eroiche¸ tragiche perché Dio vuole che tutti gli uomini siamo salvati ed arrivino alla conoscenza della verità. C’è la quiete dello spirito. Quanti cristianesimi diversi esistono anche nel N.T. E questo nonostante tutto è il bello della tradizione cristiana che è piena di cose tra di loro contraddittorie che però¸ viste con occhio benevolo e intelligente possono coordinarsi l’una con l’altra. Non si può focalizzare l’attenzione soltanto su un aspetto ma non si può neanche ignorarlo del tutto. Secondo me¸ come vi ho detto tante altre volte¸ il bello del cristianesimo è proprio questa varietà e ricchezza che c’è al suo interno. Non solo la Lettera a Timoteo ma anche l’evangelista Luca¸ come tutta la Chiesa degli anni dopo il 70 non ha più accettato questa interpretazione di tipo decisionale – tragico che gli studiosi hanno ricostruito per il tempo di Gesù. E non sapendo come fare a gestire questa parabola¸ l’hanno trasformata in una lezione sul buon uso della ricchezza cercando di dire: “La ricchezza non è un male ma bisogna stare attenti¸ gestirla bene. Fatevi amici con la ricchezza che vi accoglieranno nelle tende eterne¸ siate fedeli nel poco”. Un po’ raffazzonate sono queste applicazioni che potrebbero anche risalire a frasi di Gesù¸ ma messe insieme… E tutto il discorso è stato trasformato in una moralistica esortazione ad usare bene le ricchezze e¸ nella sua impostazione globale¸ la liturgia in questa domenica ha preferito sottolineare questa dimensione che non è però quella originaria della parabola. Non so se Gesù¸ raccontando la storia dell’amministratore¸ oltre che chiamare a questo dovere della decisione coraggiosa intendeva anche tra le righe insegnare un modo intelligente di usare i soldi¸ non lo so¸ ma non penso in questo caso. E’ la Chiesa apostolica che è scomparsa ed è curioso pensare che¸ attorno agli anni 70¸ 80¸ quando viene scritto il vangelo di Luca e un po’ più tardi¸ quando viene scritta la Lettera a Timoteo¸ ormai quell’idea dell’urgenza non c’è più. Anzi¸ il cristianesimo vive come una pacifica forza di convincimento che trova nell’impero romano un ambiente adatto per espandersi pacificamente¸ ringrazia Dio e procede con serena calma e fiducia. E’ interessante¸ secondo me¸ tutto questo perché probabilmente questa alternanza la viviamo qualche volta anche noi nella nostra vita col passare degli anni. Perché sono cristiano? Perché ci credo? Perché ci credevo più prima? Perché adesso¸ alle volte¸ ci credo di meno? Per quale ragione io accetto di essere cristiano mentre la maggioranza dice che è una religione sorpassata? Perché? Di volta¸ in volta anche noi daremo risposte differenti come sono quelle che si trovano nel N.T.