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Omelia VI PASQUA C del 13 Maggio 2007

La prima e la seconda lettura hanno il difetto o la caratteristica di avere saltato dei versetti¸ perché è bene che voi guardiate i numerini che stanno sotto il titolo della lettura; la prima lettura salta i versetti dal 3 al 21¸ che non sono pochi¸ la seconda lettura salta i versetti dal 15 al 21. Questo significa che per comprendere questi testi¸ che sono soltanto ridotti nella forma liturgica¸ bisognerebbe avere la pazienza ed il tempo di andarli a leggere nella Bibbia per intero ed allora è possibile ragionarci sopra con maggiore precisione e competenza. E’ una delle tante cose che se qualcuno lo desidera può chiedere che venga fatta nell’incontro pomeridiano di domenica prossima. Il Vangelo invece in questa domenica non è tagliato ed i versetti che noi leggiamo sono nella sequenza con cui li ha collocati l’evangelista. In domeniche precedenti e domeniche successive sarà invece tagliuzzato anche il Vangelo rendendone più complicata la spiegazione. Il Vangelo di oggi non è chiarissimo perché nel suo modo di scrivere questo quarto evangelista che chiamiamo Giovanni ha un suo stile che nessuno è veramente riuscito a comprendere se sia uno stile elevato o uno stile di uno scrittore poco capace¸ cioè se sia un pregio o un difetto quello che rende cosí contorta la stesura di questi brani giovannei. Nonostante questo c’è sempre qualcosa di profondo e di interessante in questi testi. Ci vuole un po’ di pazienza per cercare di trovarle queste idee interessanti. Per prima cosa direi che non bisogna dimenticare che questi brani sono presi dal capitolo 14 del Vangelo e di nuovo bisogna guardare i numerini che ci sono sotto il titolo. Il capitolo 14 significa che sono i discorsi che Gesù avrebbe pronunciato prima di essere arrestato¸ quando è uscito con i suoi discepoli dal cenacolo per recarsi nell’orto degli ulivi. E Giovanni colloca in questa passeggiata serale o notturna i discorsi dei capitoli 14¸ 15¸16 e 17. Questo significa che¸ per esempio¸ l’ultima frase “Avete udito che vi ho detto <Vado e tornerò a voi>” non si riferisce all’andare in cielo dell’Ascensione¸ come se questa frase fosse stata detta da Gesù risorto¸ come potrebbe essere indotto a pensare un cristiano che sente leggere questo testo dopo Pasqua nella liturgia. Questa frase è detta da Gesù che sta andando nell’orto degli ulivi dove verrà arrestato¸ dopo subirà la Passione¸ verrà crocifisso e salirà al Padre. Ma questo andare comprende il passaggio attraverso la croce¸ paradossalmente però il testo dice: “Se mi amaste vi rallegrereste che io vada al Padre”. L’evangelista vuole che noi pensiamo che gli apostoli hanno sentito questa frase un’ora prima dell’arresto di Gesù ed una ventina di ore prima della sua morte in croce. E Gesù ha detto loro: “Se voi mi amaste vi rallegrereste che io vada dal Padre attraverso la croce” e come se essi si sarebbero dovuti rallegrare nel vedere il modo tragico e doloroso con cui Gesù ha raggiunto il Padre. Questo è paradossale però è questo il senso del discorso nel Vangelo di Giovanni. I discepoli devono rallegrarsi perché Gesù¸ attraverso la Passione e la morte giunge a Dio e giunge come persona ubbidiente e devota perché va da Dio che è più grande di lui. Quindi come un servitore sottomesso¸ un inferiore rispetto al superiore. Voi capite che questo vuol dire rallegrarsi dell’umiltà con cui Gesù accetta il passaggio attraverso la croce perché¸ come si capisce da tante altra parole del Vangelo¸ e non solo del vangelo di Giovanni¸ nessuno può andare al Padre se non attraverso l’ubbidienza alla sua volontà la quale¸ nel caso di Gesù¸ comporta attraversare la Passione e la morte. “Vi rallegrereste”. Allora voi capite che la prima riflessione da fare è questa: Gesù ci invita¸ a differenza di quello a cui ci porterebbe la nostra sensibilità naturale¸ ci invita a rallegrarci del fatto che si debba passare durante la vita attraverso la sofferenza e alla fine della vita attraverso il tragico passaggio della morte perché lui ci è passato e per lui questa è stata la via per arrivare al Padre che è più grande. Voi capite che tutte la speranza tipica del cristianesimo secondo la quale la morte è un passaggio¸ un transito si basa su queste parole¸ su questa impostazione del Vangelo di Giovanni¸ perché se Cristo ha detto: “Rallegratevi perché vado al Padre in questo modo” è sottintesa la parola “In questo modo” ma è evidente dallo scorrere del testo evangelico che al termine di questo discorso pone l’arresto¸ il processo¸ la passione e la morte alla fine della quale il Gesù giovanneo dice “Tutto è compiuto” cioè quel che occorreva è stato fatto¸ quel che era necessario è stato compiuto. Allora capite che è sulla base di questo che il faticare¸ la rinuncia¸ l’accettazione della sofferenza e la morte sono diventate nella visione cristiana della vita realtà che bisogna saper guadare con occhio di speranza¸ con occhio positivo. A differenza di molti filosofi che hanno visto soltanto la negatività della morte o hanno cercato di rimuoverla¸ il cristianesimo la prende di faccia¸ la affronta e la affronta come un necessario passaggio nel quale l’uomo è vincitore¸ l’uomo vivo. Questo è il grande paradosso della Pasqua: “Signore nostra vita¸ Signore nostra risurrezione”. Come si dice nel prefazio bisogna rallegrarsi soprattutto in questo tempo nel quale Cristo nostra Pasqua è risorto non dimenticando che si gioca sul fatto che la parola Pasqua la Pesah degli ebrei viene interpretata come il “oltrepassare con un salto” perché sapete che la Bibbia ebraica interpreta il nome Pasqua con una etimologia filologicamente infondata ma che ha un suo significato dicendo che deriva dal verbo che significa saltellare¸ danzare per cui la Pasqua è lo scavalcamento del Mar Rosso per gli ebrei¸ della morte per i cristiani. Cristo nostra Pasqua¸ nostro salto in avanti¸ “Per arrivare al Padre che è più di me”. Vedete questa è un’impostazione caratteristica della sensibilità cristiana¸ questa è la trasformazione benefica e salvifica del nostro modo di procedere nella vita “Come esseri per la morte” come diceva Heidegger ma che non vengono spaventati¸ o limitati¸ o condizionati più di tanto dalla morte perché sanno che è la via per giungere al Padre. “Rallegratevi”. Se da Cristo e dalla sua vicenda non si ricava questa trasformazione nei confronti dell’esito finale della esistenza terrena che poi si riflette su tutto il modo di concepire le cose che capitano nell’esistenza terrena perché è questo che ad un certo punto aiuta a relativizzare¸ a selezionare¸ a scegliere¸ a fare quella che spesso si chiama la gerarchia dei valori¸ a decidere di che cosa ci si debba rattristare e di che cosa ci si debba rallegrare. Cioè capite che è rivoluzionario questo modo di parlare è detto dall’evangelista in maniera molto semplice¸ ma è un’idea fondamentale¸ è l’essenza dello spirito pasquale della sensibilità cristiana. Che evidentemente non ha nulla le ansie¸ le paure¸ i batticuori che fisiologicamente e psicologicamente noi dobbiamo ancora avere¸ non ci obbliga neanche a desiderarla questa morte¸ ci obbliga a convivere con una doppia prospettiva: quella istintiva¸ naturale che rifugge dal morire¸ quella più elevata¸ quella più intelligente¸ più spirituale¸ più umana¸ più sveglia che dice “Ma nella morte rimane la presenza di Dio perché suo Figlio l’ha attraversata quindi non è qualcosa di negativo”. In questo senso possiamo interpretare¸ forse in maniera un po’ elastica “Se uno mi ama¸ osserva la mia parola¸ il Padre mio lo amerภverremo a lui e prenderemo dimora presso di lui e quando io muoio il Padre dimora in me che muoio¸ ma anche prima: quando io sono sconfitto¸ quando ci perdo¸ quando fallisco¸ quando le cose mi vanno male. Sto attraversando un passaggio verso qualche cosa che è più grande e che già dimora in me”. Ecco vedete questa è probabilmente la pace che Cristo ci dà “Non come ve la dà il mondo la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore”. E’ l’eliminazione del timore la pace che Cristo dà. E su questa espressione per cui Cristo dà la pace non come la dà il mondo ci sono pensatori contemporanei che hanno elaborato addirittura una costruzione di pensiero per spiegare la natura della religione. Cioè è stata valorizzata forse fino all’eccesso questa frase di Giovanni “Non come ve la dà il mondo” anche per aiutare una interpretazione di tipo politico¸ con risvolti politici¸ sulla differenza che ci può essere tra gli sforzi appunto politici di ottenere la pace e la via di Cristo per arrivare alla pace. E molti ritengono che c’è una antitesi insuperabile tra le due strade¸ ma di questo non c’è proprio tempo di parlare in questa omelia¸ è un tema che bisogna rimandare ad altre occasioni. Per adesso mi basta dire che questa pace può avere un significato più limitato che è questo: è la riconciliazione con la fatica di vivere¸ la riconciliazione con gli insuccessi¸ con quella mistura di bene e di male che continuamente ci accompagna che è l’attraversare. La vita è qualcosa che si attraversa¸ si prende quel che c’è buono e si subisce anche quel che c’è male e¸ in tutto questo¸ ci si rallegra perché è un cammino che va verso qualcosa che vale di più. Questa è la pace. Lo Spirito di Cristo è colui che suggerisce ogni giorno alle persona di non dimenticare questa parola e questa strada che Cristo ha comp