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Omelia IV QUARESIMA C del 18 Marzo 2007

Per ragionare su questa parabola si potrebbe fare un corso monografico all’interno di un seminario perché¸ intanto è una parabola complessa e poi è stata iper-commentata ed ognuno l’ha tirata dalla sua parte per servirsene allo scopo avallare le sue tesi su diversi argomenti. Quindi è una delle parabole più strumentalizzate del vangelo proprio perchè è piena di tanti particolari interessanti e¸ a seconda di quello che si sottolinea¸ può essere finalizzata a diversi scopi. Comprende¸ a differenza di altre parabole che sono più lineari e semplici¸ almeno tre atti fondamentali: la partenza del ragazzo che sperpera tutti i suoi beni ed il suo ritorno¸ l’incontro del padre con il ragazzo che torna e la terza parte¸ che solitamente viene trascurata¸ come se non esistesse mentre probabilmente è la più importante¸ il dialogo tra il padre ed il figlio maggiore. Non voglio fare tutta la storia dell’esegesi di questa parabola. I padri della Chiesa vedevano nel figlio minore Adamo che abbandona il paradiso terrestre¸ vaga per il mondo e dissipa l’immagine di Dio che ha ricevuto¸ per dire. Nei commenti a noi più vicini e più recenti direi che si sono succedute almeno due sottolineature alle quali¸ per fare anch’io l’originale¸ vorrei aggiungerne una terza. La prima è quella che è stata in voga in tutta l’epoca post tridentina¸ fino alla seconda guerra mondiale. Quelli che hanno la mia etภquando erano giovani e sentivano predicare su questa parabola¸ sentivano che l’insistenza era sul figlio minore che è scappato di casa¸ ha speso i suoi beni poi si è pentito ed è ritornato. Infatti allora si parlava della parola del figliol prodigo¸ che è il titolo tradizionale della parabola. E tutta la predicazione attorno a questa parabola serviva per infondere fiducia al peccatore che si vergognava delle sue colpe¸ che temeva di non poter essere riaccolto perché c’era una sanzione pubblica contro di lui e che rischiava di cadere nella disperazione. Ed allora gli si dava coraggio dicendo: “Abbi fiducia¸ c’è molta bontà nella Chiesa¸ vedrai che Dio ti riaccoglie”. Ed era l’invito ad avere il coraggio di pentirsi¸ è la spiegazione più tradizionale. Negli esercizi spirituali¸ nella preparazione alla confessione si cercava di inculcare questa fiducia: “Non deprimerti¸ non avere vergogna¸ confessa il tuo peccato¸ troverai comprensione”. Ditemi voi se tutto questo ha ancora senso oggi! C’è ancora oggi¸ secondo voi¸ qualcuno che si vergogna del suo peccato¸ che è preoccupato¸ teme di non essere accolto? C’è qualcuno nelle carceri¸ alcuni carcerati¸ ed infatti il Papa stamattina è andato a dire messa in carcere. Perché questa interpretazione del figliol prodigo come persona a cui di deve dare coraggio “Presentati¸ vedrai che ti perdonano”¸ serviva in un contesto sociale come quello che è tramontato dopo la seconda guerra mondiale¸ in cui certe colpe¸ m molte colpe¸ venivano condannate da un consenso sociale diffuso per cui chi le aveva commesse veniva guardato con sospetto¸ emarginato¸ etichettato come il delinquente¸ il peccatore¸ il traditore¸ l’apostata¸ l’immorale¸ era caratteristico della cosiddetta morale borghese¸ la quale¸ secondo alcuni¸ badava soprattutto all’apparenza più che alla realtà per cui se una persona aveva commesso dei peccati che erano tenuti a notorietภquella persona era segnata a dito. E c’era l’emarginazione spontanea tra la gente. Tutto questo è completamente scomparso¸ non serve più. La gente non ha nessuna vergogna delle sue colpe¸ dei suoi peccati¸ tranne forse in qualche rara frangia marginale ma la disonestà viene tranquillamente sopportata. C’è gente che si vanta delle sue braverie¸ non ha più senso oggi¸ dove sono i figlioli prodighi? Forse esagero¸ ma è vero perché di fatto¸ a partire dagli anni immediatamente seguenti alla seconda guerra mondiale¸ negli studi esegetici e teologici hanno cambiato il titolo della parabola¸ è diventata la parabola del padre misericordioso¸ non del figlio ma del padre¸ cioè il vero protagonista è la figura del padre. Anch’io negli anni passato ho più volte spiegato la parabola in questo modo¸ che permette la possibilità di riflessioni molto serie¸ per caritภma anche qui bisogna rendersi conto che la sottolineatura della misericordia del padre¸ del quale si diceva¸ ed è vero perché cosí è il suo comportamento¸ che il padre è disposto a dimenticare completamente. Quando il figlio torna a casa dice: “Tutto come prima¸ non raccontarmi niente¸ non se ne parla più¸ chiuso”. E’ la dimenticanza. Questa esegesi della dimenticanza¸ di cui il padre della parabola diventa il modello esemplare¸ continuava ad essere attribuita anche al disegno di Dio¸ ma soprattutto veniva suggerita alle comunità cristiane perché fossero in grado di raccogliere dimenticando e restaurando¸ reinserendo la persona nella medesima¸ identica dignità in cui si trovava prima. Era un avvalorare l’indulgenza che già esisteva nell’esegesi del figliol prodigo. A mio parere bisogna riconoscere che questo modo di predicare¸ è quello di don Primo Mazzolari¸ è stato caratteristico dell’immediato dopoguerra¸ e non c’è solo don Mazzolari. Ha avuto una sua funzione¸ era coerente a dei bisogni sociali dell’epoca e cioè che bisognava dimenticare gli orrori della guerra¸ bisognava smetterla di andare a cercare i colpevoli¸ bisognava cancellare e distruggere i dossier nei quali era segnalato il colpevole. Nei registri del Comune di Cremona dello stato civile negli atti di morte¸ sono stati cancellati con la scolorina le circostanze ed i responsabili dell’uccisione di alcuni fascisti. L’ho visto di persona. C’è stata anche una cancellazione materiale¸ capite¸ non è semplicemente la cancellazione della memoria. Ed era una cosa doverosa perché altrimenti non ci sarebbe stata la ricostruzione e la riappacificazione. Bisogna perdonare la Germania ma quel perdono della Germania venne fatto nell’immediato dopoguerra¸ in maniera drammatica. Anche in Italia bisognava perdonare i fascisti e perdonare i partigiani per i loro eccessi¸ che erano da entrambe le parti. Adesso¸ ogni tanto¸ c’è un revisionismo di questo atteggiamento¸ vedi le foibe. L’Unione Sovietica è stata perdonata di corsa¸ con la caduta di muri e l’avanzamento dei commerci. E’ la misericordia che cancella. Anche di questa oggi non c’è più bisogno perché ce n’è fin troppa. Allora¸ vengo al terzo punto che¸ secondo me¸ è quello dimenticato ma più importante per l’evangelista e per noi¸ e cioè il secondo figlio¸ quello che veramente nella tradizionale spiegazione della parabola¸ è sempre additato come una persona spregevole perché il secondogenito che torna è abbracciato¸ accolto¸ rivestito¸ baciato. Il padre¸ che effettivamente è un po’ rimbambito viene invece ammirato per la sua generosità di cuore¸ apertura. Il figlio maggiore¸ che è l’unica persona seria della parabola¸ che ha lavorato per tutta la vita in casa¸ che non è stato neanche cortesemente avvertito mandando un servo a dirgli in campagna: “Guarda che è tornato tuo fratello” per cui¸ secondo il testo¸ lo viene a sapere perché sente le musiche¸ e chiede ad un servo: “Ma che cosa succede in casa mia!”. Questo poveruomo che è l’unica persona rispettabile della parabola è sempre stato considerato la parte negativa. E con questa esegesi bisogna piantarla perché quello di cui c’è bisogno oggi è la valorizzazione delle persone come l’ultimo servo che fanno il loro dovere¸ che stanno al loro posto¸ che protestano con educazione e rispetto parlando con il padre¸ che non replicano a quello che il padre dice per giustificarsi¸ che pensano per loro conto e rimangono nel silenzio e continueranno a fare il loro dovere. Io penso che anche a Luca piacesse di più il figlio maggiore del padre e del figlio minore e ho l’impressione che la predicazione che oggi si dovrebbe fare su questa parabola è quella di valorizzare queste figure come modello del comportamento che Gesù Cristo voleva suggerire raccontando questa storia. Perché alle follie giovanili di un adolescente scapestrato si può anche perdonare con la generosità del padre¸ ma nulla¸ né il giovane scapestrato né il padre indulgente sono modelli per una ricostruzione e per un mantenimento in vita di una società buona¸ ma la tenacia del figlio maggiore che continua a lavorare in silenzio e accetta le umiliazioni. Sono esattamente le virtù squalificate come borghesi del figlio maggiore¸ quelle di cui si ha tutti l’impressione che ci sarebbe grande bisogno soprattutto in Italia. Perché¸ vedete¸ la grande misericordia¸ il perdono totale serve per risolvere i grandi delitti¸ le grandi colpe¸ ma per le piccole trasgressioni che accumulandosi rovinano la vita quotidiana non c’è nessun bisogno di ricorrere alla misericordia¸ si deve invece ricorrere alla severitภal rimprovero¸ al moderato e doveroso castigo. Non ci vuole misericordia per chi col temperino taglia i sedili dei treni¸ per chi sporca i muri con la vernice¸ per chi è maleducato¸ per chi guida ascoltando il telefonino all’orecchio¸ compresi alcuni autisti di pullman. Non ci vuole misericordia per questo¸ non c’è nessun bisogno di sprecare la misericordia per l’inciviltà. Ecco perché¸ e scusate se mi sono un tantino accalorato¸ io direi che è ora di finirla sia col figliol prodigo sia col padre misericordioso e prendere atto che in questo vangelo ci viene detto che dobbiamo tornare ad essere le persone oneste che coltivano le piccole virtù quotidiane perché per fortuna non c’è sempre bisogno dei grandi atti di misericordia e coraggio ma c’è bisogno della fedeltà alle virtù modeste: la puntualitภla correttezza¸ la buona educazione¸ la sinceritภil rispetto delle cose¸ il riguardo verso gli anziani e verso i bisognosi¸ la correttezza nell’usare il denaro. Di queste¸ che sono le virtù del figlio maggiore¸ c’è bisogno oggi.