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Omelia IV DOM. T.O. C del 28 Gennaio 2007

La seconda lettura è certamente il testo più importante di questa messa e ci serve come punto di partenza per le nostre riflessioni ed in qualche modo potrà avere qualche collegamento con il brano del Vangelo¸ meno con la prima lettura ed il salmo. E’ il famoso capitolo 13 della Prima Lettera ai Corinti che contiene quello che spesso si chiama l’inno alla carità. E’ un testo molto interessante ed è interessante anche perché mette in relazione¸ sia pure in maniera appena accennata¸ il rapporto tra la carità e la veritภche è uno dei temi più complessi nell’esperienza religiosa¸ nella vita della Chiesa e di cui anche in fatti recenti si può avere avuto una prova di questa tensione tra verità e caritภche è ineliminabile e difficilmente potrà essere risolta con delle formule facili. Innanzi tutto Paolo considera la carità una realtà interiore che deve servire per la formazione della persona indipendentemente o prima delle sue attività esterne. La contrappone¸ infatti¸ a dei doni¸ a delle doti¸ che possono essere di natura o di grazia¸ che riguardano l’atteggiamento verso l’esterno. Parlare le lingue degli uomini e degli angeli¸ avere il dono della profezia¸ possedere la fede cosí da trasportare le montagne¸ distribuire le sostanze in elemosina¸ c’è anche una quarta cosa che è talmente oscura che ci vorrebbe una lezione intera per andarcene fuori: “dare il corpo per essere bruciato”¸ e la lasciamo da parte soltanto perché è di oscura interpretazione. Ma tutte queste cose sono azioni¸ sono opere che l’uomo può compiere. “Tutte queste opere” dice san Paolo “qualora mancasse la caritภnon hanno senso¸ non hanno valore”. Il primo paragone non è chiarissimo ma fa capire: sono come uno strumento musicale che suona a casaccio¸ che non segue una melodia¸ è come un bronzo che si limita a risuonare ma senza ritmo¸ come un cembalo che tintinna senza ritmo. Quindi sono cose a cui manca l’interna animazione per cui secondo Paolo la prima cosa che il cristiano di Corinto¸ al quale lui scrive¸ è di curare¸ di creare questa interiore formazione. E questo mi pare che sia già un pensiero che è ovvio¸ penso che tutti lo condividano e che cioè è una persona¸ prima di tutto deve costruire la sua interioritภpotete usare altre parole¸ il suo sistema di valori¸ la sua concezione della vita¸ perché se non c’è questo le opere esterne risultano di superficie e non hanno consistenza. La carità è esattamente la parola sintetica di questa costruzione di una personalità cristiana. E quando Paolo elenca le caratteristiche della caritภnei versetti che seguono mescola o meglio¸ organizza insieme affermazioni positive¸ che sono sei in tutto o sette se si vuole¸ e affermazioni negative. Le positive sono: paziente¸ benigna¸ si compiace della verità e poi ci sono le quattro: copre¸ crede¸ spera¸ sopporta tutto. Le negative sono quelle al centro: non invidiosa¸ non si vanta¸ non si gonfia¸ non manca di rispetto¸ non cerca l’interesse¸ non si adira¸ non tiene conto del male ricevuto¸ non gode dell’ingiustizia. Sembra una classificazione scolastica¸ priva di interesse¸ ma secondo noi è invece una cosa molto intelligente perchè ci avverte che la prima cosa da fare per costruire la propria personalità è rendersi conto che noi siamo tutti manchevoli¸ difettosi¸ che abbiamo delle cose che vanno in principio corrette. Occorre eliminare le tendenze che non sono corrette. E’ un pensiero del quale l’antichità non aveva dubbi¸ tutti l’avrebbero accolto nella concezione antica dell’uomo. Io non me ne intendo di scienze dell’educazione ma ho l’impressione che anche qui ci sono state le solite svolte copernicane per cui adesso la maggioranza pensa il contrario¸ cioè se uno fa quello che spontaneamente sente¸ è nel giusto e l’idea che la prima cosa da fare sia individuare la mancanza da rattoppare e da correggere sia appunto un’idea antiquata¸ moralistica detta in senso dispregiativo¸ non corrente con le moderne scienze pedagogiche. Può darsi che sia cosí. San Paolo è un uomo dell’antichità e un credente continua a prenderlo sul serio nonostante il progresso delle scienze umane. E allora io direi che un cristiano deve domandarsi¸ dietro la spinta di San Paolo¸ se non sia ancora valido questo criterio che nel costruire la propria personalità interiore sulla base della caritภche come poi San Paolo dice è la più importante delle attitudini dello Spirito¸ perché fede e speranza scompariranno¸ mentre la carità rimane per sempre¸ cioè è quella che identifica la persona e uno per avere questa qualifica della carità deve incominciare a tamponare i possibili difetti della sua spontanea interiorità che sono l’invidia¸ il vanto¸ il gonfiarsi che è molto simile al vanto¸ potrebbe essere l’orgoglio che è leggermente diverso dalla vanitภl’egoismo¸ l’interesse¸ l’ira¸ l’attaccamento al ricordo del male ricevuto¸ che forse non abbiamo una parola sola per designarlo¸ il compiacimento dell’ingiustizia cioè l’attrattiva dell’ingiustizia¸ ad imbrogliare ci si guadagna. Può darsi che l’elenco debba continuare. San Paolo scrive di getto¸ è una lettera occasionale¸ non è un filosofo che ha accuratamente studiato come comporre questo elenco e infatti io non insisterei sui particolari¸ insisterei sulla regola di base. Cioè la prima cosa da fare è tenere a freno delle tendenze spontanee che possono essere contraddittorie e dannose. Sistemate queste si può lasciare libera strada al positivo e il positivo è paziente¸ benigno¸ si compiace della veritภtutto copre¸ tutto crede¸ tutto spera¸ tutto sopporta. Si potrebbero fare delle osservazioni anche critiche a questo schema descrittivo perché l’impressione è che la carità non sia molto attiva¸ ma sia piuttosto una specie di “lasciar correre¸ lasciar succedere¸ lasciar spazio all’altrui libertà” perché copre¸ spera¸ crede¸ sopporta¸ paziente¸ benigna. E’ curioso tutto questo perché Paolo non la descrive come un qualcosa di reattivo¸ ma piuttosto come un equilibrio interiore che permette di rimanere¸ non dico impassibili come avrebbe detto uno stoico contemporaneo di Paolo¸ ma benevolmente aperti a quello che accade e che le libertà altrui creano e costruiscono. Una specie di situazione di benevola attesa¸ di benevola presa d’atto. Si può discutere su tutto questo¸ bisognerebbe approfondire il testo però mi pare che sia corretto quello che sto dicendo¸ cioè che il quadro che Paolo¸ come ho detto in maniera probabilmente un pochino improvvisata¸ è questo: una pulizia interiore di base che cerchi di reprimere o sopprimere delle difettose tendenze della nostra interiorità che sembrano essere tutte accomunate dall’attenzione all’io. E questa specie di benevola aspettativa che usando l’altra parola potrei dire piena di speranza nei confronti dell’altro. Con tutto questo arrivo soltanto alla conclusione che ho già ripetuto tante volte nelle mie prediche¸ che questa parola “carità” non può mai essere tradotta con “amore”¸ come invece fa continuamente la Bibbia italiana¸ perché l’amore non ha niente a che fare con questo tipo di attitudine che Paolo descrive che è soprattutto un razionale equilibrio. E questa è la caritภe tutte le volte che si parla di carità o quando si dice che Dio è carità si intende questo: questo razionale equilibrio¸ questo controllo che evita la sopravvalutazione di sé e la sottovalutazione dell’altro. Questa posizione si chiama carità. E’ qualcosa¸ ripeto¸ che va costruito con pazienza. Un problema collaterale¸ che è presente nella seconda parte del testo¸ è il rapporto della carità con la verità e questo posso purtroppo soltanto accennarlo. Ed è un rapporto però che è presente anche nel testo del Vangelo. Io vorrei porvi la domanda: secondo voi¸ il Gesù descritto da Luca a Nazareth¸ il quale interrompe una situazione di pacifica e gioiosa comunicazione “Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca” e lui butta all’aria tutto e dice: “Mi direte <Medico cura te stesso>¸ nessun profeta è accetto in patria. Guardate che come Eliseo ed Elia io mi occuperò di altri e non di voi” e crea un conflitto. E la mia domanda è questa: Gesù si è dimostrato pieno di carità nel fare questo? Ci pensate su e rispondete per vostro conto. E’ un’attitudine caritatevole quella che viene attribuita a Gesù nella sinagoga di Nazareth? E’ stato paziente? E’ stato benigno? E’ vero che avevano insinuato “Non è il figlio di Giuseppe?”¸ ma la carità tutto spera¸ tutto copre… Ha fatto cosí Gesù? Io vi lascio questa domanda perché questa domanda pone un problema che non ho nessuna possibilità di trattare¸ perché mi occorrerebbe un altro quarto d’ora¸ del rapporto tra l’appello alla carità che tutto spera¸ tutto crede¸ tutto sopporta¸ tutto acquieta e l’urgenza della verità che qualche volta esige di contrapporsi¸ di denunciare¸ di polemizzare per sostenere il vero contro l’errore. Carità e verità sono difficilissime da comporre. Vi faccio ancora delle domande¸ poi¸ come domenica scorsa¸ qualcuno verrà giustamente a dirmi: “Le sue conclusioni non sono chiare¸ ci lasciano con le idee confuse”. E’ perché le ho confuse anch’io¸ non è colpa di nessuno¸ però mi domando: quando la Curia di Roma ha negato il funerale religioso a Welby¸ si è comportata con carità o ha fatto prevalere la verità diminuendo il grado di carità? Se avesse fatto il contrario sarebbe stata più caritatevole? E accontentare la richiesta di Welby¸ come fece il medico cremonese¸ è stato un atto¸ lui è laico lo so ma io lo giudico con le mie categorie cristiane¸ è stato un atto di carità? E questa carità ha soppesato a sufficienza la difesa della verità? Quale verità? Che nessuno è padrone della propria vita. Ecco perché dicevo all’inizio che questo testo sulla carità non è cosí estraneo da problemi che stiamo vivendo nel nostro mondo. Probabilmente dobbiamo accettare che non ci sarà mai una risposta netta e precisa a queste cose¸ per questo ho osato perfino farvi la domanda: ma Gesù è stato un uomo di carità? Il Gesù vero non so cos’abbia fatto ma il Gesù che Luca ha configurato in questo testo è un esempio di carità o è un esempio di provocazione per insinuare una ricerca di verità? L’universalismo della salvezza contrapposto all’egoismo dei nazaretani che dicevano: “Sii prima di tutto il nostro salvatore”. “No¸ io sono di tutti ed¸ eventualmente¸ se c’è qualcuno che non faccio in tempo siete voi”. Ecco¸ il grande problema¸ ma avremo tempo altre volte di tornarci sopra¸ è proprio questo: carità o verità.