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Omelia XXXI DOM. T.O. B del 5 Novembre 2006

Omelia 5 novembre Questa è probabilmente l’unica disputa nella quale il Signore si trova d’accordo con chi lo ha interrogato e chi lo ha interrogato si trova d’accordo con lui. In tutti gli altri casi la disputa termina con una piccola nota di conflitto e mi pare che sia una opportuna scelta narrativa da parte di Marco¸ perché sarebbe stato davvero incongruo¸ dopo aver parlato dell’amore di Dio e del prossimo¸ presentare un disaccordo fra Gesù e chi lo aveva interrogato. D’altra parte l’altra ragione per cui questa volta lo scriba si complimenta con Gesù¸ cosa ripeto che accade solo in questo caso¸ è perché Gesù non ha fatto che ripetere una parola del Deuteronomio¸ quella di amare il Signore con tutta la forza e tutta l’anima ed una frase del Levitico: “Amare il prossimo tuo come te stesso” che qualunque ebreo sarebbe stato in grado di citare e che qualunque ebreo avrebbe detto allo stesso modo. Cioè in questo caso quello che dice Gesù non rappresenta niente di straordinario o nessuna particolare novità. Penso che non ci sia religione al mondo che¸ almeno a parole (poi i fatti sono diversi) ma¸ almeno a parole¸ non affermi che le cose più importanti sono amare Dio e amare il prossimo. Non oso dire che è una banalitภma certamente è una ovvietภè naturale che sia cosí. Quindi non è affatto un brano importante¸ originale¸ profondo¸ straordinario¸ come alle volte si sente dire¸ è il minimo che si possa dire se si è persone religiose ed¸ in particolare¸ se si è dei buoni ebrei: amare il Signore con tutto sé stessi ed amare il prossimo come sé stessi. Immagino che nessuno vada in giro ad insegnare cose diverse da queste¸ a qualunque religione appartenga. Il problema è un altro. I problemi sono molti suscitati da questo testo¸ ma il primo è questo: viene usata la stessa parola amare sia quando si parla di Dio¸ sia quando si parla del prossimo e la parola è la solita parola che il N.T. ha scelto per indicare “amare” un verbo che¸ come abbiamo già accennato in altre omelie¸ è quello di cui si e occupato il papa nella sua prima enciclica. E’ il verbo che dovrebbe designare l’amore come Gesù lo pensava e come i suoi discepoli cercano di praticarlo. Ma se voi ci pensate un momento¸ vi rendete conto che dire la stessa parola amare rivolgendola a Dio e rivolgendola al prossimo non ha molto senso. Perché l’amore del prossimo è molto diverso dall’amore che si dovrebbe dare a Dio. Amare il prossimo cosa significa? Può significare amare non il prossimo in genere ma amare qualcuno in particolare¸ perché è una persona bella¸ adorabile¸ splendida¸ buona¸ generosa: l’amore che nasce dall’ammirazione. Per questo tipo di amore in greco si usa un altro verbo che è appunto quello dell’eros. Certamente Dio lo si può amare in questa maniera perché è lo splendore della bellezza¸ la sublime intelligenza. Ma quando si dice: “Amare il prossimo tuo come sé stessi” ci si riferisce al prossimo che non merita più di tanto di essere amato. In ogni caso bisogna includere nell’amore del prossimo anche coloro che prossimi a noi… Gesù¸ addirittura¸ dice che bisogna amare i nemici¸ non arriverei a tanto¸ però certamente l’amore del il prossimo include l’amore verso colui che è antipatico¸ con il quale non andremmo d’accordo e dobbiamo invece sforzarci di essere con lui tolleranti¸ pazienti¸ misericordiosi¸ perdonare¸ lasciare correre. E si può usare la stessa parola nei confronti di Dio? Amare il prossimo è ben diverso dall’amare Dio¸ Dio non è una persona¸ un essere che si debba pazientemente sopportare¸ con il quale essere indulgenti¸ perdonare¸ lasciar correre¸ è il contrario. Cioè l’amore del il prossimo esige uno spirito di tolleranza¸ di indulgenza¸ un passar sopra ai difetti. Dio¸ per definizione¸ non ha difetti. Non è molto illuminante usare la stessa parola per indicare l’attitudine doverosa verso il prossimo e quella verso Dio. Molte altre volte il prossimo lo si ama perché è bisognoso e lo si soccorre¸ e qui è proprio il contrario perché Dio non ha bisogno di essere soccorso ed aiutato¸ ma eventualmente¸ al contrario è colui che aiuta e soccorre. Perché viene usata la stessa parola? Non aiuta molto nella vita usare lo stesso termine: amare Dio¸ amare il prossimo¸ non ha molto senso. Evidentemente bisogna avere l’acume mentale del distinguere e dire che si usa lo stesso termine ma in realtà si intendono attitudini dello Spirito molto differenti¸ in qualche caso addirittura opposte perché¸ ripeto¸ l’amore del prossimo implica la benevola tolleranza del male¸ perché per amare il prossimo bisogna sorvolare sui difetti e sulle cattive azioni. Molte volte amare il prossimo significa voler bene ugualmente a chi è cattivo e questo assolutamente di Dio non lo si può dire. Questo soltanto per incominciare. Bisognerebbe avere molto tempo per riflettere su queste cose. La teologia classica si è adoperata in varie maniere per cercare di dimostrare che si possono unificare questi due tipi di amore¸ a mio parere senza riuscirci. Sono state presentate varie formulazioni per cercare di far coincidere¸ come esperienza della persona¸ questi due modi di amare¸ ma i risultati mi pare che non siano convincenti. Io mi fermerei adesso soltanto sul punto principale visto che nel testo si sviluppa di più il tema dell’amore di Dio che non quello dell’amore del prossimo¸ io mi porrei la domanda: cosa vuol dire amare Dio? Cosa deve provare una persona dentro di sé nei confronti di Dio per dire che lo sta amando. Non voglio ripetermi ma mi pare di avere illustrato che è moto più facile descrivere cosa può provare una persona quando si sforza di amare il prossimo. Alle volte prova attrazione ed entusiasmo¸ ma nella grande maggioranza dei casi¸ come ho appena detto¸ prova forza d’animo¸ pazienza¸ fermezza nel non lasciarsi disturbare dai difetti del prossimo. Quando ama Dio¸ cosa prova¸ cosa sente¸ cosa succede¸ come dice Marco¸ nel cuore¸ nella mente¸ nella forza? Cosa succede nell’anima dell’uomo quando ama Dio? Io non so rispondere a tute queste domande¸ le pongo come sempre e poi lascio a voi di cercare la risposta. L’A.T.¸ per esempio anche il Nuovo¸ ma soprattutto l’A.T.¸ usa alle volte altri verbi. Già nella prima lettura vi siete accorti che¸ in parallelo con l’amore¸ c’è un altro verbo frequentissimo: “Temi il Signore tuo Dio” e poi¸ dopo due righe¸ “Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore”. Temere¸ che poi vuol dire venerare¸ rispettare¸ onorare¸ altre volte si usa conoscere: la conoscenza di Dio. Quante volte in san Giovanni¸ nel Vangelo¸ nei confronti di Dio si dice conoscere¸ anche amare¸ ma conoscere. Temere e conoscere dicono qualcosa di più. Anche il prossimo merita alle volte di essere conosciuto e oggi insistiamo molto su questo aspetto. In genere però non è giusto che il prossimo venga temuto e il rispetto e l’onore che si deve al prossimo è molto inferiore¸ mi pare¸ a quello che si dovrebbe dare a Dio. Ecco¸ questo per suggerire quanto è necessario che ricorriamo probabilmente a dei sinonimi¸ a delle altre parole¸ per cercare di concretizzare questa natura dell’amore di Dio. Ed aggiungerei una parola in più che c’è nella Scrittura¸ sulla quale vorrei ricamare un attimo¸ è la parola cercare. E’ molte volte usata nell’A.T.: “Cercate il Signore”¸ sono due verbi in ebraico che vengono usati proprio per indicare questa ricerca del Signore che alcune volte significa cercare di sapere cioè interrogare. “Cercate il Signore ed Egli si lascerà trovare”. E’ una frase frequente nella spiritualità dell’A.T. A me pare che sia un modo più concreto¸ più specifico di esprimere cosa può significare amare. Ed a me questa parola piace perché¸ specialmente nel mondo di oggi¸ voi vedete che c’è una quantità di persone che sono del tutto indifferenti ai problemi religiosi¸ c’è una piccola percentuale di persone che ci credono e frequentano la Chiesa o le altre riunioni religiose¸ ma c’è anche un gruppo di persone¸ tra le quali a mio parere ci sono molti scienziati¸ i quali si domandano se sia utile¸ se sia doveroso¸ se sia logicamente corretto accettare l’ipotesi di Dio e cercare di capire. C’è il famoso libro “Ho cercato e non ho trovato”. Ho l’impressione che¸ nel mondo contemporaneo¸ amare Dio possa anche significare desiderare d’amarlo¸ indagare per essere sicuri che esista¸ domandarsi quale idea ci si può fare di Dio. E’ il Concilio Vaticano II che per la prima volta ha parlato di questi credenti¸ i quali lo sono proprio perché sono atei¸ in quanto negano delle idee convenzionali di Dio di cui non riescono a capire la sensatezza ed allora rifiutano queste immagini distorte o questi modi convenzionali di parlare di Dio perché¸ in realtภnel fondo dell’anima hanno un desiderio di conoscere¸ di arrivare alla verità autentica di Dio e lo cercano e magari non lo trovano. E’ vero che l’A.T. dice che si lascia trovare¸ ma non dice quando¸ non dice come. Secondo me questo è un modo di amare Dio¸ pensandoci spesso ed interrogandosi¸ lasciandosi turbare dai dubbi che nella cultura moderna è continuamente presente. Lo si rintraccia¸ per esempio¸ in molti ragazzi giovani¸ seri¸ intelligenti¸ pensosi che magari non trovano mai compagni con cui parlare di queste cose¸ perché gli altri sono distratti e superficiali¸ ma che nel loro cuore cercano. Quando il seminario ha aperto quel piccolo gruppo invitando le persone a cercare¸ quella piccola cosa che si fa al seminario e si chiama “Le 4 del pomeriggio”¸ nome che¸ vi ho già detto¸ è un po’ ridicolo¸ però¸ inaspettatamente¸ sono arrivate¸ non dico un gran che¸ però decine di giovani¸ di ragazzi. Sono persone che non hanno affatto le idee chiare e sicure ma cercano e questo è un modo di amare. C’è un altro modo di amare¸ devo accennarlo perché anche questo mi pare importante¸ che forse più che un modo di amare è un sentirsi amati ed è quello di coloro i quali credono già che Dio esiste ma ricercano ardentemente un contatto personale¸ aspirano a sentire qualcosa dentro di sé¸ a sentire Dio vicino. Ci sono molte persone¸ santi e non santi i quali attestano in loro biografie o in loro confessioni che ad un certo punto della loro vita¸ a forza di cercare¸ di desiderare (il cercare è sempre il punto di partenza) un giorno inaspettatamente… le frasi che loro adoperano in genere sono queste: “Ho sentito il cuore che si riscaldava. Ho visto una luce nella mia mente”¸ ed improvvisamente si sentono¸ direi¸ sentono la presenza di Dio in sé. E’ capitato ad una quantità di persone. C’è¸ per esempio¸ una confessione protestante che è nata in questo modo perché un santo pastore inglese si raccoglieva con amici¸ con studenti dell’università. Lui era insegnante¸ era pastore e professore. Leggevano la Bibbia tutte le sere ed ad un certo punto dice che ha sentito il cuore che si infiammava ed ha fondato una delle confessioni protestanti più gradevoli¸ il metodismo. I metodisti sono nati cosí¸ come prima lo erano stati i pietisti¸ parola che è diventata dispregiativa ma che in realtà indicava una cosa molto seria¸ gente che in casa¸ in famiglia legge¸ prega e sente qualcosa. Lo so che c’è il pericolo del sentimentalismo¸ ma non c’è niente di male nel sentimento¸ anche questo è un modo di amare Dio. Se volete¸ stanno all’opposto l’ateo che ricerca perché non rinuncia a cercare¸ il devoto che è arrivato a trovare e sente dentro di sé. Secondo me ognuno di noi deve interrogarsi¸ deve chiedere a sé stesso “Quando io continuo a ripetere come fanno tutti¸ senza pensare a quel che dico <Amare¸ amare Dio>¸ cosa mi succede di dentro? Cosa intendo che sia questo amore di Dio?” Secondo me¸ pensandoci¸ ognuno di voi troverà la soluzione che corrisponde alla sua persona.