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Omelia TUTTI I SANTI del 1 Novembre 2006

Omelia 1 novembre Sono più di quarant’anni che il giorno dei santi devo commentare le stesse letture che¸ tranne il Vangelo¸ non sono entusiasmanti e¸ quindi¸ quest’anno vorrei cambiare sistema e riflettere su una cosa più semplice e¸ cioè¸ cosa significa la parola santo¸ perché noi la adoperiamo in tantissime forme¸ continuamente usiamo l’aggettivo santo e la cosa forse più curiosa e che noi adoperiamo questa parola per nominare Dio ed anche per nominare tutte le altre creature che meriterebbero di essere onorate. Perché al centro della Messa noi ripetiamo tre volte la lode ebraica “Santo¸ santo¸ santo il Signore dell’universo” dopo di che usiamo la stessa parola per parlare di altre persone che chiamiamo ugualmente sante. E la cosa dovrebbe sorprendere perché¸ se è vero che Dio è al di sopra di tutto¸ diverso da tutto il resto¸ non sarebbe corretto usare la stessa parola per definire Dio e poi usarla per definire delle persona umane o¸ addirittura¸ delle realtภdegli oggetti¸ dei riti: la santa Chiesa¸ il santo Battesimo… Come mai si usa questa parola con questa molteplicità di significati senza distinguere o senza riservarla¸ come sembrerebbe forse opportuno¸ a Dio soltanto. Ecco¸ parto da questa piccola cosa per fare qualche riflessione. Il punto da cui partire è questo: il significato biblico del termine santo è la persona stessa di Dio. La parola santo¸ come facciamo nella Messa quando recitiamo il “Santo” è un modo per dire che Dio è al di sopra ed al di fuori di tutto¸ che Dio è diverso da tutto il resto¸ che Dio è Dio. E’ praticamente un sinonimo di Dio perché la santità è attributo di Dio. La Bibbia stessa¸ però¸ aggiunge¸ a partire da questo punto¸ segue due diversi filoni di pensiero o due diversi modi di praticare¸ prende nella maggioranza dei casi¸ specialmente nel culto l’A.T.¸ designa come realtà del mondo alcuni oggetti¸ alcuni luoghi¸ alcuni tempi¸ li sottrae all’uso quotidiano che noi ne facciamo¸ li consacra a Dio¸ li offre a Dio e¸ per conseguenza¸ li chiama santi¸ quasi come è santo Dio. Cioè consacra a Dio alcune realtภle rispetta¸ non le usa come si usano tutte le cose del mondo e crea la distinzione tra santo o sacro (se poi ci sia una differenza tra santo e sacro è problema anche questo complicato e sottile) e queste realtà diventano le realtà che ci rimandano a Dio¸ richiamano il pensiero di Dio¸ appartengono a Dio. E forse questo è il filone dominante nella cultura dell’A.T. Il sabato è santo perché in esso non si lavora ma ci si dedica a Dio. Il recinto del tempio è santo perché è luogo che è stato donato a Dio e gli appartiene. Molte altre realtภoggetti e persone¸ i sacerdoti sono santi perché si occupano del culto di Dio. Allora¸ in questo senso¸ santo significa colui che viene separato dal resto delle cose per essere dedicato a Dio. Ma c’è¸ anche nella Bibbia¸ un altro filone¸ forse meno dominante nella prassi ma molto presente nei testi¸ che fa un altro ragionamento e considera¸ per esempio¸ che tutta la creazione¸ siccome è opera di Dio¸ è santa. E non tocca a noi distinguere e designare certi oggetti come più vicini a Dio di altri perché tutto quello che Dio ha creato è santo. Ad esempio il primo versetto del salmo responsoriale di stamattina¸ pur non usando la parola¸ segue questa linea di pensiero “Del Signore è la terra e quando contiene¸ l’universo ed i suoi abitanti. E’ lui che l’ha fondata sui mari e sui fiumi l’ha stabilita”¸ secondo la vecchia idea che la terra poggia sulle acque. “Del Signore è la terra e tutto quanto contiene”. Questo filone¸ che considera tutte le cose che esistono come appartenenti a Dio¸ ha trovato uno sviluppo in alcuni antichi scrittori¸ soprattutto cristiani¸ i quali hanno osservato (la cosa potrà sembrare un po’ superficiale e banale¸ però è un’osservazione che è presente in molti scritti antichi)¸ hanno osservato che tutte le cose che esistono¸ loro non avevano cognizioni scientifiche e¸ quindi¸ giudicavano le cose secondo le apparenze¸ loro osservavano che tutte le creature¸ per esempio le stelle¸ sono più sante degli uomini nel senso che appartengono a Dio con maggiore prossimità di quanto non sia per noi uomini perché noi¸ pur essendo opera di Dio¸ lo dimentichiamo¸ disubbidiamo¸ lo offendiamo¸ seguiamo le nostre strade. Questo si trova scritto nei testi del secondo e terzo secolo¸ soprattutto cristiani¸ i quali dicono al lettore: Uomo¸ guardati attorno¸ tutto quello che Dio ha fatto gli è fedele¸ lo ubbidisce¸ il sole sorge regolarmente¸ alla sera lascia il posto alla luna¸ i venti soffiano¸ le nuvole si accumulano¸ la pioggia cade¸ il sole e la neve si alternano. Guarda gli animali i quali seguono regolarmente il loro istinto¸ agiscono come Dio vuole che facciano¸ seguono la loro natura. Cioè¸ l’idea che i fenomeni naturali¸ nella loro regolaritภil volo degli uccelli¸ per esempio¸ addirittura sapete che Lattanzio dice che quando gli uccelli nel cielo aprono le ali¸ senza saperlo fanno il segno della croce¸ sono immaginazioni poetiche¸ lo capisco¸ però sotto c’è un’idea che ha un suo fondamento nel pensiero teologico. Se è vero che Dio ha creato il mondo¸ e se noi crediamo che Dio ha creato il mondo¸ allora dobbiamo dire che le cose che meritano il titolo di sante¸ nel senso che sono appartenenti a Dio¸ fedeli a Dio¸ allora sono prima di tutto le realtà del creato. Soltanto l’uomo¸ qualcuno dice anche gli angeli¸ ma lasciamoli perdere perché non ne abbiamo conoscenza diretta¸ soltanto l’uomo si ribella e disubbidisce¸ soltanto l’uomo ha il potere di non essere più santo ed il dovere di ridiventarlo. E dovrebbe imparare questo dovere di ritornare all’ubbidienza nei confronti di Dio¸ osservando come tutto il resto delle creature osserva le sue leggi. E’ una visione poetica¸ ripeto che non corrisponde al modo scientifico con cui oggi noi guardiamo le cose¸ però è una riflessione che è stata molto presente nell’epoca originaria del cristianesimo e che prima che il punto di vista scientifico diventasse dominante ha orientato la spiritualità di una quantità di cristiani. Io ne so poco di queste cose¸ ma mi pare di capire che la popolare cultura religiosa dell’India¸ sia induismo che buddismo¸ ragionano ancora in questo modo. Per questo rispettano gli animali¸ le piante¸ tutti gli esseri viventi. Loro¸ addirittura¸ arrivano a dire: perché il loro insieme è la divinità. Noi distinguiamo. Però questa attitudine¸ io mi guardo attorno e vedo che¸ in fondo¸ tutto ha una sua intrinseca regolaritภche tutto tende a favorire lo sviluppo e la protezione della vita¸ sebbene ci siano conflitti e pericoli. Ed allora ecco che la natura diventa la santa opera di Dio. E¸ osservando tutto questo¸ l’uomo si rende conto di essere invece il trasgressore¸ il peccatore che ha il dono della libertà ma non sempre se ne serve per cercare di scoprire quello che Dio vuole da lui. Allora¸ in qualche modo si potrebbe dire che la natura¸ se volete per inerzia¸ perché non ha possibilità di uscir fuori dalle regole che ne dominano la vitalitภla natura è¸ in fondo¸ naturalmente ubbidiente e santa¸ l’uomo è colui il quale deve affidarsi alla sua libertà per cercare di tornare ogni volta ed essere santo¸ ammesso che santo voglia dire¸ come ho sostenuto fino ad ora¸ colui che appartiene a Dio¸ che condivide il progetto di Dio. E¸ in questo contesto¸ Gesù Cristo è colui il quale si è fatto uomo per insegnare a tutti gli uomini come è possibile recuperare l’appartenenza a Dio in una storia in cui l’umanità ha preferito molte volte la ribellione e la disobbedienza¸ quello che si chiama il peccato. Allora diventare santi può essere riassunto della famosa frase di san Paolo nella Lettera ai Galati “Cristo è morto¸ ma anch’io¸ in un certo senso sono morto¸ io come uomo ribelle¸ come uomo peccatore” - ma quello che dice questo è il Paolo che aveva perseguitato i cristiani - “e¸ adesso¸ Cristo vive in me”. E’ la famosa frase che avete sentito mille volte “Non sono più io che vivo¸ ma Cristo che vive in me”. Gli animali non hanno bisogno di questo¸ perché non hanno la possibilità di disobbedire e ribellarsi¸ basta che siano sé stessi e compiano quello che Dio creatore ha loro assegnato di fare. E¸ per questo¸ noi dobbiamo guardare con ammirazione¸ e la stessa cosa vale per piante¸ fiori¸ stelle “per l’infinito movimento delle galassie”. Noi siamo quelli che devono ricuperare perché rischiamo di perdere continuamente questo contatto con Dio. E allora devono molte volte frenare – non volete dire morire¸ dite frenare – sé stessi e dire come san Paolo “Non devo essere io con la mia autonomia che vivo¸ ma Cristo che vive in me”. A mio parere¸ mi pare di capire¸ ragionamenti di questo genere soggiacciono anche ad alcuni interventi che il Papa ha fatto recentemente¸ di cui tutti si sono accorti¸ cioè che bisogna trovare il modo che le conoscenze scientifiche non escludano ma ricuperino la possibilità di una dimensione interpretativa di tipo religioso di questa conoscenza dell’universo¸ che ricerca nazionale e fede tornino ad andare insieme. E la vera ricerca razionale oggi non è quella della filosofia che è morta¸ sepolta¸ e non ha più niente da dire a livello dei grandi sistemi ma è quella della scienza. Ed allora questa nozione di santità può essere utile. Io devo imparare dal mondo perché il mondo sa essere di Dio più di quanto non lo facciamo noi¸ perché usiamo male delle nostre idee e della nostra libertà. Imparare dal mondo ed imparare da Cristo sono due cose che stanno insieme perché Cristo mi insegna¸ mi aiuta¸ per questo si è fatto uomo¸ a ritornare a quell’obbedienza¸ a quella regolaritภa quell’ordine¸ a quel rispetto delle leggi intrinseche che regolano i rapporti tra le cose e che devono regolare anche i rapporti tra persone. Che cosa devo fabbricare? Che cosa devo distruggere? Che cosa devo conservare? Che cosa devo trasformare? Queste sono le grandi domande che il resto degli esseri naturale non si pone neanche¸ non può porsele. Noi ce le dobbiamo porre. Essere santi¸ oggi¸ significa¸ altro tema vi ricordate nel mese di settembre¸ significa prendere sul serio il dovere di salvaguardare il creato. Ecco perché la Chiesa non è che dica che occorre pregare ed impegnarsi per la salvaguardia del creato. Qualcuno dice “Lo dice per recuperare un po’ di credibilità nel mondo contemporaneo che non accetta più gli altri discorsi”. Può essere anche questo¸ ma la Chiesa lo dice perché ha capito che questo è vero¸ perché la natura è santa¸ è santa perché Dio l’ha creata con determinate funzioni che noi¸ presumendo della nostra intelligenza o della nostra mania di sperimentare a tutti i costi per ottenere subito risultati¸ rischiamo di violentare. Allora il Cristo che vive in me¸ e che non sono più io che vivo¸ non è soltanto il Cristo crocifisso¸ che ha patito¸ ma è il Cristo creatore¸ il logos di cui parla continuamente il Papa che è la ragione che regge la vitalità dell’intero universo.