» Home » Domande - Risposte   » Libro deglio ospiti    » Contatti  
Omelia XIX DOM. T.O. B del 13 Agosto 2006

Come avevamo già detto due settimane fa¸ dopo il racconto della moltiplicazione dei pani si legge in questo anno il capitolo VI del Vangelo di Giovanni che contiene il discorso¸ praticamente direi composto¸ inventato dall’evangelista perché Gesù nei Vangeli sinottici non parla mai in questa maniera cosí complicata¸ come risulta da Giovanni (c’è qualche frase che risale a Gesù¸ ma il discorso è certamente opera dell’evangelista) che è un lunghissimo discorso¸ complicato come sempre i testi di Giovanni che la liturgia distribuisce in quattro domeniche: domenica scorsa abbiamo perso l’inizio perché c’era la Trasfigurazione che superava la domenica¸ ed oggi¸ domenica prossima e domenica l’altra si leggerà in quattro parti questo lungo discorso. Come sempre¸ dicevo¸ il Vangelo di Giovanni è complesso¸ è oscuro. C’è chi lo trova assolutamente geniale e c’è chi lo trova un Vangelo mal costruito e che rivela la poca capacità di scrivere di chi lo ha composto¸ e ognuno può pensarla come vuole. Certamente non è facile districarsi nel modo di parlare di Giovanni anche perché lui usa probabilmente un sistema di scrittura¸ di stesura dei testi¸ forse voluto¸ che procede per intrecci¸ per crescendo¸ per ripetizioni e modifiche continue per cui le cose si ripetono¸ si accavallano. Ma tutto questo probabilmente è un procedimento studiato. Qualcuno¸ infatti (è una vecchia immagine che si usa sempre nelle scuole) qualcuno ha detto che il testo di Giovanni assomiglia ai cerchi che si creano nell’acqua quando ci si butta un sassolino¸ che continuano quasi a spirale¸ sin quando il movimento termina. Per questo ritengo che possa essere utile farvi vedere come¸ ricuperando anche in parte il brano di domenica scorsa¸ qual è l’intelaiatura di questo discorso e quali sono i passaggi che l’evangelista intende fare¸ ovviamente saltando molte cose. Se avessimo letto domenica scorsa l’inizio del discorso avremmo capito che il tema principale era questo: “Voi mi cercate” leggo “non perché avete visto dei segni ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce¸ ma quello che dura per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà.” Quindi il primo enunciato dell’evangelista è questo: bisogna distinguere i pani moltiplicati da un altro tipo di pane che il Signore darภche non è un pane di questo mondo¸ di cui i pani d’orzo erano soltanto un segno¸ ma è un pane che viene dal cielo. Cioè quello di cui si parla è la cosa¸ l’oggetto che il Signore darà. Non sono i pani moltiplicati sull’erba con i pesci ma è un altro pane. Allora viene spontaneo il confronto con la manna. “Questo pane che il Signore ci darà sarà una specie di manna nuova”. E Gesù precisa che non è cosí perché chi ha mangiato la manna non ne ha ottenuto poi nessun risultato duraturo perché si mangiava la manna e poi si moriva. Lui invece darà un pane che ha una capacità di prolungare la vita nell’eternità. E questa è la prima impostazione del discorso: Gesù è colui che dona il pane più efficace della manna. Poi c’è un secondo passaggio che è quello che caratterizza la domenica odierna e cioè Gesù fa un passo avanti e dice “Io sono il pane” e¸ quindi¸ in un secondo momento l’evangelista invita il lettore a rendersi conto che il pane di cui si parla non è un oggetto che Gesù procura “Vi darò il pane” ma è lui stesso “Io sono il pane”. Ed è un passaggio interessante perché capite che scavalca completamente il tema della manna. Noi da Gesù non dobbiamo aspettarci delle cose¸ sia pure celesti¸ miracolose¸ prodigiose. Il pane che Lui diceva di darci era soltanto un modo di dire. Lui in realtà non ci dà niente come cose¸ ci dà la sua persona perché Lui è il pane. E¸ allora¸ a questo punto l’evangelista fa capire che la parola pane¸ quando la usa come definizione di Gesù¸ ha evidentemente un significato simbolico¸ traslato¸ metaforico¸ usate la parola che volete¸ cioè non significa che Gesù ha un pane¸ ma significa che Gesù¸ come il pane è sostegno¸ nutrimento. E qui¸ direi¸ l’evangelista sfrutta quel modo di parlare che c’è in tutte le lingue per cui l’assimilazione della conoscenza viene presentata con parole che alludono al mangiare. Il parallelismo “Le idee¸ la cultura¸ le conoscenze sono il nutrimento della mente” è presente in tutte le lingue¸ immagino del mondo¸ certamente nelle nostre lingue del bacino del Mediterraneo¸ tant’è vero che si dice “Non hai assimilato bene”. E la parola serve per la digestione ma serve alle professoresse per dire che uno non ha assimilato l’insegnamento. Si dice “Io mastico un po’ di tedesco”. Quindi la metafora del mangiare per indicare la conoscenza è universalmente nota. Questo¸ in fondo¸ è il tema del Vangelo di oggi. “Io sono il pane” significa “Con il mio insegnamento¸ la mia dottrina¸ la mia presenza¸ i miei esempi io vi faccio crescere nella vostra personalitภio nutro la vostra mente a condizione che abbiate fede”. E quindi¸ in questo secondo passaggio¸ si dimentica l’oggetto e si dice: “Ho capito¸ quando tu ci hai dato da mangiare il pane volevi dirci che in realtà tu sei il nostro maestro¸ tu sei colui il quale nutre la nostra mente¸ il nostro spirito¸ la nostra anima” anche qui usate la parola che volete. E la formula¸ che a pensarci bene è priva di senso¸ per dire questo che l’evangelista usa¸ è “Io sono il pane vivo”. Se voi ci pensate le parole “Pane vivo” non significano nulla. Quando si dice acqua viva si può intendere che è l’acqua di sorgente che zampilla e la si chiama viva perché appunto zampilla dalla fonte ed è viva mentre l’acqua piovana stagnante ed è morta. Ma pane vivo che significa? Fresco¸ fragrante¸ caldo¸ appena uscito dal forno? Fa ridere. Ma l’evangelista usa vivo per far capire che il significato è del tutto metaforico per dire: “Io sono una persona che vi fa vivere meglio¸ io sono una persona che vi dà una vita che si può definire eterna¸ che è superiore alla vita normale che tutti gli altri possono comunicarvi e insegnarvi”. Non è facile¸ non è affatto chiaro però è questo il passaggio che c’è nel Vangelo di oggi. Domenica prossima sentirete che quello che si sviluppa è un nuovo passaggio dove si riprende il concetto precedente della cosa donata “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” che è l’ultima frase del vangelo di oggi. Quindi dopo aver detto “Io sono il pane” si fondono insieme i due concetti e si dice “Io vi darò me stesso come pane e il pane che vi darò è la mia carne per la vita del mondo”. E qui la cosa diventa veramente complicata ¸ solo che anche qui¸ ad un primo livello¸ si può intendere “La mia carne¸ cioè la mia vita umana¸ che io consegno perché il mondo viva¸ cioè cresca¸ è il pane che io vi do”. E allora il discorso completa quello di prima: Gesù è pane vivo in quanto venendo nel mondo¸ consegnadosi agli uomini¸ non soltanto nella croce ma anche prima¸ nascendo da un donna¸ vivendo con gli altri¸ ha fato dono di sé all’umanità in quanto ha consegnato all’umanità la sua sapienza¸ i suoi esempi¸ la sua concezione della vita e¸ alla fine¸ questa consegna di sé culmina quando accetta di morire¸ perché anche noi moriamo¸ e se uno dice “Voglio essere vostro” non può sottrarsi alla tragedia della morte. E allora la frase potrebbe semplicemente significare “Io sono il vostro nutrimento¸ quello che tiene viva la vostra mente¸ la vostra comprensione delle cose perché mi consegno per la vita del mondo e non rifuggo da nulla da quello che è umano¸ nemmeno dalla morte”. E infine c’è l’ultimo passaggio¸ che anche questo lo sentirete domenica prossima¸ ripreso domenica l’altra. Questa carne si deve mangiare e questo sangue si deve bere. E anche qui¸ ve lo diranno tra due settimane¸ è ancora possibile un significato metaforico cioè quello che Gesù è stato nella sua umiltภnella sua dedizione¸ nel suo spirito di sacrificio¸ nel suo non badare mai a sé stesso¸ nella sua totale disponibilità è qualcosa che bisogna assimilare e di cui appropriarsi. Bisogna mangiarlo e berlo Gesù¸ nel senso che bisogna il più possibile diventare come Lui¸ quasi facendo in modo¸ come dice san Paolo¸ “Non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me” cioè l’esempio che si assimila totalmente. E anche il mangiare la carne e bere il sangue¸ vero cibo e vera bevanda dice il testo¸ può avere ancora un significato metaforico perché quel vero cibo e quella vera bevanda può significare che nulla è più sostegno della vita umana che la memoria di Gesù veramente assimilata. In genere il protestantesimo riformato cioè quello calvinista interpreta anche l’Eucaristia in questo senso metaforico. Noi mangiamo il pane ed il vino che in un certo senso sono il corpo di Cristo perché rappresentano la sua morte che noi vogliamo imitare¸ la croce che vogliamo portare dietro di Lui. E non si curano di affermare che quel pane e quel vino non solo significano¸ rappresentano¸ rievocano¸ ricordano¸ simboleggiano la dedizione di Gesù¸ ma realmente ne contengono l’essenza¸ che è invece il pensiero tipico della Chiesa cattolica¸ della Chiesa ortodossa ed¸ in buona parte¸ delle Chiese luterane e della Chiesa anglicana cioè il concetto di una presenza che non è soltanto un simbolo per ricordare. Questa capisco che è stata più una lezione che un’omelia¸ ma ho l’impressione che queste cose vi siano utili soprattutto se poi a casa vostra volete rileggete questo capitolo. Io ho saltato tutte le parentesi perché come oggi¸ dove si dice del Padre che lo attira¸ questo discorso che in fondo è abbastanza lineare¸ viene continuamente interrotto da parentesi e¸ per spiegare questo mi occorrerebbe un’altra mezzora. Ma provate a pensare a questo schema logico: Quella che vi do non è una cosa terrena¸ non sono i pani d’orzo ma non è neanche la manna. Vi do la mia persona¸ ma la mia persona è come un oggetto che dovete assimilare e mangiare. Vi do un segno di questa manducabilità di Gesù Cristo: un pane e un vino che lo rappresentano. Con questa formula “Vi do un pane e un vino che sono Gesù”¸ dove “sono” significa lo rappresentano al punto che è come se fosse lí¸ vivo e morente¸ lo accetterebbero tutte le Chiese. La tradizione¸ come ho detto¸ cattolica¸ luterana¸ ortodossa¸ anglicana insiste di più su un realismo misterioso di presenza¸ cioè in quel pane e in quel vino c’è veramente – scusate il parlare volgare – un pezzo di Gesù¸ una fisicità di Gesù realmente presente. Altre confessioni cristiane preferiscono mantenere il solo livello metaforico. L’importante però è che tutti comprendiamo che il fare la Comunione significa quello che ho detto prima¸ cioè assimilare Gesù. Io ripeto il paragone sciocco che ho fatto prima (“Mastico un po’ di tedesco¸ faccio fatica ma lo mastico”). Fare la Comunione vuol dire essere come Gesù. “Non ne sarò mai capace¸ la cosa mi spaventa perfino¸ ma un pochino vorrei assomigliargli. Vado a masticare un po’ di Gesù”.