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Omelia XVII DOM. T.O.B del 30 Luglio 2006

L’autore del quarto Vangelo¸ come avete sentito¸ usa la parola ‘segno’: “La gente¸ visto il segno che Egli aveva compiuto¸ cominciò a dire…”. Qualche volta la nostra Bibbia italiana¸ per disattenzione¸ traduce ‘miracolo’¸ ma la parola è diversa¸ e la parola che usa Giovanni quando parla di questi prodigi¸ ne racconta soltanto cinque¸ tuttavia Giovanni¸ nei suoi pochi racconti di prodigio¸ non usa mai la parola potenza¸ miracolo¸ ma usa sempre la parola ‘segno’. E allora direi che potremmo lasciarci guidare da questa sua scelta e¸ dal momento che adesso¸ per quattro domeniche¸ ci sarà il discorso di Gesù dopo la moltiplicazione di pani e¸ quindi¸ ci sarà modo di approfondire diversi aspetti dell’episodio¸ direi che potremmo cominciare questa volta ponendoci la domanda: di che cosa è segno questo gesto che Gesù ha compiuto?. Saranno le domeniche successive che piano piano arriveranno a dire che è segno dell’Eucarista. Ma prima di arrivare all’Eucaristia ci saranno altre strade da percorrere¸ come del resto suggerisce la scelta della prima Lettura e soprattutto il ricordo del racconto di domenica scorsa¸ come noi abbiamo cercato di interpretarlo. Vi ricordate che domenica scorsa io avevo sottolineato che secondo molti commentatori recenti quel desiderio di Gesù di ritirarsi con i discepoli in disparte per riposare¸ perché non avevano più tempo neanche per mangiare¸ e l’impossibilità di attuare questo desiderio andava intesa come un segno – ecco di nuovo la parola – della volontà di partecipare alla condizione umana¸ continuamente sottomessa al bisogno. Quindi¸ era stata da parte di Gesù la volontà di sperimentare personalmente nella sua corporeità che cosa significa essere stanchi¸ desiderare di dormire e non poterlo fare¸ avere fame e non poter mangiare¸ per il suo desiderio di¸ come si dice spesso nei prefazi¸ di condividere la nostra condizione umana tranne che nel peccato¸ ma in tutto il resto sí. E¸ direi¸ che la moltiplicazione dei pani¸ come primo segnale¸ può avere proprio la continuità di questa volontà di Gesù di condividere la condizione umana. Adesso faccio un discorso¸ se volete un po’ superficiale però mi pare che possa avere la sua consistenza. E’ stata la fame la molla che piano piano ha prodotto tutto il progresso della civiltà umana; certo¸ ad un certo punto si sono sostituiti altri valori¸ ma l’uomo¸ a differenza¸ per certi versi come la maggioranza degli altri animali¸ ma per certi aspetti superando le capacità degli altri animali¸ è stato spinto dalla fame a sviluppare i primi antefatti che gli hanno permesso di cominciare il suo cammino di progresso. Allora capite¸ dar da mangiare a della gente è come ricordare all’uomo la sua origine prima. L’uomo prima¸ come tanti animali ha cercato di raccogliere dei frutti per mangiare¸ devono esserci stati dei mali di pancia terribili nonché delle morti per avvelenamento perché solo attraverso una lunga esperienza è riuscito a distinguere i frutti commestibili da quelli che non sono commestibili. Anche per gli animali è stato cosí¸ poi si è sedimentata nell’istinto la capacità di distinguere; sembrano sciocchezze queste¸ ma è la nostra storia di quando abbiamo cominciato. Poi¸ dopo la raccolta¸ si è cominciato con la caccia¸ anche gli animali vanno a caccia¸ alcuni animali¸ ma gli uomini hanno inventato strumenti per poter uccidere gli animali da mangiare¸ e la civiltà è cominciata cosí. Quando Gesù pone la domanda a Filippo “Dove possiamo comprare il pane¸ perché a quest’ora abbiano da mangiare?” E’ come se rispondesse alla domanda: cosa posso fare io perché l’uomo risolva il problema del mangiare? Che è io problema primario¸ quello che lo ha aiutato a diventare uomo. E’ tutto cominciato da lí. E’ un ritornare alle origini quasi cercando di mettere in moto quel bisogno (ecco di nuovo l’idea del bisogno) quel bisogno primordiale che è quello di mangiare perché l’uomo primitivo se lo domanda “Riusciremo ancora domani a mangiare? Ci sarà da mangiare per tutti compresi i bambini? E questo mangiare ci farà bene o ci rovinerà? Dove lo troveremo?” Questa risposta al bisogno della fame! Il primo segno della moltiplicazione dei pani per me di questa volontà della mente di Gesù di rivivere le origini per capire il bisogno fondamentale dell’uomo. Noi del mondo evoluto non la viviamo più questa esperienza¸ ormai non la ricordiamo neanche più¸ ma noi sappiamo che ci sono ancora popolazioni¸ soprattutto in Africa¸ che vivono ancora questa esperienza “Chi ci darà da mangiare?”Anche la religione in fondo nasce da questo fondamentale bisogno nella sua forma primordiale. Gli ebrei ebbero modo di vivere questa esperienza quando uscirono dall’Egitto con quella specie di ideale teorico¸ sognante della libertà: “Avremo la nostra terra!”¸ poi si sono accorti che nel deserto non c’era niente da mangiare e rimpiangevano le cipolle dell’Egitto¸ che rasenta l’umorismo. Allora sorge l’ipotesi: se Dio ci ha voluti e vuole che noi esistiamo¸ deve aiutarci a trovar da mangiare. Per cui quando Gesù moltiplica i pani è come se ripresentasse alla coscienza dei presenti la primordiale immagine del divino¸ colui che avendo dato la vita a queste persone ha il dovere di aiutarle a nutrirsi e¸ sulla base di questo primordio della esperienza religiosa¸ poi¸ avanzeranno gli altri discorsi che arriveranno fino all’Eucaristia. Ma questo modo di intendere Dio o il divino o gli dei¸ chiamateli come volete¸ come coloro che hanno il dovere di darci una mano per sopravvivere è una delle esperienze religiose ricorrenti¸ basilari che anche noi¸ seppure in maniera più colto e raffinata dobbiamo continuare a coltivare¸ magari con quella finezza pratica che c’era nel salmo “Apri la tua mano¸ sazia ogni vivente¸ gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa”. C’è anche un salmo che parla degli animali che “Aspettano da Dio l’aiuto per trovare il cibo”¸ soprattutto quelli¸ dice il salmo¸ che escono di notte “Gli occhi di tutti sono rivolti a te e tu provvedi a loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente.” Ecco¸ può sembrare una sciocchezza un po’ poetica questa¸ ma bisogna riconoscere che una delle componenti di base della fede religiosa è proprio questa. Perché l’uomo ha inventato Dio? Perché aveva fame. Noi infatti¸ che non abbiamo più problemi di fame ma di dieta¸ facciamo tranquillamente a meno di Dio. Una mamma in Africa con i bambini che muoiono di fame deve per forza invocare qualche divinitภnon può telefonare alla F.A.O.¸ deve chiedere ai suoi dei di darle una mano. E allora capite che la domanda che dobbiamo porci è questa: questa vecchia idea¸ questa vecchia intuizione che ci deve essere qualcuno che pensa a noi ed è onnipotente nei cieli è da buttare via nella civilizzazione contemporanea o deve essere recuperata¸ aggiornata¸ adattata al nostro modo di vivere e ragionare ma deve ancora essere presente alla nostra coscienza? Questa è la domanda. Questo vecchio¸ arcaico¸ atavico bisogno di rivolgersi a Dio… E c’è un secondo tema che è pure anche questo molto antico e che è quello che più caratterizza sia la seconda Lettura¸ il raccontino di Eliseo¸ sia il Vangelo¸ cioè la solidarietà. Quando uno trova qualcosa da mangiare¸ anche se è poco non può mangiarlo tutto lui¸ deve di nuovo avere il coraggio di tenersi la sua fame¸ assaggiarne un boccone e poi parteciparlo ad altri perché questa condivisione del poco ci salva tutti ed è la condizione che gli dei pongono per darci un altro aiuto la volta successiva. C’è questa arcaica lezione del dovere di condividere¸ del non nascondersi a mangiare da soli “Perché l’altro non me lo porti via”¸ come fanno alcuni animali. L’uomo capisce invece che quando c’è una cosa¸ anche piccola¸ deve chiamare i suoi vicini e dire “Facciamo un po’ per uno”. “Ma non basta per nessuno”. “Pazienza”. La speranza dell’uomo è questa: che la bontà crei il benessere¸ sembra un gioco di parole¸ che la generosità crei ricchezza¸ e questo è chiaramente sottolineato nei due testi¸ evidentemente è il vangelo che copia dall’A.T. “Come posso mettere questo davanti a 100 persone?”. E l’uomo di fede risponde: “Tu dallo da mangiare alla gente¸ perché cosí dice il Signore¸ ne mangeranno e ne avanzerà anche”. Questa è quasi¸ direi¸ la dispettosa risposta di Dio che dice: “Credevi che non bastasse e volevi tenertelo per te? Prova darlo agli altri e vedrai che ne avanza”. Che è una sfida¸ capite? La sfida nell’invito di Dio ad essere fiduciosi nella sua potenza e capaci¸ quindi¸ di rinunciare. Voi capite che quando Gesù muore sulla croce perché è convinto che Dio ridarà la vita a coloro che hanno il coraggio di spenderla per una buona causa¸ è il culmine di questo atteggiamento. “Ma non basta per nessuno!” “Se non basta per nessuno non è neanche giusto che ne mangi il più fortunato che l’ha trovata per primo”. Allora piuttosto buttano via tutto e crepano tutti di fame¸ altrimenti si condivide. Anche questa è una struttura¸ è una struttura del vivere sociale che è antichissima. E anche questa noi rischiamo di dimenticarla¸ di non trovare più il modo per praticarla. Prima¸ quando l’orizzonte era limitato alla cascina¸ la condivisione era facile praticarla¸ ma adesso che gli affamati sono lontani chilometri¸ nonostante tutti gli internet che ci darebbero i contatti in tempo reale (son tutte balle queste)¸ allontanano sempre più questi mezzi di comunicazione perché sono soltanto virtuali e la realtà non si raggiunge mai¸ per avere la realtà bisognerebbe essere là e noi diventiamo¸ noi che adesso avremmo abbondanza di beni¸ incapaci di condividere. E nonostante tutti i tentativi che fanno alcuni¸ per carità lodevoli e anche efficaci ed efficienti devo dire¸ però non siamo ancora in grado di risolvere questi problemi. Ecco¸ direi che¸ messa in questa maniera¸ la serie di Letture di questa Messa ci riporta quindi a questi problemi primordiali¸ la fame¸ e c’è ancora gente che è obbligata a sperare in Dio per mangiare¸ e questo¸ a pensarci bene¸ è una scandalo¸ cioè che si debba ricorrere a Dio per non morir di fame e il fatto che¸ nonostante tutti gli sviluppi dei commerci¸ delle comunicazioni¸ la rapidità non siamo ancora capaci di condividere il superfluo che dobbiamo dare all’A.I.M.A. perché praticamente lo butti via. Tutto questo ci dimostra quanto abbiamo bisogno di ritornare a questi elementi primordiali¸ quasi animaleschi per diventare veramente uomini.