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Omelia V QUARESIMA B del 2 Aprile 2006

Omelia 2 aprile Il Vangelo di oggi è cosí astruso che troverete qualcun altro più bravo di me che ve lo possa spiegare. Io adopero la prima lettura¸ il salmo e la seconda poi qualche pezzettino del Vangelo¸ ma non sono capace di cavarci qualcosa di sensato. E invece la prima lettura mi suggerisce dei pensieri semplici ma che mi sembrano utili. E’ un celebre passo del Libero di Geremia nel quale si dichiara che l’alleanza antica¸ quella che è stata stabilita nell’Esodo e che era stata promessa ai patriarchi¸ quella che aveva come scopo ultimo la liberazione dall’Egitto¸ il dono della terra e soprattutto il dono della legge¸ dice Geremia che questa alleanza termina¸ non è efficace¸ non basta più perché gli ebrei l’hanno violata benché lui fosse il loro Signore. Cosí dice il testo. E allora dice che ci sarà un’alleanza nuova con la casa di Israele. I cristiani¸ più tardi¸ diranno che questa alleanza nuova non è soltanto con la casa di Israele¸ ma è quella che Gesù conclude con tutti gli uomini nella sua vita. Ed è quella di cui parla nella cena¸ quando dice “Questo è il sangue dell’alleanza” o¸ come dice qualche testo “della nuova alleanza” o “della nuova ed eterna alleanza”¸ parole che anche noi ripetiamo nel corso della messa. Ma questa è un’interpretazione cristiana del testo di Geremia pertinente¸ ma il testo di Geremia può avere un significato anche a prescindere da questo¸ un significato che antecede questa applicazione cristiana che¸ mi pare si possa dire¸ ha un suo valore anche culturale¸ oltre che religioso¸ nel senso che l’epoca di Geremia è anche nel piccolo regno di Giuda dove lui predica o nelle zone della Babilonia dove gli ebrei sono esiliati¸ dicevo anche per il piccolo regno di Giuda e¸ per queste zone¸ il tempo in cui Geremia predica è il tempo in cui nel nostro mondo mediterraneo¸ e a pensarci bene anche in India¸ sta nascendo un maggiore consapevolezza di quello che è l’uomo¸ perchè contemporaneamente tutti hanno osservato queste strane coincidenze. C’è un’evoluzione del pensiero all’interno del piccolo mondo ebraico¸ comincia a nascere la riflessione filosofica in Grecia¸ e in India c’è Budda. E tutte queste cose¸ tutti questi movimenti di pensiero aiutano a mettere a fuoco il valore dell’interiorità della persona umana. Sono presenti tanti altri aspetti evidentemente in questo momento di fioritura di nuove riflessioni di tipo filosofico – religioso¸ però uno degli elementi che caratterizzano quasi in maniera ecumenica ante – litteram questo momento storico è di particolare interesse per la cura dell’interiorità dell’uomo¸ E anche Geremia intuisce qualcosa di questo per cui dice: la vecchia alleanza¸ quella che consisteva¸ o almeno veniva descritta in maniera molto territoriale¸ esterna: il passaggio nel mare¸ lo sprofondare delle acque¸ il camminare nel deserto¸ il mangiare la manna¸ l’aver fame¸ l’aver sete¸ il ricevere le quaglie¸ lo spaventarsi al Sinai¸ il venir giù con le Tavole della Legge son tutte cose che¸ certo mirano anche alla formazione¸ della coscienza ma si presentano soprattutto come elementi di terrenitภdi mondanità visibile ed esteriore. Poi c’è l’ingresso nella terra¸ la presa di possesso del paese¸ la conquista delle cittภla coltivazione degli alberi. Questa era la vecchia alleanza¸ l’alleanza tradizionale¸ quella delle radici storiche di Israele. Ad un certo punto¸ dopo l’esilio¸ la distruzione di Gerusalemme¸ Geremia ha questa intuizione: il Signore non si è espresso totalmente in quei fatti antichi¸ è un’alleanza che è stata violata¸ non ha prodotto frutto¸ ne farà un’altra. E il luogo dove avviene questo nuovo impegno di Dio a favore degli uomini è espresso già in Geremia con parole di interiorità: “Porrò la mia legge nel loro animo¸ la scriverò nel loro cuore”. Questa mi pare che sia una cosa che è di grande interesse e che viene continuamente celebrata dalla tradizione cristiana come da altre tradizioni. Quello che conta è il cuore e l’animo. Noi abbiamo una bella parola di origine greca che l’A.T. non ha in questo senso e che corrisponde a quello che loro chiamano cuore¸ che non è il sentimento ma è la coscienza. La coscienza è quel misto¸ parlo in maniera impropria evidentemente¸ ma è quel misto di conoscenza¸ di riflessione razionale ma che però congloba anche le emozioni¸ i desideri¸ le aspirazioni. La coscienza è una specie di interiore dibattito che avviene dentro di noi tra tutte le componenti del nostro vivere intimo cioè del nostro desiderare¸ giudicare¸ valutare¸ aspettarsi¸ sperare¸ tenere¸ conoscere¸ tutto si mescola¸ si confronta¸ si dibatte in un modo di funzionare¸ della nostra interioritภche si chiama coscienza. Ed è li che Geremia dice “Dio scriverà”. E questo mi pare che sia molto bello perché ci aiuta a capire cosa intende essere la quaresima. La quaresima sarebbe un momento – sta per finire ma c’è ancora un po’ di tempo – sarebbe un momento nel quale le persone si occupano della propria coscienza¸ indagano sul proprio essere di dentro. E¸ come suggerisce il Miserere – i versetti del salmo sono presi dal Miserere – aspira ad avere una coscienza pura¸ il cuore nuovo¸ “Crea in me¸ o Dio¸ un cuore puro”¸ dove¸ ve l’ho già detto altre volte¸ l’aggettivo puro biblicamente non ha a che fare con il pudore¸ col sesso¸ con la modestia¸ è una cosa di nuovo più profonda. La purezza è la chiarezza¸ la limpidezza¸ l’onestภla pulizia del pensare¸ del ragionare¸ del giudicare¸ del valutare. E’ anche fermezza¸ cioè riguarda le idee giuste¸ la posizione giusta da prendere. “Crea in me¸ o Dio¸ un cuore puro” significa crea in me¸ o Dio¸ una coscienza sana¸ una coscienza che funziona. Infatti se avete ascoltato gli altri versetti del salmo¸ sarebbe da leggere tutto questo salmo¸ “Rinnova in me¸ o Dio¸ uno spirito saldo”. Cuore puro¸ spirito saldo. “Sostieni in me un animo generoso”. Sono diverse modalitภanche noi potremmo aggiungere aggettivi per esprimere questa speranza¸ questo auspicio¸ che di dentro sia chiaro¸ che io capisca¸ che io riconosca¸ sappia distinguere il bene dal male ma in tutti i sensi¸ quello morale¸ quello del successo¸ quello che fa bene e quello che fa male¸ quello che va fatto e quello che non va fatto perché l’intuizione di questi testi del VI – V secolo¸ che dicevo sono presenti in varie zone geografiche¸ è proprio questa: che la beatitudine¸ la salvezza dell’uomo sta nella pace della coscienza¸ nella chiarezza della propria interiorità. La seconda lettura¸ che è uno dei testi più profondi del N.T.¸ lascia intendere che anche Gesù¸ perfino Gesù¸ nella sua vita ha compiuto un itinerario che ha purificato la sua coscienza. Il che¸ se ci pensate¸ qualcuno lo direbbe addirittura eretico¸ in una vecchia concezione immobilista di Cristo. Ma invece¸ secondo me è bellissimo vedersi presentare Cristo come colui che sta cercando una via per avere chiarezza del suo compito. “Offrí preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte¸ fu esaudito della sua pietà”. Certo¸ uno può dire: Starà pensando all’orto degli ulivi”¸ può essere però il testo dice “Nei giorni della sua vita terrena”¸ quasi a dire che tutta la vita di Gesù fu questo offrire preghiere e suppliche con forti grida e lacrime. Cioè la fatica di diventare sé stessi¸ la fatica di trovare una giusta collocazione di sé all’interno della complessità del mondo¸ del conflitto¸ dei desideri¸ delle prove e delle tentazioni¸ delle disillusioni e delle speranze. Trovare la strada giusta. E la caratteristica di Gesù¸ come del resto era quella del salmista del Miserere e quella che supponeva Geremia è chiederlo a Dio perché lui qui sulla terra¸ pur essendo il figlio di Dio vive come se non lo fosse¸ cioè vive come noi e ci insegna a supplicare con forti grida e lacrime. Forti grida e lacrime è un modo di dire evidentemente non significa che bisogna mettersi ad urlare¸ ma significa – anche qui farei la parafrasi – con forte desiderio e sofferenza¸ cioè assumendosi la fatica di costruire un io interiore che sia valido. Poi¸ sempre nella lettera c’è una seconda frase che pure è stata iper commentata proprio perché sembra dire una cosa che non par neanche vera: “Imparò l’ubbidienza dalle cose che patí¸ Cristo che impara. Per cui alla fine uno si rende conto che fare una quaresima di quaranta giorni è soltanto un inutile simbolo perché tutta la vita è una quaresima¸ se si intende per quaresima – ma ci vorrebbe un’altra parola – la costruzione del proprio io. Anche Budda voleva che costruissimo un io¸ è questa la somiglianza che affascina molti. Io direi che noi possiamo accontentarci di essere discepoli di Cristo nel costruire il proprio io. Anche Budda partiva dalle cose che si patiscono¸ cercando però di metterle a tacere e trovando delle nobili strade per farlo. Gesù Cristo è molto diverso¸ accetta il patimento e impara dalle cose che patisce. Le affronta¸ le impara. E’ quello che in maniera oscura nel Vangelo si dice: “Cosa vogliono venire a vedere i pagani? La mia gloria”. Certo¸ è questa l’ora della gloria! Ma l’ora della gloria è la croce. “L’anima mia è turbata¸ ma che devo dire? Padre salvami da questa ora? Ma sono venuto apposta”. Glorifica il tuo nome. Questo è imparare l’ubbidienza dalle cose che patí. E qui si aprirebbe una serie di riflessioni che lascio poi a voi: siamo capaci sia personalmente ma sia soprattutto direi nell’impostazione del nostro modo di vivere collettivo¸ nei nostri programmi educativi per la gioventù¸ siamo capaci di valorizzare le cose che nella vita in ogni caso si devono patire perché non si riesce ad eliminarle per imparare l’ubbidienza? O siamo preoccupati soltanto di sopprimerle¸ guarirle¸ eliminarle¸ ignorarle¸ sfuggirvi. E’ intelligente fare questo? Cioè continuare a parlare soltanto di benessere¸ di guarigione¸ di fitness…Ci insegnano qualcosa quelle cose lí o ci insegna di più il prendere sul serio le cose che bisogna subire¸ patire¸ accettare¸ con le quali confliggere per imparare. Sono prospettive. Che cos’è la vita? Un campo di battaglia ma non con le armi fisiche¸ ma per l’animo generoso¸ per lo spirito saldo¸ per il cuore puro che non sfugge¸ non ignora¸ non accantona le cose da patire. Come si diventa perfetti? “Reso perfetto divenne causa di salvezza per coloro che gli obbediscono”. E di nuovo c’è l’ubbidienza. Ecco¸ vorrei che verso la fine della quaresima riflettessimo su queste cose che sono presenti soprattutto nelle prima letture ma anche nel Vangelo¸ ma è scritto in maniera cosí giovannea da essere difficile da utilizzare. Per questo mi sono concentrato sulle prime letture¸ perché secondo me contengono proprio questo importante messaggio: quello che conta è la coscienza pura. Potrei dire addirittura una cosa esagerata e sostanzialmente inesatta se volete: la libertà dall’Egitto non è servita a niente. Noi oggi ci illudiamo che le libertà esteriori¸ la cosiddetta estensione della democrazia¸ che andrebbe poi riflettuta ma non è compito mio ma di un filosofo della politica ragionare su queste cose¸ cioè che il poter fare quello che si vuole il più possibile¸ questa è la salvezza dell’uomo. E quando gli ebrei sono usciti dall’Egitto¸ quella liberazione dalla schiavitù non è servita a niente. Dare loro la terra dove potessero star bene¸ secondo Geremia non è servito a niente¸ tant’è vero che Dio dice: “Farò un’alleanza diversa”. Non è quello il settore nel quale l’uomo salva se stesso. La nostra totale concentrazione sulla salvaguardia dei diritti¸ sulla estensione della libertภsulla facilitazione in tutto quello che c’è da fare nella vita è vero che salva l’uomo o bisognerebbe introdurre qualcosa da patire per imparare obbedienza e diventare della coscienze pure. In tutti i problemi aperti. Io suscito domande¸ perché anch’io non so rispondere a queste cose. Non voglio essere un masochista¸ uno che fa della religione il vecchio sistema medievale delle mortificazioni. Non servono a niente le mortificazioni fisiche. Sono due le domande: è vero che la cosa essenziale è la coscienza pura? Come ci si arriva? Questo solo è il problema a cui dobbiamo pensare.