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Omelia IV QUARESIMA B - del 26 Marzo 2006

Omelia 26 marzo La prima lettura che avete sentito ha un’importanza particolare perché nella Bibbia ebraica¸ con questa lettura¸ si termina la Bibbia. L’A.T. ebraico termina con il brano che avete sentito come prima lettura. Quindi¸ dal momento che in tutti i libri di questo mondo la conclusione è probabilmente la parte più importante perché è l’ultima parola che un testo dice¸ cosí è importante questa lettura che¸ ripeto¸ conclude la forma ebraica dell’A.T. La traduzione greca¸ che è quella che venne usata dalla cristianità antica¸ ha un ordine diverso di libri e¸ quindi¸ l’A.T. greco non termina con questo testo. Però è importante¸ ed è importante saperlo¸ e¸ come avete sentito il testo parla del superamento da parte di Dio della sua collera¸ perché si parla della distruzione del tempio di Gerusalemme da parte dei babilonesi e la si spiega dicendo che il Signore mandò premurosamente ed incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli perché amava il suo popolo e la sua dimora. E c’è quindi il tema dell’amore di Dio che è lo stesso che poi ritorna all’inizio del Vangelo. Poi c’è una frase che sintetizza il comportamento degli ebrei: “Si beffarono dei messaggeri di Dio¸ disprezzarono le sue parole¸ schernirono i suoi profeti”¸ cosa che il testo delle Cronache dice essere stata compiuta dagli ebrei di quel tempo¸ ma che volendo si potrebbe dire che si è ripetuta molte volte anche nella storia del cristianesimo¸ cioè della storia del mondo¸ quando già il cristianesimo esisteva. Persone che si beffarono e si beffano dei messaggeri di Dio e scherniscono i suoi profeti ce ne sono anche oggi. Il testo poi dice che “L’ira del Signore raggiunse il suo culmine senza più rimedio”. Nessuno dice che questa immagine di Dio che conclude la Bibbia ebraica sia stata soppressa da Gesù Cristo. L’ira del Signore è una componente della descrizione di Dio anche nel N.T. La lettera ai Romani¸ che è il testo più importante di Paolo¸ nei primi capitoli parla proprio dell’ira¸ se volete potete tradurre collera¸ potete tradurre sdegno¸ però parla dell’ira di Dio contro il mondo che pecca. Nessuna teologia può permettersi di sopprimere l’ira di Dio parlando soltanto di amore di Dio perché l’amore di Dio comprende la collera e questo è il mistero che dovrebbe essere indagato e spiegato quando si parla dell’amore di Dio perché all’interno dell’amore di Dio è presente la dimensione della collera¸ dello sdegno¸ dell’ira¸ della condanna. Lo so che tutto questo è difficile da capire¸ ma non per questo si devono semplificare le cose dimenticando i contenuti della Sacra Scrittura. Poi il testo delle Cronache spiega come è avvenuta la manifestazione dell’ira di Dio. Dio ha lasciato mano libera ai babilonesi i quali¸ come dice il testo¸ hanno distrutto il tempio e hanno deportato una parte degli abitanti in Babilonia. Sempre questa prima lettura cita una parola di Geremia che si apre ad una speranza futura e che interpreta questa distruzione di Gerusalemme e questo allontanamento degli abitanti come un momento di riposo. E lo dice in maniera per noi in parte oscura¸ ma in fondo simbolicamente chiara “Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati¸ essa riposerà per tutto il tempo della desolazione¸ per settanta anni”. Ed è interessante questa parentesi di inattivitภdi silenzio¸ di abbandono perché occorre creare una cesura¸ un taglio netto tra i tempi della ribellione che ha portato alla collera e i tempi della restaurazione e dell’inizio di una vita nuova¸ occorre una frattura. E se voi ci pensate¸ questa frattura è proprio quella che la Chiesa vorrebbe che si celebrasse nella quaresima¸ in piccolo¸ si intende¸ con un’applicazione di nuovo di tipo simbolico. La quaresima è un tempo nel quale ci si deve distaccare dai vecchi peccati¸ quelli che meritano l’ira di Dio¸ è un periodo nel quale sarebbe bene astenersi¸ riposare¸ astenersi dal male¸ ma in un certo senso anche trovare dei sabati interiori vale a dire del tempo libero per la riflessione¸ la preghiera¸ la valutazione di quello che abbiamo fatto di quello che accade¸ di quello che ci attende. Mi pare che possa essere sfruttata¸ anche se capisco è un simbolismo se volete un po’ forzato¸ però possa essere sfruttata questa immagine di Geremia citata dal Libro di Cronache. Si sopprime ogni attività per un lungo tempo perché occorre riflettere¸ occorre pensare. E poi¸ terminato questo lungo sabato al quale¸ dicevo¸ potrebbe corrispondere questo nostro tempo quaresimale che dovrebbe essere tempo di distacco dalle nostre abitudini¸ di revisione critica di quello che siamo stati¸ che siamo¸ che facciamo¸ che vediamo attorno a noi per essere capaci di riformulare dei giudizi equilibrati sulle cose. Poi alla fine ricompare l’amore di Dio¸ Dio suscita Ciro re di Persia e l’A.T. termina con la riproduzione di questo famoso editto di Ciro con il quale si obbliga alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme. E’ interessante questa prima lettura e in un cero senso ha dei paralleli con il vangelo¸ anche se paradossalmente mentre la prima lettura rievoca l’amore di Dio poi mette al centro la collera e alla fine conclude con la ripresa dell’amore¸ il brano di Giovanni¸ almeno cosí come è stato tagliato nella liturgia¸ comincia con l’amore ma termina con la condanna. Cosa che non va dimenticata se si vuole rispettare il tenore delle letture “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio perché chiunque creda in lui non muoia ma abbia la vita eterna”. Non ha mandato il figlio per giudicare il mondo¸ ma perché il mondo si salvi e¸ infatti¸ chi crede in lui non è condannato. Ma termina qui il discorso sull’amore¸ quello che segue è che hi non crede è già stato condannato perché non ha creduto. E in altri passi del Vangelo di Giovanni lui spiega che uno si è autocondannato perché è cosí chiara nella vita di Cristo e nelle sue parole l’attitudine indulgente e benevola di Dio che chi non la accoglie¸ chi la ignora¸ chi se ne fa beffe¸ come diceva la prima lettura¸ è già finito¸ non c’è più speranza per lui¸ è condannato perché è come la luce che illumina tutti¸ dice ancora il Vangelo. Ma se uno si nasconde per non vederla¸ allora è colpa sua. E¸ a questo punto¸ la cosa interessante è questa: l’amore di Dio non entra più in scena nell’A.T.¸ l’amore di Dio ricomincia. Nel Vangelo di Giovanni che è più severo dell’A.T. la parola conclusiva¸ almeno nel taglio liturgico del testo¸ cioè è questo che la liturgia vuole¸ che noi comprendiamo¸ termina con la minaccia di condanna¸ come diceva le Cronache: “Senza più rimedio”¸ ma non per colpa di Dio¸ per colpa dell’uomo. Quello che viene messo in luce in queste letture¸ quindi¸ è la drammatica serietà del rapporto religioso con Dio. Lo so che sono cose che possono essere dure e pesanti¸ ma anche i problemi duri e pesanti vanno affrontati nella vita e vanno affrontati con lucidità e con chiarezza perché la salvezza viene dal rendersi conto della realtà della situazione. Come si raccomanda all’ammalato che ha dei sintomi di spaventarsi per questi sintomi perché altrimenti rischia di non sottoporsi a delle cure che se prese in anticipo possono guarire. L’ammalato che si beffa delle minacce e degli avvertimenti che coglie in alcuni sintomi¸ è un ammalato che si autocondanna. Qualche volta può anche darsi che gli vada bene lo stesso. Uno può anche autocondannarsi¸ nessuno glielo può impedire¸ ecco perché come la considerazione del pericolo della salute porta alla salute cosí ora la Chiesa ci dice che la considerazione della compresenza in Dio¸ della collera¸ come alternativa alla serietà e sincerità del suo amore porta alla salvezza. Nessun amore serio è senza collera perché nessun amore serio può tollerare che questo amore venga deriso¸ schernito¸ ignorato¸ considerato una sciocchezza di cui si può fare a meno e l’amore di Dio va presentato in questo contesto. Vorrei aggiungere un pensiero che potrebbe essere di conforto. Sia il brano di Efesini¸ sia tutta la teologia di san Paolo¸ a differenza di Giovanni che di nuovo nel Vangelo va un po’ per suo conto¸ insiste nel dire che la strada giusta per prendere sul serio l’amore di Dio e quindi per salvarsi è la fede. Giovanni aggiunge di suo che occorrono anche le opere perché spesso è a causa della vergogna per le proprie opere che non si arriva alla fede e¸ forse ha ragione¸ ma Paolo¸ per parte sua e la lettera agli Efesini riprende questo pensiero¸ sottolinea invece che la cosa più importante è proprio la fede perché eventualmente è da questa che nasceranno opere che¸ dice bene il testo di Efesini “Non sono opera nostra¸ ma opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”. Le opere ci sono quando la pace con Dio è già stabilita¸ non la producono¸ e su questo punto Giovanni si esprime meno chiaramente di san Paolo. Ma la domanda a cui volevo cercare di rispondere è: quando si dice fede in questo contesto “Dio ha tanto amato il mondo. Gesù è venuto non per giudicare¸ chi crede in lui”¸ quel credere che cosa significa in questo contesto? Non primariamente accettare intellettualmente una serie di verità oscure¸ non è questo che significa la fede a questo livello. La fede giusta a questo livello è più vicino a quello che in maniera forse esagerata hanno intuito i primi riformatori¸ cioè è la fiducia¸ è la stima¸ l’apprezzamento¸ l’ammirazione per la generosità di Dio nei nostri confronti. Se poi rimangono dubbi¸ incertezze¸ fatica a credere a certi contenuti¸ questo può essere soltanto segno di serietà. Occorrerebbero dei lunghi sabati per risolvere questi problemi¸ ma la fede che salva è questa stima¸ questa fiducia. E’ impossibile che Dio mi abbandoni¸ è impossibile che Dio mi tradisca¸ non voglio perderlo perché è la cosa più importante. Questa fede che potrebbe essere aiutata proprio da contenuti generici¸ direi quasi da una sua componente emotiva¸ questa è la fede che salva¸ e questo voi capite che è possibile a tutti¸ anche a ciascuno di voi¸ nonostante certamente nella vostra mente affiorino dei dubbi sulle teorie¸ sulle dottrine. La fede che ci salva¸ il paragone zoppica come tutti i paragoni¸ ma la fede che ci salva assomiglia all’atteggiamento di quei genitori che hanno il figlio drogato e che però nel loro cuore dicono: “Mio figlio se la caverà perché è mio figlio¸ io ho fiducia in lui”. Molti di loro purtroppo devono poi disilludersi¸ ma questo coraggio di aver¸ appunto¸ stima¸ sicurezza¸ questa è la fede che Dio chiede a noi e questa è la fede fatta di ammirazione¸ di attesa fiduciosa del futuro che il crocifisso ci chiede di avere quando viene innalzato da terra.