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Omelia III QUARESIMA B del 19 Marzo 2006

Omelia 19 marzo Le letture della Messa di oggi susciterebbero una serie di possibili temi di riflessione non sempre collegabili tra loro. La prima lettura è interessante perché parla della consegna dei comandamenti che Dio avrebbe fatto a Mosè sul Sinai e¸ come già vi avevo detto¸ le domeniche di quaresima di quest’anno sono caratterizzate da questi momenti della storia di Israele. Infatti vi ricordate la prima domenica di quaresima c’era Noè¸ domenica scorsa che era la seconda c’era Abramo e adesso che è la terza c’è Mosè. La prossima domenica ci sarà la fine della monarchia¸ la distruzione di Gerusalemme presa dal Libro delle Cronache. Quindi le prima letture vorrebbero che noi ripescassimo dall’A.T. alcuni testi di particolare valore. Vi ricordate che la prima domenica di quaresima effettivamente avevamo trovato quella strana alleanza con Noè¸ basata sul significato dell’arcobaleno. L’idea di un’alleanza di Dio con tutti i viventi e con tutta la natura che ci era parsa particolarmente coerente con quello che pensiamo noi illuminati dalla conoscenza scientifica a proposito della protezione della vita sul nostro pianeta. Quindi nella prima domenica avevamo trovato una bella coincidenza tra la nostra cultura contemporanea e quel vecchio mito dell’arcobaleno. Un po’ più difficile è stato domenica scorsa vedere qualche cosa di cristiano nella storia di Abramo a cui Dio avrebbe comandato di sacrificare suo figlio¸ tant’è vero che a causa di quella lettura io ho gettato qualche ombra anche sull’aspetto glorioso della trasfigurazione¸ magari dicendo cose che potete non aver condiviso e sottolineando quegli elementi che nel racconto della trasfigurazione facevano vedere il timore¸ la sofferenza¸ l’incertezza¸ l’oscurità con cui Pietro¸ Giacomo e Giovanni recepirono quell’avvenimento. E sia la prima lettura come il Vangelo di oggi mi inducono a continuare su questa strada che segnala gli elementi preoccupanti che ci sono nella nostra vita. La finale del Vangelo di oggi¸ per esempio¸ è una finale molto dura¸ tutto il brano di oggi è duro. In buona parte dipende dal fatto che il quarto evangelista non sa scrivere¸ è un pessimo scrittore e¸ poverino¸ lui si sforza di dire le cose¸ ha delle idee molto profonde ma gli manca la capacità linguistica di esprimerle. Ma la finale di questo evangelista è sconcertante: “Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua¸ durante la festa¸ molti vedendo i segni che faceva cedettero nel suo nome. Gesù¸ però¸ non si confidava con loro perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro¸ infatti egli sapeva quello che c’è in ogni uomo.” Non è chiarissimo¸ ma pare di capire che quei poveretti che avendo visto i segni credettero a lui¸ secondo Gesù¸ non erano affidabili¸ cioè c’è della gente che crede ma Gesù li trascura¸ non entra in confidenza con loro perché sa che sono falsi¸ che non è vero. E anche questo¸ capite¸ è un qualcosa che mette un’ombra¸ una preoccupazione. Che cos’è¸ allora¸ la fede? Se una persona crede ma Gesù non si confida perchè sa e non fa nulla per aiutare quella persona¸ almeno l’evangelista non lo dice¸ allora c’è questo aspetto drammatico dell’esperienza religiosa¸ questo aspetto oscuro assomiglia a quello che io cercavo di intravedere nella mente dei tre discepoli¸ quando io parlavo dell’episodio della trasfigurazione¸ che hanno visto una luce¸ hanno visto dei personaggi¸ però in realtภnel loro intimo¸ nella loro mente non hanno capito e nessuno li ha aiutati a capire¸ han dovuto tenere tutto per sé in silenzio domandandosi che cosa fosse¸ e un po’ è cosí qui. E il Vangelo di oggi¸ direi¸ che insinua questa ulteriore domanda drammatica che è utile in quaresima perché la quaresima deve essere proprio il tempo della riflessione¸ del ripensamento¸ della verifica e bisogna avere il coraggio di porsi tutti gli interrogativi¸ anche quelli che ci mettono a disagio e che preferiremmo accantonare. Ci vuole il coraggio di prendere le cose di petto. E il resto del Vangelo ci fa capire che perfino il culto può trasformarsi in qualcosa di dannoso per il nostro rapporto con Dio che è¸ se ci pensate¸ una cosa tremenda. A Gerusalemme c’è un tempio che sarebbe stato voluto da Dio il quale avrebbe dato a Mosè addirittura tutte le misure per costruirlo¸ cosí dice il Libro dell’Esodo. Tutti gli arredi del tempio hanno un loro modello in cielo che Dio ha comunicato a Mosè. Il Libro del Levitico fissa tutti i sacrifici che si devono compiere per i quali occorrono i buoi¸ le pecore¸ per i poveri le colombe. Arriva Gesù e caccia via tutti. Allora c’è una contraddizione in Dio¸ o in quello che noi riteniamo che provenga da Dio? “Avete fatto della casa del Padre mio un luogo di mercato”. Non si poteva fare diversamente se il culto consisteva in sacrifici di buoi¸ di pecore¸ di colombe. Il Deuteronomio infatti spiega che se uno abita lontano – uno che per esempio come Gesù abitava in Galilea e deve andare a Gerusalemme a fare il sacrificio¸ va a piedi¸ si porta dietro la pecora da casa? Prende su anche il foraggio perché la pecora bisogna nutrirla¸ altrimenti¸ se quando arriva è tutta magrolina il sacerdote la rifiuta perché a Dio non si offrono gli scarti – e il Deuteronomio spiega che proprio per evitare questo¸ uno parte con il suo denaro e quando arriva a Gerusalemme compra la pecora¸ non è necessario che la prenda dal suo gregge¸ e allora¸ nei cortili del tempio¸ che Erode aveva fatto costruire ampi¸ si vendevano pecore e buoi. Dice il Vangelo di Luca che quando Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù per presentarlo offrirono in sacrificio due colombe. E adesso lui si arrabbia perché vendono le colombe e siccome nel tesoro del tempio (c’è il comandamento dell’Esodo che avete sentito nella prima lettura) “Non ti farai immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo e di ciò che è quaggiù sulla terra¸ né di ciò che è nelle acque sotto la terra” e¸ ancora le monete romane che circolavano in Giudea come il tutto l’impero col ritratto dell’imperatore non si potevano adoperare per l’offerta nel tempio¸ i poveri cambiavalute dovevano fare incetta del denaro di Tiro che aveva raffigurata una nave o il profilo della città e non un personaggio e questo denaro si poteva offrire¸ allora facevano il cambio. E Gesù butta in terra tutto e se la prende soprattutto con i venditori di colombe che¸ secondo Luca¸ sarebbero quelli da cui anche sua mamma ha comperato la colombina da offrire in sacrificio. E’ sconcertante tutto questo¸ o meglio è sconcertante la maniera cruda con cui Giovanni racconta tutte queste cose per dirci che chi ha rispettato le norme dell’A.T.¸ oddio¸ ci avranno anche guadagnato sopra un po’¸ qualche commerciante avrà anche imbrogliato un tantino¸ ma non è questo¸ non è questo che rende il tempio una casa di ladri¸ una casa di mercanti. Che rende il tempio una casa di mercanti è la legge¸ la Torah¸ le norme del Levitico e del Deuteronomio. Vedete quale peso hanno queste cose! Perfino la religione può diventare contaminata dall’errore¸ dall’incertezza¸ dal male. Certo¸ il testo lo dice della religione ebraica. Giovanni è sempre molto scortese nei confronti degli ebrei e li tratta sempre male. Già il fatto di ricordare “Distruggete questo tempio”¸ e il Vangelo di Giovanni viene scritto quando il tempio era già stato distrutto dai romani¸ cortesia avrebbe voluto che non si ricordasse più questa parola¸ che era un rinfacciare agli ebrei le loro presunte colpe e ricordare loro la tragedia della distruzione di tutto¸ dell’incendio romano del tempio¸ quasi volesse dire: “Te l’aveva detto Gesù!” Questa specie di ripicca… Mette a disagio tutto questo. Ma il disagio va superato¸ me ne rendo conto¸ qualcuno mi rimprovera a volte e dice: “Ma lei critica Gesù e parla male del Vangelo”. No¸ intendo andare al fondo dei testi perché è lo Spirito Santo che ha voluto che i testi fossero cosí e quando noi li leggiamo con attenzione e li rispettiamo nel loro tenore¸ e ne rimaniamo turbati¸ viviamo un’esperienza che lo Spirito Santo vuole che noi viviamo e secondo me il nocciolo di questa esperienza è questo: quanto è grave il peso della colpa¸ del peccato¸ dell’ignoranza¸ della cattiveria su tutti gli aspetti della vita umana¸ se perfino il culto di Gerusalemme¸ basato sulla legge di Dio¸ può diventare contraddittorio¸ deleterio¸ può tradire l’intenzione originaria di Dio. Com’è difficile essere in pace con Dio! Com’è difficile¸ nella vita¸ trovare le vie giuste per rispettare la volontà di Dio se perfino il culto può cadere in questi equivoci. Questa è la riflessione¸ secondo me¸ profondamente quaresimale¸ che ci deve aiutare a essere cauti nei nostri giudizi¸ cauti nell’applaudire e cauti nel condannare¸ ad essere sempre riflessivi e critici perché da nessuna parte¸ neppure all’interno delle religioni¸ ci sono vie sicure e facili per raggiungere il bene¸ e non bisogna¸ quindi¸ scandalizzarsi più di tanto se anche all’interno delle religioni¸ a cominciare dalla nostra¸ nel corso dei secoli sono capitati abusi¸ errori¸ scorrettezze¸ incertezze dottrinali¸ incoerenza nella prassi. Chi può avere il coraggio di puntare il dito e accusare? Gesù lo poteva fare perché era il figlio di Dio e Giovanni lo registra. Ma noi che siamo immersi nell’incertezza¸ nella fatica della ricerca¸ dobbiamo accorgerci degli errori¸ dobbiamo annotarli ma non recriminare¸ non condannare. Di fronte all’errore¸ alla decadenza¸ al tradimento si soffre e si piange¸ non si condanna. Solo Dio¸ eventualmente¸ ha il potere di condannare e di castigare “Fino alla III e IV generazione” diceva “Per coloro che mi odiano¸ per mostrare invece favore fino alla millesima generazione per quelli che mi amano”. Quella che vorrei ricavare dalla contraddizione che è presente nei testi biblici¸ in queste letture¸ è proprio questo appello alla moderazione nel condannare. Il riconoscimento degli errori¸ dei fallimenti e del male¸ sia in noi che negli altri¸ deve essere motivo di rimpianto¸ di preghiera¸ di supplica¸ di correzione¸ se volete¸ ma mai di condanna. Dico un ultimo pensiero poi basta¸ cerco di essere breve. Lo scopo per cui nel Vangelo di Giovanni è presente questo episodio è soprattutto riassunto nella frase “Parlava del suo corpo”. Il fatto che al posto di un edificio¸ di sacrifici¸ di altari ci sia adesso il corpo di Gesù aggiunge un altro diverso insegnamento oltre a quello che ho detto e cioè che il luogo nel quale deve manifestarsi la fedeltà a Dio¸ la rettitudine di coscienza non è nel rito¸ nelle cerimonie¸ nelle apparenze¸ neanche nella bellezza dell’edificio¸ ma è nel profondo della coscienza e nei rapporti che ci sono fra uomo e uomo. Il vero tempio è il corpo di Cristo ed è il corpo di Cristo che noi mangiamo nella Comunione perché si attui quello che diremo nel corso della preghiera eucaristica “Lo Spirito Santo faccia di noi un sacrificio a te gradito perché possiamo ottenere il regno promesso”. Tori¸ buoi¸ colombe e monete eliminati da Gesù servono per dirci che il punto in cui l’uomo si pone veramente in pace con Dio non è nell’offerta esterna¸ nella candela¸ ma è all’interno della sua coscienza. “Faccia di noi” non delle pecore e dei buoi. Questo è il significato positivo che Giovanni esprime in maniera sgarbata nel suo testo¸ che Gesù forse ha operato in maniera più gentile quando ha visitato il tempio. Ma questa è la verità profonda: il luogo dove Dio si incontra con gli uomini è la coscienza delle persone. Per questo il vero tempio è il pane e il vino in cui Cristo si unisce con noi e fa di noi il vero tempio cioè il luogo simbolico in cui avviene la vera¸ autentica relazione con Dio cioè il vero sacrificio.