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Omelia VIII DOM. T.O. B del 26 Febbraio 2006

Omelia 26 febbraio In questa domenica sarebbero possibili varie sottolineature e prediche differenti e devo scegliere un tema che non esaurisce tutto l’interesse delle varie letture. Può darsi che le seconda lettura che abbiamo letto oggi¸ tenetevela in mente perché può anche darsi che ci serva domenica prossima che è la prima di quaresima nella quale ci sono delle letture¸ io non voglio usare degli aggettivi offensivi¸ ma ci sono delle letture che non sono un gran che ed allora approfitterei del fatto che voi vi ricordate la lettura di oggi¸ quella della lettera scritta sui cuori¸ perché¸ a mio parere¸ può servire per la predica di domenica prossima. Cosí come forse domenica prossima si potrebbe dire qualcosa sulla questione del digiuno visto che in quaresima rimane ancora una piccola traccia di mortificazione alimentare. Ed allora tutte queste cose le rimandiamo. Rimarrebbero due temi: quello dello sposo e quello del vecchio e del nuovo¸ panno grezzo sul vestito nuovo¸ rattoppo nuovo che squarcia il vecchio e vino nuovo in otri vecchi. Dipende dalla mia capacità di controllo del tempo¸ se riesco a trovare il tempo per dire due parole su tutti e due i temi e¸ altrimenti pazienza¸ ci limitiamo al primo. Il primo tema¸ quello dello sposo¸ è richiamato dalla prima lettura¸ come spesso succede¸ che è uno dei passi dell’A.T. in cui si adopera l’analogia delle nozze per parlare della relazione che Dio intende creare con il suo popolo¸ relazione che l’A.T. chiama spesso con la parola alleanza. E l’immagine dello sposo è appunto un’illustrazione della nuova alleanza che Dio instaura con il suo popolo. Sono cose che sono caratteristiche soprattutto di Osea e di Geremia ed è un tema molto interessante. Infatti i commentatori sono molto attratti da questo tema dell’immagine dello sposo ed è proprio questo su cui voglio brevemente riflettere perché mi pare possa essere utile rispondere a questa domanda: cosa rappresenta l’immagine dello sposo e della sposa? Dio è sposo e noi siamo la sposa. Che cosa dice a proposito dell’esperienza religiosa¸ di quello che è la fede¸ la religione¸ perché nel N.T. sono presenti anche altre immagini¸ altri modi di raffigurare la relazione fra Dio e gli uomini. E il Vaticano Secondo¸ per esempio¸ aveva detto¸ quando ha fatto la sua costituzione sulla Chiesa¸ che queste immagini della Bibbia bisogna tenerle presenti tutte perché la Chiesa¸ se volete la religione dei credenti¸ non si può definire con poche parole o con una sola immagine¸ ma bisogna tener conto di tutte le diverse immagini che sono usate nel N.T.¸ molte delle quali hanno origine nella persona stessa di Gesù. Per farmi capire parto da un’altra immagine. Ci sono delle immagini¸ delle parabole in cui c’è un padrone con dei servi e¸ sia pure in maniera un po’ indiretta è chiaro che il padrone rappresenta Dio e i servi rappresentano noi. Allora¸ se uno si basa su questo tipo di immagini… “Andate anche voi a lavorare nella mia vigna”¸ “Noi siamo delle persone che viviamo la religione in questo modo: c’è un Dio che ci dà degli incarichi¸ ci affida dei compiti”. Un re partendo distribuí i suoi talenti: dieci a uno¸ cinque all’altro poi¸ quando torna¸ faranno i conti. Ecco¸ questa è l’immagine del padrone e del servo che comprende¸ se volete¸ due componenti: quella della grande casa dell’antichità in cui i servi abitano e lavorano¸ oppure quella della produzione¸ del lavoro. Uno dice: “Io sono religioso¸ io ci credo¸ vado in chiesa”¸ se la cosa viene interpretata secondo questo schema allora significa che io vedo in Dio colui il quale mi affida dei compiti e colui al quale devo rendere conto. Sono compiti adeguati alle mie capacitภaffidati con bontภperò io sono colui il quale riceve questa specie di diktat di comando “Esegui¸ fai quello che ti dico”. E’ un modo di concepire la religione¸ la religione concepita come… non volete la parola servitù¸ adoperate la parola collaborazione¸ cooperazione¸ è il compito da eseguire. Qualche volta il modo di parlare di Gesù¸ invece di parlare del padrone parla del padre con i figli¸ ma se ci avete badato… “Un padre aveva due figli¸ disse al primo <Va a lavorare>¸ lui rispose <Sí> ma poi non ci andò”. E si sovrappongono le due cose perché il modo con cui in molte parabole è presentata la paternitภse si eccettua per esempio la parabola del Figliol Prodigo dove questo tema non è presente¸ però¸ in tante altre¸ la paternità è ancora collegata con il servizio alla famiglia¸ il lavoro da fare in casa o nei campi che sono proprietà della famiglia. Quindi anche la figura paterna¸ quando è usata in molte parabole¸ assomiglia abbastanza a quella del padrone che si preoccupa che i suoi figli eseguano i compiti a loro affidati. Allora vivere la religione significa avere questa responsabilitภsentire questa responsabilità. Io ho degli adempimenti da eseguire¸ io ho degli incarichi¸ mi sono stati affidati da uno con il quale non si discute più di tanto¸ non si contratta più di tanto¸ si può fare qualche osservazione¸ ma in realtà è uno il quale mi comanda (senza calcare troppo sul comanda) però la religione può essere concepita cosí¸ è giusto concepirla cosí. Il Vaticano Secondo diceva “Però non assolutizzate una sola immagine”. C’è¸ per esempio¸ un’altra immagine che è quella del re¸ che è molto usata e che dà origine all’espressione “regno di Dio”. L’immagine del re va collocata nella cultura dell’antico oriente e più ancora di quanto non accada per quella del padrone e del padre perché nell’antico oriente il re non è soltanto quello che governa¸ che fa pagare le tasse. Nel Libro di Samuele c’è una critica alla monarchia basata su questo. “Prende i vostri giovanotti migliori e ne fa suoi scudieri¸ prende le vostre ragazze più belle e ne fa panettiere¸ fornaie e altre cose e vi impone le tasse”. Dio non è presentato secondo questo schema del re ma secondo un altro schema che è quello del re forte¸ vittorioso¸ capace¸ potente¸ che vince i nemici¸ che dà le leggi giuste¸ che assicura i processi fatti con giustizia. Allora essere religioso viene interpretato come essere sotto la tutela di questo re potente¸ saggio¸ intelligente¸ qualche capriccio ogni tanto¸ ma in genere equanime¸ imparziale. Allora la religione non è più sentita tanto come quella che mi dà dei comandi da eseguire¸ ma come quella che mi dà sicurezza¸ protezione. C’è un re che bada lui ai confini¸ ai nemici. In molti salmi¸ per esempio¸ questo è detto con chiarezza assoluta e¸ addirittura¸ dicendo che la presenza del re garantisce perfino la regolarità delle piogge¸ la fecondità dei campi¸ è il re che assicura la buona vita¸ è la sicurezza¸ la protezione. Io penso che questo vi sia utile perché tutte queste cose le sentite nei Vangeli¸ nelle parabole soprattutto e hanno riferimenti con… Come va sentito l’essere religiosi? E si potrà anche decidere se poi c’è un’immagine prevalente¸ però¸ vi ripeto¸ il Concilio ci ha ammonito “Nessuna immagine esaurisce la realtà della vita del credente¸ della vita religiosa”. Quella della sposa e dello sposo che cosa dice? Nella famiglia antica c’è ancora anche qui una componente di superiorità dell’uomo sulla donna¸ dello sposo sulla sposa. In ebraico¸ quando la donna parlava del marito lo chiamava con un termine che significa “mio padrone”. C’è questa componente¸ però direi non è quella più fortemente sottolineata¸ piuttosto ce n’è un’altra e cioè che l’immagine della sposa è completamente differente dalle due che ho descritto prima perché punta ad una condizione di parità. Sposa e sposo sono quelli che stanno bene insieme ed è lo star bene insieme la ragione primaria per cui sono sposo e sposa. Dallo star bene insieme nasce la fecondità e la possibilità di avere figli che a loro volta sono fonte – la Bibbia usa spesso “nel quale mi sono compiaciuto”. I figli¸ quando va tutto liscio rendono contenti¸ uno è orgoglioso dei suoi figli e specie nel mondo antico¸ secondo me anche nel mondo odierno¸ la madre se li gode di più i suoi figli¸ più in quello antico che in quello odierno¸ lo capisco¸ però è della Bibbia che io sto parlando. Quindi in fondo la figura di felicità è più nella sposa che nello sposo¸ la dimensione beatitudine. E lo sposalizio è tutto un altro modo di concepire¸ cioè la religione cosa ti porta nella tua vita? La prima immagine diceva dei doveri¸ la seconda diceva una sicurezza¸ la tranquillitภla pace. La terza dello sposo dice che è bello vivere la gioia¸ perfino il piacere. Ma soprattutto quella possibilità di essere alla pari nello scambio. Sposo e sposa sono intimi tra di loro. E’ per questo che molti teologi ritengono che l’immagine sposo-sposa sia¸ grazie a Gesù Cristo¸ l’immagine che deve diventare dominante. Cioè¸ le altre la completano¸ e se volete la ridimensionano¸ ma l’immagine primaria deve essere questa¸ cioè per te cosa vuol dire essere cristiano? Che per me l’unione con Dio è come quella con la donna o con l’uomo che amo¸ stiamo bene insieme. Col padrone e col re si ha rispetto¸ ammirazione¸ qualche volta rompono¸ non c’è lo stare insieme. C’è l’essere ammaestrati¸ l’eseguire. La differenza con la parabola delle nozze potete poi completarla voi¸ io non son capace di far vedere tutte le singole proprietà dell’una o dell’altra tipologia però mi pare che ci sia un salto di qualità evidente nell’immagine dello sposo e della sposa che va nella direzione dell’appagamento. Certo quando il matrimonio va bene¸ lo so anch’io che si può scherzarci sopra alla cosa dicendo che i teologi che valorizzano l’immagine della sposa in genere sono celibi e quindi non sanno¸ ma questo lo si dice per scherzare. Anche l’immagine del padrone e del re può diventare tirannia¸ schiavitù¸ ci mancherebbe altro. Le immagini non per nulla sono presentate¸ appunto¸ nel racconto della parabola¸ nel modo di dire¸ cioè sono immagini di tipo ideale-letterario che servono come punti di confronto appunto perché uno si domandi e risponda poi alle domande: ma per me la religione che cos’è? E’ che sono contento grazie alla vicinanza di Dio? Che sto bene? Che mi sento appagato? O è invece che mi sento protetto¸ o è invece che mi sento inquisito¸ dominato? Questo è quello che volevo dirvi: il fatto che Gesù abbia utilizzato quest’immagine e abbia anche detto in maniera se volete molto banale: in un banchetto di nozze non si può fare digiuno perché un banchetto di nozze indica appunto la libertภil lasciarsi andare¸ non aver paura di niente¸ è il momento della dimensione della felicità. Molte volte¸ quando si parla di religione¸ si ha paura a dire “La religione è quella che rende felici”. C’è sempre stato¸ specie nella cultura occidentale da Sant’Agostino in poi¸ questo timore di usare queste parole. Infatti si direbbe beatitudine anche nei testi liturgici¸ canzoncine. Si vanno a cercare parole più adatte: letizia¸ gioia. La parola più sfruttata se volete¸ e banale però¸ è lo star bene¸ godersela. Per caritภil matrimonio non si esaurisce in questo¸ però se nel matrimonio non c’è questo non si reggono gli sposi a mantenere anche le fatiche e i problemi che nascono nella famiglia. Ma la grazia del matrimonio è proprio quel particolare stare insieme con mutuo piacere che rende forti¸ coraggiosi¸ resistenti. Quello che molte volte manca nel lavoro. Quello che nel lavoro molte volte fa l’artigiano ma non il lavoratore dipendente. Ecco perché l’altra immagine¸ quella del padrone-servo è meno completa di questa. Ecco¸ voi ripensateci a queste cose e aggiungete¸ se volete¸ le riflessioni su un’altra immagine: il pastore-pecora. Potete ripensare che senso può avere lo stesso termine alleanza¸ il maestro-discepolo vissuto alla maniera antica¸ però¸ della convivenza. Son tutte cose secondo me di grande interesse perché cercano di rispondere alla domanda: “Cosa ti dà la religione nella vita? Cosa ricavi da questo? Cosa ti fa diventare la tua fede e la tua prassi religiosa?” Se voi riuscite a rispondere è come un essere a nozze¸ è la gioia¸ è il sentirmi appagato e contento¸ è la felicità che mi rende capace di superare le difficoltà. Allora avete capito quello che forse Gesù pensava della religione.