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Omelia III Avvento - B del 11 dicembre 2005

(Sintesi)Is 61¸1-2a.10-11; 1Ts 5¸16-24; Gv 1¸6-8.19-28 I testi della prima e seconda lettura di domenica scorsa parlavano di una azione cosmica di Dio che avrebbe prodotto un mondo migliore bruciando e fondendo la terra di prima e fondando cieli nuovi e terra nuova. In questa domenica è abbastanza simile la prima lettura: parla di un’azione di Dio per restaurare la vita dell’uomož e anche qui si attribuisce all’uomo di Diož il profetaž la capacità di -fasciare le piaghe dei cuori spezzatiž proclamare la libertà-ž perché il profeta -ha le vesti di salvezzaž è avvolto con il manto della giustizia-. E poi cŽè la finale - Come un giardino fa germogliare i semiž cosí il Signore farà germogliare la giustizia-. Domenica scorsa si diceva nel salmo che la giustizia verrà dal cielo e il commento che facevamo era che si trattava di una bella immagine poetica ma che non corrispondeva alla realtà: Dio non cambia lŽambiente nel quale viviamož Dio agisce eventualmente sulla nostra coscienzaž per cui la giustizia nasce da uomini trasformatiž non da un mondo trasformato. Anche il Magnificat va interpretato in questo modo: non è Dio che ricolma di beni gli affamati e manda a mani vuote i ricchi. EŽ Dio che fa questo attraverso lŽimpegno degli uomini che si sforzano di dar da mangiare agli affamati e che cercano di fare in modo che i ricchi consegnino qualche cosa per il sostegno dei poveri. Il Vangelo ci fa riflettere su un altro aspettož collegato al precedente: colui che cambia le cose è Cristo; colui che produce il mutamento del cuore è Cristo. Non Giovanni Battistaž il quale può soltanto preparare. Infatti Giovanni Battista dice - Io non sono niente; sono soltanto una voce che prepara quellŽunico che deve venirež il quale sarà il punto di partenza di tutto il rinnovamento del mondo-. Su questo oggi bisogna riflettere. "LŽunicož lui solož quello che deve venirež nessun altri né prima né dopož Gesù Cristo è il perno della salvezza del mondo". Questo è il contenuto della nostra fede. Questo contenuto della nostra fede è molto difficile da accettare nella situazione in cui si trovano oggi gli uomini. LŽevoluzione culturale e tecnica ha cambiato talmente le cose che questa insistenza della fede sullŽunico che è Gesù Cristož lŽunico da cui viene la veritàž lŽunico che sa distinguere il bene dal malež questa dipendenza da un unico filone interpretativož da un unico criterio di giudizio che è la persona di Gesù Cristo diventa sempre più difficile da accettare. In alcuni momenti la Chiesa ha ammesso che bisognava andare oltre questa idea dellŽunico. Nella lettera ai Tessalonicesi si descrive una cosa che non era frequente nel mondo antico: nellŽassemblea cŽerano persone che profetavano. E Paolo dice - Non disprezzate le profezie - riferendosi a persone che parlavano in assemblea. Certož interpretavano i voleri dellŽunico che è Gesù Cristož tuttavia parlavano. -Voci diverse risuonano- e Paolo dice - Non disprezzate le profeziež esaminate ogni cosaž tenete ciò che è buono-. In altri momenti la Chiesa ha invece avuto lŽimpressione che dallŽunico che è Gesù Cristo originasse un unico schema di veritàž che lŽunica gerarchia della chiesa cattolica era chiamata a difendere e insegnarež e a fianco del quale nessuno poteva aprir bocca. EŽ il tipico errore del medioevož che ha questa fissazione sullŽunico Cristož lŽunica veritàž lŽunico magistero. La fragilità di tutto questo ha cominciato ad essere evidenziata dal piccolo episodio Galileo - Noi sappiamo tutto; tu puoi osservare coi tuoi strumenti ma non arrivi alla veritàž perché la verità viene dallŽunico e dagli unici interpreti dellŽunico-. Il cammino della scienza ha capovolto tutto perché ha fatto capire che non cŽè nessuna spiegazione risolutivaž definitivaž unicaž ma cŽè una continuaž crescente approssimazione. LŽuomo di oggi che naviga in internet si rende conto che tutti hanno diritto di dire la loro. EŽ il mondo delle voci. E nessuno può più presentarsi come al Battista dicendo - Se non sei Elia perché battezzi-? Da quando cŽè internet nessuno può dire - Se non sei un professore perché metti un messaggio-? In realtà occorrerebbe ancora fare qualche verifica sulla competenza. Questa è diventata la difficoltà del mondo contemporaneo: con quali criteri si giudica il diritto che uno ha di parlarež di proporrež di spiegarež di lanciare unŽipotesi? - Esaminate ogni cosaž tenete ciò che è buono- dice S. Paolo. Come si fa a sapere ciò che è buono? Il mondo moderno è in questa incertezzaž quella che molti accusano e chiamano relativismo. CŽè un relativismo da condannarež cŽè una consapevolezza della relatività di ogni cosa che è invece il nuovož unico principio. Barcamenarsi oggi tra la relatività di ogni affermazionež la necessità che ogni affermazione venga circoscritta allŽambito in cui è valida e funziona e non estrapolarla per farla diventare una regola che vale al di fuori del suo ambito è il test della nostra onestà intellettuale e della nostra competenza nel mondo contemporaneo. Molti la applicano anche alla religione. E anche a Gesù Cristo osano dire - Ma chi sei tu per avere il diritto di comandare in eterno e di dirci ciò che è bene e ciò che è male -? Chi naviga sperimenta ogni giorno questo interrogativož perché trova anche chi sentenzia in religionež e non ha nessuna autorità per farlož ma ha diritto di farlo. Le comunità cristiane primitive avevano cominciato a dire - Parlino tuttiž poi voi verificate-. Come si fa a verificare? Qualcuno dice che le religioni monoteiste corrono questo rischio di non permettere alle voci di parlare. LŽebraismo lascia parlare tuttiž lŽIslam in alcuni suoi esponenti sembra essere meno consapevole della necessità di capire che oggi quellŽidea dellŽunica verità già data è unŽidea che si fa molto fatica ad accettare. Dovremmo pensare seriamente a queste cosež dovremmo pregare che il Signore ci aiuti a capire come si può recuperare questo diritto di Cristo di essere al di sopraž di essere l’unico punto di riferimentož che è il contenuto della nostra fedež perché è per questo che noi diciamo che lui è Diož e Dio si può interrogarlo ma non si può metterlo a tacerež non si può accusarlo di errori. Come si può comporre questo unico riferimento a Gesù Cristo con la necessità di ascoltare e di rispettare le molteplici voci? Non è più possibile oggi l’umiltà del Battista che dice – Io sono solo una voce che non conta -. Ogni voce vuol contare. Come si può conciliare tutto questo? Questo è il compito profondo e vero dell’aggiornamento e del modo di essere credenti in Cristo nella società odierna.