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Omelia II Avvento - B del 4 dicembre 2005

Is 40¸ 1-5.9-11 2Pt 3¸8-14 Mc 1¸ 1-8 Può darsi che riesca anche questa domenica a scontentare molti di voi con quello che cercherò di dire. Mi viene da confrontare la prima e la seconda lettura con il vangelo. La prima lettura è particolarmente bella dal punto di vista letterario¸ i testi religiosi hanno diritto di essere poetici¸ però bisogna stare attenti perché un conto è l’apprezzamento della poesia ed un conto è la percezione dell’autentico contenuto religioso che il testo vuole trasmettere. E a me pare¸ forse sbaglio¸ che la prima lettura sia un tipico esempio di come il mondo antico¸ in particolare l’ebraismo antico¸ si prospettava la salvezza e immaginava il compito di Dio nei confronti della nostra vita la quale è una vita piena di difficoltภmisera¸ bisognosa di protezione¸ bisognosa di salvezza¸ il benessere è difficile da conquistare e poi da mantenere¸ non è di tutti: ci sono le carestie¸ la siccitภle catastrofi¸ le disonestภl’ingiustizia¸ la prepotenza¸ tutte queste cose¸ ed allora si spera che Dio faccia qualcosa. E’ il testo che noi abbiamo letto come prima lettura è uno dei più caratteristici della speranza di un certo momento storico dell’antico Israele. Gli anni o i mesi che immediatamente precedono la fine dell’esilio quando¸ cosí dicono gli studiosi – il profeta Isaia non c’entra nulla con il testo che abbiamo letto¸ è dentro nel libro del profeta Isaia. Siamo negli ultimi anno¸ circa 540¸ nel 538 Ciro darà il permesso di tornare in Palestina ai giudei che vorranno. Nasce questa poesia “Il libro della consolazione di Israele” lo si intitola; è l’inizio della seconda parte del libro di Isaia. “Consolate” oppure “Confortate il mio popolo¸ parlate al cuore di Gerusalemme” è un testo altamente poetico perché¸ tra l’altro¸ e questo è spesso il bello della poesia¸ non si dice a chi sono rivolti questi imperativi. Chi è che deve consolare? “Una voce grida”. Chi è questa voce? Spesso l’indeterminatezza costituisce il bello del discorso poetico perché dà la possibilità a chi ascolta o a chi legge di immaginare. E poi è fantasiosa la descrizione di quello che faranno questi misteriosi personaggi che odono la voce. Prepareranno una strada nel deserto¸ nella steppa. “Ogni valle sia colmata¸ ogni monte sia abbassato¸ il terreno accidentato si trasformi in piano¸ quello scosceso in pianura”. Altro che la Val di Susa¸ è la trasformazione del suolo¸ è il prodigio cosmico¸ ecco è qui che volevo arrivare. Questo modo di presentare le cose immagina¸ prospetta come azione di Dio per la nostra salvezza¸ il cambiamento del pianeta¸ il cambiamento della terra - loro non sapevano che la terra era un pianeta – il cambiamento dell’universo¸ la modifica del quadro esterno per tornare¸ lo so che è pura poesia¸ capisco¸ ma se uno recita in ambiente religioso una poesia di questo genere¸ che speranza trasmette a chi ascolta? La speranza che Dio¸ operando all’esterno¸ cambiando le strutture del mondo¸ spianando le montagne¸ costruendo gallerie si direbbe oggi¸ renda la vita più bella¸ più facile. Io sono convito che quella galleria della Val di Susa sarà indispensabile¸ ma questo non c’entra¸ è una mia idea geografico-politica¸ ma non sto facendo un discorso religioso se difendo la galleria della Val di Susa. Anche la figura di Dio nella seconda parte del testo è pensata in questa maniera¸ che io qualificherei mitica. “Ecco il vostro Dio¸ ecco il Signore viene con potenza”¸ poi c’è la descrizione del re guerriero: “Con il braccio detiene il dominio¸ ha con sé il premio¸ i trofei lo precedono”. Però poi c’è l’elemento contrastante¸ ma che completa il discorso¸ della tenerezza. Anche questo è un sogno¸ capite? Il potere che si fa tenerezza: “Come un pastore fa pascolare il gregge¸ lo raduna¸ porta gli agnellini sul seno¸ conduce pian piano le pecore madri”. E’ bellissimo¸ ma è¸ appunto¸ la speranza mitica¸ la speranza del prodigio esterno che cambia il mondo. La mia domanda è questa: questo tipo di speranza ha ancora un senso oggi? Piacciono molto queste letture¸ vengono spesso utilizzate nelle veglie bibliche¸ nei ritiri¸ commuovono. Che bello essere cristiani¸ ebreo – cristiani e poter sperare in queste cose. Ma sono contenuto oggettivo di speranza o sono semplicemente consolazione superficiale? La seconda lettera di Pietro¸ che non è di Pietro ma è attribuita a lui¸ in buona parte contiene la medesima prospettiva in senso distruttivo: I cieli con fragore passeranno¸ gli elementi consumati dal calore si dissolveranno¸ la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta. E qualcuno ha l’ingenuità di dire che questo potrebbe andar d’accordo con certe ipotesi scientifiche sulla fine dell’universo¸ il che è semplicemente ridicolo perché questa è poesia¸ non scienza. Tutto deve dissolversi: i cieli si dissolveranno¸ gli elementi incendiati si fonderanno e questo è niente perché questa è soltanto la premessa per quel che viene dopo. Ed è qui che ritorna il mito della prima lettura: “Noi aspettiamo nuovi cieli e terra nuova nei quali avrà stabile dimora la giustizia”. Vedete¸ già il vecchio Geremia aveva fatto un discorso diverso¸ aveva detto che Dio potrebbe essere capace di creare cuori nuovi nelle persone¸ ed in questi¸ Geremia vedeva la possibilità di veritภgiustizia e bontà. La seconda lettera di Pietro usa ancora lo schema descrittivo esterno¸ che per questa ragione io chiamo mitico che verranno cieli nuovi e terra nuova¸ rimane sottinteso che ci saranno uomini nuovi. Vedete¸ questa prospettiva di tipo cosmico¸ questo esteriorizzare la speranza è caratteristico della cultura antica dell’ebraismo¸ rimane nella lettera di Pietro. Secondo me è semplicemente ingannevole questo modo di parlare¸ e questo può darsi che scandalizzi molti di voi. E’ retorica¸ esteticamente pregevole¸ ma all’interno di un messaggio religioso non coglie nel segno¸ illude. Non verranno mai cieli nuovi e terre nuove¸ non è vero quel dice il salmo che la verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. O meglio¸ non è vero¸ è verissimo se voi la considerate una metafora che non deve trasformarsi in concetto. Se è una battuta poetica è splendida¸ ma la verità non germoglia dalla terra¸ giustizia non si affaccia dal cielo. Oh be’¸ tranne che si intenda un modo per indicare la singola persona di Gesù Cristo¸ questo è tutto un altro discorso. Ma la giustizia germoglia dalla buona volontà dell’uomo¸ dalla sua capacità di programmare¸ di controllare sé stesso¸ di essere severo con le sue colpe¸ di organizzare meglio la società. Ecco¸ vedete¸ per questo¸ nonostante tutto io ritengo che quello che fa Marco all’inizio del suo vangelo è l’equivalente di quello che io ho cercato di fare nella mia predica. Lui lo fa bene¸ io lo faccio malamente. Vale a dire¸ quando si è realizzata la profezia di Isaia sulle colline spianate¸ sui monti appianati? Quando? Non con l’azione di Dio nel deserto¸ ma quando la voce di un uomo nel deserto¸ e qui c’è la diversa posizione dei due punti¸ perché il testo della prima lettura immagina che il cambiamento avvenga nel deserto¸ mentre il N.T. dice che nel deserto risuona la voce¸ e il cambiamento non avviene più nel deserto¸ ma avviene nel cuore delle persone perché il bravo Giovanni Battista viene¸ con un costume stranamente grottesco¸ ma non è questo che conta¸ forse vuol proprio dire che veniva senza potere¸ senza prosopopea¸ vestito di peli di cammello¸ con una cintura intorno ai fianchi¸ si accontentava di mangiare locuste e miele selvatico¸ non si aspettava niente dall’esterno e predicava una sola cosa: di confessare i peccati e compiere un gesto di purificazione nel fiume Giordano. La promessa della giustizia e del cambiamento del mondo secondo Giovanni Battista viene da queste due parole: pentitevi e purificatevi. Ecco¸ questa mi pare che sia la differenza. Certo la Bibbia è a posto perché mette insieme le due prospettive direi che prima esalta ed eccita la fantasia con la prospettiva meramente poetica dei cieli nuovi e della terra nuova¸ come fa l’apocalisse della nuova Gerusalemme che scende dal cielo e questi sono il preludio¸ l’ouverture per creare l’atmosfera e questa rimane la prospettiva alla quale è dedito soprattutto l’A.T. e anche parte del N.¸ come l’apocalisse e la seconda lettera di Pietro. Ma poi arriva la parola programmatica¸ la parola seria: “Confessate i vostri peccati e purificatevi perché siete voi¸ uomini¸ con la vostra umile ma onesta attività che creerete nel mondo un po’ più di giustizia¸ un po’ più di verità. “Convertitevi a Dio al quale non interessa spianare le colline¸ ma interessa trasformare i cuori”. Quello che ho detto mi pare che sia utile per comprendere l’alternarsi all’interno della sacra scrittura di queste due fondamentali forze ispiratrici della salvezza umana. La forza della poesia¸ la forza del sogno¸ dell’utopia¸ della fantasia¸ del mito che sono necessarie¸ ma sono il preludio¸ sono quelle che ci inebriano e ci danno la gioia di sperare e di credere nella possibilità di cambiare il mondo¸ ma guai se ci fermiamo a questo¸ guai se ci fermiamo all’immagine¸ al simbolo¸ alla fine¸ bisogna arrivare alla realtà e la realtà è¸ come dicevo¸ che la giustizia non scende dal cielo ma nasce dall’interno della nostra coscienza.