» Home » Domande - Risposte   » Libro deglio ospiti    » Contatti  
Omelia XXIX DOM. T.O. A del 16 ottobre 2005

Omelia 16 ottobre Può darsi che quello che dirò scontenti molti di voi¸ ma lo dirò lo stesso. Innanzitutto io seguo il parere di quei commentatori i quali ritengono che la battuta finale di questo vangelo Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio è stata sopravvalutata nella tradizione¸ soprattutto a partire dal 1800¸ perché ci si è basati su questa frase per costruire le diverse teorie sui rapporti tra Chiesa e Stato. E¸ spesso¸ la si cita per dire che sottolinea la distinzione ma non la separazione. E¸ ripeto¸ a me pare che abbiano ragione quei commentatori i quali dicono che non era intenzione dell’evangelista e¸ quasi certamente¸ neanche di Gesù di dare con questa frase un insegnamento o un orientamento per riflettere sul problema che è serio¸ che è grave¸ che è generale dei rapporti fra le comunità religiose e le autorità politiche. Era soltanto un’intelligente e geniale battuta per liberarsi dal tranello che i farisei gli stavano tendendo. Quindi¸ direi¸ la portata di questa frase non è cosí elevata¸ cosí grande da poter giustificare¸ sulla base della formulazione di queste parole¸ delle dottrine di diritto pubblico sui rapporti Chiesa – Stato. Sembra di capire che tutto il racconto¸ cosí come è costruito¸ non giustifica questa sopravvalutazione della frase; è piuttosto un racconto di persone che hanno adottato una strategia per cogliere in fallo Gesù che a loro sembrava che sarebbe certamente funzionata¸ e¸ genialmente¸ Gesù riesce invece a smontare il loro desiderio. Il fatto di aver mandato a interrogare Gesù insieme con i loro discepoli¸ per esempio gli erodiani¸ fa pensare. Ci sarebbero tante cose da dire ma non voglio adesso ricostruire tutta la situazione della Giudea ai tempi di Gesù. Qui siamo a Gerusalemme¸ gli erodiani non hanno nessuna autorità in Gerusalemme perché la Giudea fa parte della provincia romana di Siria. Gli erodiani comandano in Galilea dove c’è re Erode. Cosa ci stanno a fare gli erodiani in questa specie di incontro con Gesù? Anche Erode in Galilea riscuote tasse e¸ da re amico¸ manda una percentuale a Roma¸ ma è evidente che queste persone sono mandate per spiare l’atteggiamento di Gesù¸ per vedere se per caso non possa dare una risposta che potrebbe favorire la simpatia per Erode contro la dominazione romana della Giudea¸ creando tensione fra la Galilea e la Giudea e¸ quindi¸ cercando il pretesto di presentare poi Gesù come un agitatore politico che sta dalla parte di Erode. Questi erodiani erano probabilmente a Gerusalemme perché tutto questo sarebbe avvenuto il lunedí o il martedí della settimana santa¸ Gesù muore due giorni dopo¸ secondo il racconto evangelico e sono a Gerusalemme per la Pasqua. La furbizia di Gesù sta nel denaro perché circolavano diverse monete¸ ovviamente¸ a quel tempo in Palestina¸ coniate da diversi stati¸ vecchie monete¸ monete attuali. Quando bisognava pagare le tasse ai romani esigevano che si adoperasse la moneta coniata da loro perché quello che contava era la quantità di argento e quindi era obbligatorio pagare con denaro d’argento di conio romano perché non si fidavano delle altre monete che contenevano stagno… Ecco perché sulla moneta c’era l’effige di Tiberio da una parte e della dea Roma dall’altra. E questo permette a Gesù di dire: “Vedete¸ questa moneta che circola per editto di Cesare datela a Cesare e non mescolate le faccende che riguardano Dio.” Questo¸ certamente¸ è il senso della frase finale ma non direi che si debba andare più oltre e che basti accontentarsi¸ direi¸ di questa ammirevole capacità di Gesù di scoprire l’ inganno degli avversari e di uscirne fuori genialmente¸ con libertà. Vorrei¸ invece¸ dire un’altra cosa e questa è quella che potrebbe scontentare qualcuno e cioè che la liturgia di questa domenica¸ scegliendo come prima lettura il brano della seconda parte di Isaia in cui si parla dei rapporti tra Dio e Ciro re di Persia¸ suggerisce una interpretazione del testo evangelico che è del tutto favorevole all’accettazione del diritto di governare di ogni autoritภqualunque essa sia. Perché il testo di Isaia dice che Ciro re di Persia che sarà il liberatore di Gerusalemme¸ anche se lui non lo sa è stato scelto da Dio: Lo ha preso per la destra per abbattere davanti a lui le nazioni - si pensa a Babilonia – per sciogliere le cinture ai fianchi dei re¸ farli prigionieri¸ aprire davanti a lui i battenti delle porte¸ per amore di Giacobbe mio servo l’ho chiamato per nome. Quindi è una tesi interessante¸ quella di Isaia¸ che anche un imperatore pagano può essere messo sul trono per grazia di Dio e può essere guidato da Dio nella sua attività per il bene del suo popolo. E questa idea di una specie di¸ non dico sacralità naturale¸ ma di possibile presenza di Dio alle spalle di chi governa è un’idea interessante che oggi non avrebbe certamente più senso. Ma quando chi ha composto la messa ha scelto questa prima lettura¸ ne potevano scegliere un’altra¸ è vero che è bilanciata dal salmo dove invece si glorifica la potenza e la gloria di Dio¸ facendo di prima lettura e salmo quasi un dittico: Date a Cesare (prima lettura) Date a Dio (salmo). Ma¸ ripeto¸ la prima lettura dà l’impressione che molte volte anche Cesare è voluto da Dio e¸ quindi¸ ribellarsi o contestare le autorità costituite potrebbe essere molto imprudente¸ non è consigliabile ai cristiani. Forse esagero in questa interpretazione¸ ma mi pare che la liturgia la suggerisca. E devo ricordare che nella Lettera ai Romani¸ che è un testo di grandissima importanza¸ esiste¸ al capitolo 13¸ quella famosa serie di affermazioni che oggi verrebbero considerate sciocchezze¸ ma in realtà sono nella Lettera ai Romani: ogni autorità viene da Dio. Dice san Paolo: “Si deve obbedire all’autorità a prescindere dalla sua correttezza morale perché è autorità e ogni autorità viene da Dio”. E dice san Paolo che ad ogni livello di autorità si deve dare quello che gli spetta: a chi la tassa¸ la tassa¸ a chi l’onore¸ a chi la riverenza la riverenza. C’è cioè nel N.T. e in genere in tutta la sacra scrittura una stima dei poteri costituiti¸ qualunque essi siano¸ Certo¸ esiste anche qualche volta il dovere di opporsi alle ingiustizie e ai delitti che i potenti possono compiere ma non si mette in discussione l’autorità come tale¸ il sistema come tale. E questa è la cosa che potrebbe dispiacere a molti di voi: secondo me bisognerebbe che oggi noi riflettessimo ancora per chiederci se c’è ancora una validità anche nel mondo contemporaneo di questa concezione biblica e¸ direi¸ soprattutto del N.T.¸ che ogni autorità viene da Dio. Oggi nessuno accetterebbe questa frase di san Paolo senza modificarla. Però¸ vedete¸ questo spiega¸ per esempio secondo me¸ forse sbaglio¸ perché durante tutto il periodo dell’impero romano¸ se ci pensate¸ anche quando c’erano le persecuzioni - le persecuzioni sono state molto limitate¸ duravano pochissimo tempo¸ non è che ci siano stati tre secoli di persecuzioni nell’ambito del cristianesimo nei primi tre secoli non c’è mai stata nessuna ribellione¸ nessuna contestazione all’autorità dell’impero. Durante le stesse persecuzioni i cristiani si nascondevano¸ scappavano¸ si ribellavano¸ nel senso che non accettavano l’ imposizione che veniva fatta¸ ma nessuno ha mai detto: “Sia maledetto l’imperatore”. Qualcuno dice: “Perché avevano paura”. Può darsi¸ o perché nonostante tutto ritenevano che l’imperatore può sbagliare “E io non devo cedere al suo errore”¸ ma è in un certo senso intoccabile. Capisco¸ dietro c’è un retroterra mitico¸ ci sono delle passive accettazioni dell’autoritภnon c’è ancora nessuno spirito democratico¸ me ne rendo conto¸ però secondo me è interessante tutto questo. Il cristiano deve ancora oggi riconoscere che l’esistenza di una autorità che esige ordine¸ sottomissione¸ leale ubbidienza è ancora un valore morale che il cristiano deve difendere oppure no? Ecco¸ lascio a voi di riflettere su queste cose ma purchè diate anche il giusto peso a questi testi biblici che possono sembrare non più attuali¸ ma bisogna dimostrarlo che non sono più attuali. Detto questo cambio completamente argomento e vi faccio notare un’altra cosa che nella liturgia di oggi è invece di grande interesse spirituale e cioè quello che avete letto come seconda lettura che sono i primi cinque versetti della lettera di san Paolo ai cristiani di Salonicco di Tessalonica. Questo è il testo più antico che noi possediamo del N.T. perché probabilmente questa lettera è stata scritta nel 51 da Corinto¸ quindi una ventina d’anni dopo la morte di Cristo. E se rileggete¸ vi accorgerete¸ scelgo soltanto alcune osservazioni¸ vi accorgerete che già in questa lettera del 51 c’è dentro il 90% di quello che anche oggi costituisce l’essenza del cristianesimo. Perché Paolo dice: “Ringraziamo Dio per tutti voi ricordandovi nelle nostre preghiere¸ memori davanti a Dio e Padre nostro – poi ci sono tre parole fondamentali – del vostro impegno nella fede¸ della vostra operosità nella caritภdella vostra costante speranza”. A me pare che sia molto suggestivo riconoscere che nel 51 d.C. i cristiani si qualificavano già per avere queste tre caratteristiche spirituali. Avevano fede¸ avevano caritภavevano speranza¸ che sono le famose tre virtù teologali¸ quelle che costituiscono¸ direi¸ l’identikit di un cristiano. Chi è un cristiano? Uno che ha fede¸ che ha caritภche ha speranza. Notate che fede è accompagnato dalla parola impegno. Non sto a dire il greco¸ mi accontento dell’italiano¸ perché poi¸ più avanti nella lettera¸ Paolo dice che si complimenta con quelli di Tessalonica perché andando in giro sente che si parla di loro perché diffondono la fede¸ ecco l’impegno. Cioè già allora questa gente dopo aver sentito san Paolo e avere creduto parlava della sue fede ad altri. La fede è qualcosa che anche il laico cristiano comunica ad altri. Ma è interessante anche l’operosità della carità. Perché la carità non è un sentimento¸ la carità è diversa dall’amore perché l’amore è un sentimento spontaneo¸ molte volte irrefrenabile¸ che viene suscitato dalla simpatia che l’altro suscita in me. La carità è un’altra cosa perchè la carità si rivolge non soltanto a colui che mi piace¸ che mi interessa¸ che mi è simpatico¸ con il quale mi trovo bene¸ ma la carità è lo sforzo¸ talvolta non riesce¸ ma è lo sforzo di far del bene a tutti prescindendo dal mio sentimento. E per questo la carità è fatta prima di tutto di opere¸ non di sentimenti. Si può benissimo aiutare¸ sostenere¸ assistere anche una persona che ti è insopportabile¸ perché se lo merita come persona e io compio le opere della carità. Ma questo c’è già qui è la costante speranza in Nostro Signore Gesù Cristo¸ non la speranza di guadagnare di più¸ di fare carriera¸ di vincere al lotto¸ neanche di per sé¸ anche se è una cosa legittima¸ la speranza della buona salute. E’ la speranza in Gesù Cristo. Vedete¸ è l’identikit del cristiano. E poi c’è un’ultima cosa cui faccio cenno rapidissimamente perchè è già passato il tempo. Il nostro vangelo¸ che significa semplicemente la nostra predicazione non si è diffusa tra voi soltanto per mezzo della parola¸ ma con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione. E questo¸ se ci pensate¸ è l’inizio di quella che noi chiamiamo la realtà sacramentale. Il cristianesimo non è una dottrina che si impara studiando sui libri¸ parlando¸ ragionando. E’ anche questo¸ ma è anche un’esperienza mistica interiore cioè un’opera dello Spirito Santo che con potenza produce nei cuori e nelle menti profonda convinzione. E tutto questo la teologia posteriore dirà che avviene mediante la forza del sacramento. Quando voi fate la comunione¸ cosa la fate a fare? Cosa significa venire a fare la comunione? Significa ricevere la potenza di Gesù Cristo? Direi fisicamente¸ nel vostro corpo perché crei in voi spiritualmente profonda convinzione. E questa¸ secondo noi credenti¸ è l’efficacia del sacramento. Paolo non usa ancora la parola sacramento però dice: “La mia non è una filosofia che si trasmette con le parole¸ c’è una potenza di Dio¸ c’è il suo Spirito”: E’ questo che crea la profonda convinzione. Quindi il cristianesimo¸ fin da allora¸ nasce come una religione che nel mistero della presenza di Cristo e nello Spirito trova la spiegazione di quello che accade nel cuore del credente quando¸ appunto¸ comincia a credere¸ adotta la carità come regola di vita e comincia a sperare non nel benessere terreno ma nella persona di Gesù Cristo che riceve nell’Eucaristia. Ecco¸ queste cose ve le ho dette anche perché ieri sera ho sentito che il papa cercava di spiegarle ai bambini¸ ha usato qualche parola difficile¸ però è stato discretamente comprensibile¸ e cercavo di comunicare proprio questo medesimo concetto.