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Omelia XXVI DOM. T.O.A del 25 settembre 2005

testo integrale Omelia 25 settembre Il vangelo di oggi è facile per non dire addirittura ovvio e¸ quindi¸ lo possiamo lasciar da parte perché ognuno di voi è in grado di interpretarlo. Che valgano più i fatti delle parole¸ non c’era bisogno che venisse Gesù a dircelo¸ lo sapevamo anche noi¸ lo sappiamo anche adesso. Invece¸ nella seconda lettura¸ c’è un testo che è di grande importanza e che merita di essere brevemente commentato: è il famoso inno della lettera ai Filippesi. Si legge anche la Domenica delle Palme¸ solo che in quella domenica¸ poi¸ c’è la lettura lunga della Passione e quindi non si riesce mai a commentare questo testo. E’ uno dei testi¸ secondo tutti gli studiosi¸ più importanti del N.T. Paolo lo inserisce all’interno della lettera¸ insieme a dei consigli morali sul comportamento dei cristiani¸ e lo introduce con la frase che qui è stata tradotta Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Gesù Cristo¸ che si può anche tradurre diversamente¸ e non tutti sarebbero contenti di questo tipo di traduzione¸ e poi comincia un testo che viene considerato un inno: Il quale pur essendo di natura divina ….E questo è il testo venerabile e importante. Certamente gli studiosi sono tutti convinti che questo testo non è di Paolo ma precede Paolo. Era probabilmente un canto liturgico che si faceva già nelle prime riunioni dei cristiani ¸ che Paolo prende e cita cosí¸ come se uno scrittore attuale parlando citasse “Dov’è carità e amore” e cita il canto. Paolo la lettera ai Filippesi¸ quasi certamente¸ la scrive nel 56 o 57¸ da Efeso¸ quasi certamente¸ ed è quindi molto probabile che questo inno l’abbia imparato a Efeso¸ città nella quale¸ come sapete¸ si è sviluppata una profonda riflessione sulla fede cristiana. Ad Efeso è collegato anche il quarto vangelo¸ quello che passa sotto il nome di Giovanni¸ e c’è una tendenza nella comunità cristiana di Efeso a delle sottolineature di tipo quasi mistico dell’esperienza cristiana. E’ stata una città importante per fissare alcune linee fondamentali anche del futuro sviluppo della fede cristiana. Dicevo¸ se Paolo scriveva nella lettera nel 56¸ l’inno c’era giภdoveva essere già abbastanza noto¸ lo possiamo far risalire pressappoco agli anni 50. Sono 20 anni dopo la morte di Cristo. Quindi anche solo per questo¸ dal punto di vista della sua antichitภl’inno è di fondamentale importanza. E’ scritto in greco e non pare che ci sia alle spalle un testo aramaico o ebraico. Quindi¸ vuol dire che è stato composto da cristiani provenienti dal mondo greco che si erano convertiti e hanno cercato di sintetizzare in questa presentazione chi era Gesù. Certo non dicono tutto in questo inno¸ però gli studiosi lo hanno sezionato al punto che alle volte poi ci si perde nel commento¸ ma io semplifico molto le cose. Intanto è già geniale la divisione in due parti: la prima è l’abbassamento¸ la seconda è l’innalzamento nella gloria. Quindi¸ direi che già questo è importante¸ anche per dei catechismi semplici che allora si potevano fare. Un cristiano poteva¸ a chi gli domandava: “Ma cosa credi tu?”¸ poteva rispondere con poche parole ma sostanzialmente corrette: “Io credo in un uomo – diciamo pure cosí – che¸ pur possedendo i poteri stessi di Dio¸ si è abbassato fino alla morte e¸ per questo¸ Dio lo ha glorificato”¸ perché questo dice il testo. Ora voi capite che dire che la sostanza della mia fede¸ della mia religione si basa su questo fatto¸ cioè che un uomo che poteva godere di divini poteri¸ ha preso la condizione di servo ed ha accettato con ubbidienza di morire con la morte di croce e¸ per questo¸ Dio l’ha esaltato. Dire questo significa già dire che allora quel che Dio approva nella vita¸ quel che costituisce la novità e la salvezza del mondo è questa umile accettazione della morte alla quale consegue la gloria e la signoria. Basare una religione su questo principio è una cosa nuova e¸ comunque¸ interessante. Per esempio non dicono che Gesù è colui il quale è sceso dal cielo e ci ha rivelato miseri e ci ha fatto conoscere veritภno. Lo diranno altri testi. Cristo non è visto come il rivelatore¸ il sapiente¸ il maestro superiore ai filosofi ¸ ma come colui che si è umiliato: spoglio sé stesso assumendo la condizione di servo¸ divenendo simile agli uomini – si poteva anche dire uguale – apparso in forma umana¸ umiliò sé stesso. Vedete come è carico¸ si continua a ripetere le stesse cose. Può essere anche che sia per ragioni poetico-musicali¸ ma c’è anche un’insistenza sui concetti: facendosi obbediente fino alla morte. Molti pensano che sia stato Paolo ad aggiungere e alla morte di croce ma la cosa è discutibile. Allora¸ dicevo¸ non tanto il maestro¸ tanto meno - e anche questo è curioso¸ se voi confrontate con i vangeli – tanto meno l’operatore di prodigi. Non si fa nessun cenno ai miracoli¸ ad atti di potenza¸ quindi quello che affascinava questa gente in Gesù Cristo non era la manifestazione della sapienza e della potenza “Ci ha rivelato misteri insondabili¸ ha compiuto risurrezioni e miracoli”¸ no¸ niente di tutto questo. Si è abbassato¸ ha rinunciato a ostentare il suo divino potere. E’ difficile¸ la traduzione è puramente ipotetica¸ ci vorrebbe del tempo per esaminarla¸ ma pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio. Questa¸ direi¸ è l’introspezione nell’interiorità di Gesù Cristo. Era di natura – si può anche tradurre in una condizione – divina e la seconda parte invece del tesoro geloso – si potrebbe anche tradurre¸ in greco è complicato ma non posso spiegarlo qui¸ si potrebbe anche tradurre non volle avvalersi¸ non volle servirsi – della sua uguaglianza con Dio ma spoglio sé stesso. Ora¸ questa idea di colui che è pari a Dio¸ ma rinuncia a servirsi di questo potere perchè si fa simile agli uomini¸ e tra gli uomini non prende la condizione¸ di nuovo¸ del potente¸ del venerabile¸ dell’eccellenza¸ ma di servo. E non domina¸ non comanda¸ ma si fa ubbidiente. Il testo non dice a chi¸ dice solo ubbidiente. Si può sottintendere a Dio¸ ma si può sottintendere anche alla fatica del vivere¸ ai condizionamenti della vita. Un greco avrebbe perfino potuto dire¸ perché il testo non lo impedisce¸ al fato e non cosí¸ per modo di dire¸ ma fino alla morte. Quando una religione nasce cosí¸ capite¸ è una religione notevolmente diversa da molte altre religioni¸ io parlo delle religioni antiche¸ perché valorizza la rinuncia alla superbia¸ l’umiliazione¸ il rinunciare al potere che si potrebbe esercitare. Dire al mondo che la salvezza consiste in questo è caratteristico del cristianesimo delle origini. Tenete presente che queste cose si dicono nell’impero romano dove la conquista¸ l’estensione del potere anima tutti gli spiriti. Si diceva: “Il mondo perché si migliora? Cosa vogliono gli dei da noi?”. Ricordati¸ o romano¸ che tu devi comandare è un famoso verso che si cita sempre Ricordati che tu devi dominare. Adesso capite perché l’impero romano dei primi secoli è ostile al cristianesimo¸ e¸ questo Gesù Cristo¸ Dio lo ha esaltato – dice il testo – e gli ha dato il nome – questo è un semitismo¸ lo capisco¸ ma si può accettare anche in greco perché anche l’imperatore aveva un nome solenne – che è al di sopra di ogni altro nome¸ perché nel nome di Gesù – notate la finezza¸ non si dice neanche¸ come in altri testi¸ nel nome del Signore il Kǘριος che è pur titolo onorifico – ma si usa il nome del crocifisso¸ il nome di Gesù – ogni ginocchio si pieghi dappertutto e ogni lingua proclami – adesso si - che Gesù Cristo… ma per il fatto di essersi abbassato è l’imperatore. Perché¸ dire Signore¸ a quel tempo¸ voleva dire per gli ebrei è Dio¸ perché Kǘριος per gli ebrei di lingua greca era il modo di chiamare Dio¸ per un romano normale Kǘριος era l’imperatore¸ l’imperatore che comincia ad essere divinizzato¸ cioè il potere. E¸ invece¸ Gesù Cristo è crocifisso. Capite¸ riflettere che il cristianesimo è nato cosí¸ significa capire la sua originalità rispetto alle religioni di allora. Ma¸ forse¸ se ci fosse tempo¸ si potrebbe anche continuare il confronto. E’ molto difficile¸ per carità. Il confronto fra le religioni rischia sempre di essere superficiale e quindi è bene non farlo¸ però sarebbe interessante potere dialogando¸ non cercando di sapere noi quello che pensano le altre religioni¸ ma dialogando con membri di altre religioni¸ chiedere cosa ne pensano di queste cose¸ se anche loro¸ al loro interno¸ possiedono questa esaltazione dell’umiltà e della rinuncia. Perché allora sí¸ si potrebbe capire. Noi guardando le cose dall’esterno¸ abbiamo l’impressione che¸ nelle religioni antiche¸ non oso parlare di quelle contemporanee perché non vorrei dire delle sciocchezze¸ ma nelle religioni antiche questa è una assoluta novità. Ci sarebbero tante altre cose da dire su questo inno perché¸ esaminandolo con calma parola per parola¸ si troverebbero tanti altri spunti di riflessione. Come dicevo¸ Paolo lo inserisce in una lettera nella quale dice ai Filippesi: “Non fate nulla per spirito di vanità o per vanagloria. Ciascuno di voi¸ con tutta umiltภconsideri gli altri superiori a se stesso¸ senza cercare il proprio interesse ma piuttosto quello degli altri”: perché se il glorificato da Dio è colui che è il culmine della dedizione¸ fino alla morte¸ i suoi discepoli devono cercare¸ non si dice fino alla morte¸ ma fino a qualche sacrificio¸ di essere anche loro persone che cercano l’interesse degli altri. E¸ poi¸ conclude Abbiate gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. E c’è questa idea dell’assorbimento¸ dell’imitazione di questo modo di essere di Gesù cristo perché la gloria¸ l’eventuale glorificazione futura viene da questa accettazione di un umile servizio nella vita di quaggiù. Ecco¸ capite¸ questa è l’essenza del cristianesimo secondo questo inno. Ripeto¸ riflettete sul fatto che non si parlanè di sapienza né di miracoli¸ che pure certamente sapevano che c’erano la sapienza ed i miracoli¸ allora sono colpiti da questo fatto. Sí¸ sapienza e miracoli vanno bene¸ ma la cosa da imparare è un’altra¸ è che è veramente grande colui che si fa piccolo e Gesù l’aveva detto chiaramente questo: “Gli ultimi saranno i primi. Se volete essere grandi¸ fatevi servi”. Quindi¸ poi¸ nei vangeli troviamo in forma più semplice¸ come parola di Gesù¸ le stesse cose che sono dette qui. Come stesura scritta questo testo precede la composizione dei vangeli¸ al più tardi¸ ripeto¸ è stato scritto da Paolo nel 56¸ ma viene prima. Allora¸ se anche noi volessimo ritornare questa essenza originaria del cristianesimo¸ capire come è nato¸ dovremmo¸ appunto¸ cercare di coltivare gli stessi sentimenti che furono allora in Cristo Gesù. Certo¸ adattandoli alla cultura e alle possibilità di agire della nostra epoca. Non significa rinunciare¸ che so¸ all’uso della scienza¸ della tecnica¸ migliorare la vita¸ gli strumenti. Significa essere capaci di fare questo senza cercare il proprio interesse¸ ma¸ piuttosto¸ quello degli altri¸ considerando gli altri superiori a se stessi. E’ questo il punto chiave. Ora¸ il cristiano è questo tipo di figura che cerca di conformarsi a questo ideale che fu in Gesù Cristo. E’ un impegno grave per tutti.