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Omelia XXII Dom T. Ordinario, Anno A del 28 agosto 2005

Utilizza e diffondi tra i tuoi amici il sito di Barzillai. ******************************************************************** Omelia 28 agosto 2005 Come abbiamo visto domenica scorsa Matteo ha interrotto il discorso di Gesù di Cesarea di Filippi dove Pietro ha confessato che Gesù era il Messia. L’ha interrotto perché ha introdotto quelle frasi su Pietro la pietra¸ legare e sciogliere che abbiamo letto e spiegato domenica scorsa. Gli altri due Vangeli sinottici¸ Marco e Luca¸ non hanno questo brano che riguarda Pietro e¸ quindi¸ collegano direttamente la proclamazione da parte di Pietro che Gesù è il Messia¸ con il testo che abbiamo letto questa mattina. Che cioè¸ Gesù dice apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme¸ soffrire molto¸ venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. In Marco e Luca è più diretta la connessione tra i due momenti¸ in Matteo è interrotta da quella frase su Pietro che abbiamo commentato domenica scorsa. Quindi adesso riprendiamo il significato di questa correzione che Gesù compie sulla idea di Messia. Pietro aveva detto “Tu sei il Cristo – cioè il Messia – il figlio del Dio vivente”. E Gesù¸ allora apertamente¸ dice ai suoi discepoli che deve soffrire molto¸ venire ucciso e risuscitare. E tutto questo è il contrario di quello che la gente di allora ¸ ma anche la gente di ogni tempo¸ pensa di una figura mandata da Dio che si chiama Messia. Noi non sappiamo esattamente come immaginavano il Messia i contemporanei di Gesù. Abbiamo diverse immagini: probabilmente c’erano persone che lo immaginavano in un modo¸ altre in un altro. Però¸ di comune pare che ci fosse questo elementare concetto¸ che¸ se viene il Messia¸ cioè colui che Dio manda sulla terra¸ il Messia ha il potere di migliorare le cose o addirittura di sistemarle in maniera definitiva. Che il compito del Messia sia questo mi pare che sia fuori dubbio. Poteva darsi che alcuni dei contemporanei di Gesù pensassero che la sistemazione di tutte le cose consisteva nella cacciata dei romani¸ cioè manda via i romani e questa è la soluzione. Altri potevano pensare che i romani non disturbassero più di tanto e che la vera soluzione era di tipo diverso¸ per esempio¸ come pensavano quelli di Qumran: bisogna purificare il culto del tempio¸ quello che conta è risantificare tutto il culto e il Messia lo farà. Altri potevano pensare¸ come i farisei¸ che quello che conta non è tanto il culto del tempio¸ ma la morale¸ l’osservanza della legge da parte delle persone e il Messia compirà questo. Ognuno si faceva la sua idea di quello che sarebbe stato il compito principale del Messia e quale¸ quindi¸ sarebbe stato l’intervento risolutivo per ridare al popolo di Dio la sua dignità e la sua forza per mantenere la sua identità nella storia. L’opinione politica che fosse quella di cacciare i romani è ovviamente la più bassa¸ la meno intelligente. Le altre due¸ quelle che riguardano il culto e la morale¸ sono effettivamente¸ dal punto di vista religioso¸ più centrate. Ma¸ in ogni caso¸ adesso non vogliamo perdere tempo nella ricostruzione di questa situazione¸ anche se è utile farlo. In ogni caso¸ quello che è certo¸ è che tutti si aspettavano dal Messia un’azione risolutiva. Addirittura¸ siccome il Messia era uno solo¸ doveva essere una soluzione definitiva¸ che avrebbe sistemato per sempre la situazione del popolo di Dio. Quando Gesù dice che invece lui viene per soffrire molto¸ essere ucciso e risuscitare¸ capovolge tutto questo e nega questa idea di Messia. Allora si capisce perché Pietro gli dice “E’ impossibile¸ non può capitare questo¸ il Messia è un’altra cosa”. E¸ come avete sentito¸ Gesù ribadisce dicendo che Pietro è un suo avversario demoniaco: “Lungi da me Satana!” perché ragiona secondo gli uomini e non secondo Dio. Vi ricordate: non la carne e il sangue te l’hanno rivelato….. adesso Pietro ritorna a ragionare con la mentalità umana. Crede che il Messia sia uno che ha il potere di sistemare le cose invece il Messia ha un altro compito: soffrire molto¸ essere ucciso¸ risuscitare. Ed è chiaro che Pietro non capisce nulla¸ non può capire niente di tutto questo. Forse non abbiamo ancora capito neanche noi in che senso Gesù è Messia¸ perché ha sofferto molto¸ perché è stato ucciso e perché è risuscitato. E questo è quello a cui ci invita a pensare la prima parte del Vangelo. Cioè¸ noi¸ nella nostra fede¸ affermiamo che Gesù Cristo è l’autentico Messia. La parola Messia serve per dire quello che ho detto prima cioè Colui che Dio ha mandato per risolvere i mali di questo mondo. Ora noi affermiamo che Gesù è Messia¸ il figlio di Dio perché ha sofferto molto¸ perché è morto e perché è risuscitato. Non ha fatto nient’altro¸ l’elemento decisivo è questo¸ questo lui ha detto apertamente. Io vi ho già accennato in un’altra predica¸ due o tre domeniche fa¸ che oggi c’è una tendenza nei teologi¸ in genere una tendenza molto diffusa nella chiesa di questi decenni¸ che è quella di dare molta importanza alla risurrezione. E’ vero¸ il momento risolutivo non è tanto che ha patito ed è stato ucciso¸ è che è risorto. In questo senso è Messia¸ e questo è vero¸ anzi è la più importante verità della fede¸ solo che il fatto di risorgere¸ e questo con ogni probabilità Pietro e gli altri lo hanno capito subito¸ il fatto di risorgere non risolve i problemi di questo mondo¸ il fatto di risorgere risolve i problemi dell’altra vita. Perché risorgere significa¸ l’abbiamo già detto anche questo mille volte¸ non significa tornare alla vita di quaggiù¸ ma significa andare a vivere in Dio. Quindi Pietro probabilmente intuisce che quando dice risorgere esprime sí un atto risolutivo di potenza ma che non riguarda la situazione di Israele. I romani non se ne vanno perché Cristo è risorto¸ la risurrezione non è capace di mandar via i romani dal territorio. La risurrezione conduce Cristo nella vita di Dio e la forza della risurrezione instaura la nostra relazione con Dio¸ ma non serve a nulla per le cose di questo mondo. Siccome Pietro¸ come tutti gli altri ebrei¸ si aspettava che invece il Messia sistemasse le cose di quaggiù¸ fossero esse la cacciata dei romani¸ la restaurazione del tempio¸ l’osservanza della morale¸ son cose di quaggiù tutte¸ quando sentono dire che l’eventuale sua potenza riguarda soltanto la relazione con Dio – risuscita – rimangono delusi e gli dicono: “Questo non può essere”. Dicevo¸ oggi è molto diffusa nella Chiesa una sottolineatura del tema della risurrezione secondo me¸ probabilmente sbaglio¸ non correttamente impostato perché dal fatto che Gesù è risorto si deduce che questo mondo rifiorisce. Siccome Cristo è risorto¸ allora la natura rinasce¸ la pace si impone e la vita di quaggiù¸ siccome Cristo è risorto¸ riprende vigore e slancio e si rinnova questo mondo. Io vorrei sapere cosa c’entra la risurrezione che è¸ come diciamo nella preghiera eucaristica E’ risorto ed è salito al cielo ove siede alla destra del Padre. La risurrezione spinge verso lassù¸ verso la vita dell’aldilà. Esagero¸ dico una sciocchezza¸ non serve a niente per la vita di quaggiù¸ non produce nulla nella vita di quaggiù se non la speranza¸ la speranza nell’aldilà. Ecco la ragione per cui probabilmente Pietro dice: “Sí¸ va bene risorgere¸ ma risorgere serve per il dopo. Noi pensavamo che il Messia fosse utile per la vita di quaggiù”. E lui dice: “No¸ guardate per la vita di quaggiù io devo soffrire molto e morire dopo di che vado a vivere in Dio. Se volete seguirmi¸ sappiate che io vi porto a Dio. Quanto a quello che c’è quaggiù¸ non è il mio mestiere”. E io¸ già in un’altra predica due o tre domeniche fa avevo proprio messo a confronto questi due diversi contenuti della speranza¸ che nella vecchia Chiesa medievale era esclusivamente speranza nell’aldilà e che nella Chiesa contemporanea tende a diventare¸ non dico esclusivamente ma prevalentemente¸ speranza nell’ aldiquà e cioè che il cristianesimo¸ come tutte le religioni¸ ha senso se serve a migliorare le condizioni di vita degli uomini su questa terra. E mentre scienza e tecnica servono a migliorare le condizioni di vita dal punto di vita dell’uso degli strumenti e della produzione dei beni¸ le religioni hanno il compito di migliorare la nostra vita di quaggiù dal punto di vista morale¸ cioè dal punto di vita della solidarietà umana¸ della onestà reciproca¸ ma servono alla vita di quaggiù. E ripeto¸ noi tutti stiamo vivendo all’interno della Chiesta cristiana in un momento in cui si confrontano queste due prospettive che sono entrambe vere. Avevo anche tentato in quella predica di conciliarle insieme – era il giorno dell’Assunta mi pare – ma pur essendo possibile conciliarle insieme¸ esse continuano a convivere e c’è una certa tensione tra queste due prospettive. Cristo perché è Messia? Cosa fa¸ cosa produce¸ cosa opera? Ci conduce a Dio aiutandoci a transitare nel mondo di quaggiù¸ che rimane quel che è¸ sostanzialmente quel che è¸ qualche cambiamento in positivo ci può anche essere di straforo¸ ma il suo compito è il futuro dopo la morte oppure¸ anche¸ soprattutto¸ prevalentemente sistema qualcosa quaggiù. La cosa interessante e sconcertante è che nel Vangelo di oggi¸ lui¸ per quello che riguarda il quaggiù¸ dice delle cose. Dice: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi sé stesso¸ prenda la sua croce¸ perda la propria vita”. C’è scritto qui. Ora capite¸ adesso non voglio essere superficiale o precipitoso nelle conclusioni¸ ma¸ per il benessere di quaggiù¸ cosa dobbiamo aspettarci da una persona che dice: “Se volete essere miei discepoli rinnegate voi stessi¸ prendete la croce¸ perdete la vita”. Certo non si possono prendere alla lettera queste cose. Cosa vuol dire prendere la croce per esempio. Cosa vuol dire? In concreto cosa significa? Perdere la vita cosa significa? Guidare a 200 all’ora come fanno alcuni ragazzotti scriteriati e lasciarci la pelle? Certamente no perchè la vita si perde non per fare i cretini con l’automobile ma “Per causa mia”. Marco dice “Per causa mia e del vangelo”. Allora però la vita si può perdere. Perderla vuol dire rischiare di morire o qualcosa di meno? E rinnegare sé stessi che cosa vuol dire? Confessare “Io sono uno povero scemo?” Bisogna riempirle di contenuto queste parole. Non è facile e io non ho tempo di farlo stamattina¸ vi suggerisco solo un pensiero e mezzo perché ormai non c’è più tempo. Se voi ci pensate¸ nella tradizione catechista – popolare quel prendere la croce veniva inteso soprattutto nel dire sopportare pazientemente le tribolazioni che ci capitano e soprattutto le malattie. “Ho una gran croce¸ ho la sciatica”. Prendere la croce era inteso nel senso non tanto di prendere ma di accettare. E’ giusto¸ è serio¸ ha senso tutto questo. Probabilmente non è quello a cui Gesù intendeva alludere. La liturgia di questa Messa ha scelto come prima lettura un testo di Geremia che voi vi sarete domandati che cosa c’entra. E’ perché non è escluso che quel prendere la croce detto da Gesù a suo tempo volesse dire: “Per ubbidire a Dio bisogna avere il coraggio di non pensare a sé stessi¸ alla propria dignitภal proprio benessere¸ ma bisogna fare la figura dello stolto¸ del rigettato¸ accettare lo scherno¸ la condanna¸ il disprezzo cioè prendere la croce è inteso come Bisogna avere il coraggio¸ per essere fedeli a Dio¸ di accettare la derisione¸ la condanna¸ il rifiuto da parte della maggioranza della gente. E’ un aspetto¸ non è la cosa più importante¸ forse. La liturgia suggerisce questo. Geremia è diventato oggetto di scherno ogni giorno “Ognuno si fa beffe di me”. Non preoccuparsi di sé¸ prendere la croce¸ effettivamente i crocifissi venivano derisi. Ecco perché facevano portare loro la croce. I romani¸ quando ammazzavano con crocifissione¸ quei delinquenti¸ li facevano passare col legno sulle spalle proprio perché la gente… Un po’ come si faceva durante la rivoluzione francese con la ghigliottina¸ perché la gente gli tirasse addossi i sassi¸ li coprisse di insulti¸ perché cosí credevano che si diffondesse l’orrore per il delitto. Prendere la croce non era soltanto essere ucciso¸ era appunto subire questo disprezzo. Certo è esagerata l’immagine¸ però assomiglia un po’ a quello che dice delicatissimamente Paolo – tante volte vi ho detto che Paolo è sempre più delicato – “Non conformatevi alla mentalità di questo mondo ma trasformatevi rinnovando la vostra mente per poter discernere la volontà di Dio. Ciò che è buono¸ a lui gradito e perfetto”. Anche questo significa non pensare a noi stessi. “E¸ ma dopo cosa diranno gli altri? Ma adesso si fa cosí!” Il coraggio di essere quelli che ricercano¸ non ciò che è gradito alla mentalità comune¸ ma a Dio. E¸ sempre san Paolo prima “Offrire i vostri corpi¸ la vostra vita come sacrificio vivente¸ santo¸ gradito a Dio”. Questo è il culto spirituale. E’ quello che più o meno diceva la preghiera iniziale. Per caritภè un modo di ammorbidire la parola di Gesù¸ lo capisco¸ perché: “Non ci lasciamo deviare dalle seduzioni del mondo ma come veri discepoli sappiamo discernere ciò che è buono e a te gradito per portare ogni giorno la croce”. Vedete che anche la preghiera identificava il portare la croce con lo sforzo di essere cristiani¸ di essere evangelici nel nostro modo di vivere anche se questo ci procura delle difficoltà nell’inserimento negli ambienti sociali del nostro mondo che diventa sempre più scristianizzato. Tra il venire uccisi e il non far niente c’è la via di mezzo di accettare l’emarginazione e la derisione perché si vuole a tutti i costi essere fedeli al Vangelo.