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Omelia XXI DOM. T.O. A del 21 agosto 2005

XXI DOM.T.O. A - Is 22¸19-23; Rm 11¸33-36; Mt 16¸ 13-20 Vi ho già detto domenica scorsa che la seconda lettura conclude quella sezione della lettera ai Romani nella quale Pietro cerca di riflettere sul mistero dell’incredulità degli ebrei e dell’entrata nel popolo di Dio dei non ebrei al posto degli ebrei. E avevo già detto domenica scorsa che è un tema che la liturgia si limita ad accennare e che meriterebbe di essere studiato. Ma la seconda lettura è¸ appunto¸ la conclusione che si tratta di un pensiero del Signore che noi non riusciamo a capire e¸ quindi¸ la lettura non ha a che fare con le altre di questa domenica. La prima lettura è stata scelta per una ragione molto elementare e cioè perché c’è l’immagine della chiave che viene messa sulla spalla di Eliakim perché licenziano il precedente governatore del tempio¸ viene nominato quello nuovo e gli si dà la chiave. E¸ siccome nel Vangelo si parla delle chiavi del regno dei cieli¸ allora si è scelta questa lettura. Naturalmente¸ è una delle chiavi di allora¸ quindi una chiave pesante che con il nastro si porta a spalla. E anche la prima lettura non serve più di tanto per illuminare il Vangelo. Il Vangelo¸ invece¸ è interessante soprattutto perché¸ come sapete¸ è il testo nel quale si fonda il cosiddetto “primato di Pietro”. Quindi anche questa domenica l’omelia finirà per essere una lezione sulla questione del primato di Pietro¸ cosí com’è presentato in questo testo. Soltanto Matteo¸ come sapete¸ ha queste parole di Gesù. Marco con Luca¸ nei passi paralleli¸ non hanno nessuna risposta di questo genere di Gesù a Pietro. Come mai soltanto Matteo riferisce queste parole del Signore? E’ un problema anche questo che non ha facile risposta. Io farei una prima osservazione che richiama una cosa che ho detto in un’altra domenica sulla professione di fede di Pietro. Vi ricordate che nell’episodio di Gesù che cammina sulle acque¸ quando Gesù sale sulla barca e la tempesta finisce e Pietro non annega più ma si trova salvo sulla barca¸ il testo diceva che tutti¸ tutti proclamarono “Questi è veramente il figlio di Dio”. Quindi¸ dicevamo già allora¸ secondo Matteo¸ la proclamazione che Gesù è figlio di Dio¸ non viene fatta per la prima volta da Pietro in questo episodio¸ ma era già stata fatta da tutti i discepoli che erano sulla barca. Però¸ se ci pensate¸ c’è una differenza tra quello che accade sulla barca e quello che invece viene riferito in questo brano di Vangelo. La professione di fede fatta sulla barca deriva dalla carne e dal sangue. Qui invece giustamente Gesù dice a Pietro: “Non la carne né il sangue te l’hanno rivelato¸ ma il Padre mio che è nei cieli”. Carne e sangue sono un modo ebraico¸ semitico per dire l’uomo¸ gli aspetti umani della vita. E quello che accade sulla barca è in sommo grado¸ carne e sangue. Perché¸ dopo una notte di fatica¸ la paura del fantasma¸ il timore di annegare¸ si trovano con Gesù in pace sulla barca e l’emozione che loro provano si traduce nella frase “Questi è davvero il figlio di Dio”. E tutto nasce appunto da un’emozione dopo una notte allucinante¸ dopo una tremenda paura. E’ massimamente sincera questa affermazione Tu sei veramente il figlio di Dio ma non è ponderata¸ non è ragionata¸ è carne e sangue¸ cioè una reazione umana¸ istintiva. Ci sono tante cose sincere che sono in realtà sbagliate¸ anzi la maggioranza delle cose¸ dal momento che noi siamo delle persone raramente capaci di veri atti di bontภpiù siamo sinceri meno siamo buoni. Una professione sincera non è detto che colga nel segno¸ che dica la veritภè un’emozione del momento. Neanche quella di Pietro non viene dal ragionamento¸ questo è curioso. Certo che il ragionamento varrebbe di più della istintiva proclamazione sulla barca per colpa dello spavento cessato. La ponderazione del ragionamento darebbe maggiore fondamento e probabilmente in Pietro si sottintende che c’è stato un ragionamento. Ma Gesù apprezza le parole di Pietro per una terza ragione e cioè “Perché il Padre che è nei cieli te lo ha rivelato”. Quindi è un’illuminazione divina. Allora voi capite che quando Gesù dice: “Beato te Simone perché né la carne né il sangue te lo hanno rivelato – cioè non lo dici per istinto¸ non lo dici neanche per ragionamento – ma il Padre mio che sta nei cieli¸ io ti dico che tu sei Pietro e su questa pietra…” E la pietra non è certamente la persona di Pietro. La pietra¸ diceva Sant’Agostino¸ è la fede di Pietro. Ma¸ a pensarci bene¸ la pietra è l’illuminazione divina concessa a Pietro. Allora¸ voi capite¸ che in fondo il testo dice che Gesù intende fondare la sua comunità sul fatto che Dio illumina i suoi discepoli ed essi sono capaci di accogliere la sua illuminazione. Quello che c’è di umano in questo essere pietra¸ cioè in questo dare solidità alla comunitภè la capacità di riconoscere e accettare la divina rivelazione. Pietro¸ in aramaico Kefas¸ che significa roccia¸ Pietro diventa la roccia su cui si fonda la Chiesa¸ non perché è intelligente¸ neanche perché ha ragionato bene¸ ma perché ha saputo individuare la rivelazione divina¸ l’ha accolta¸ l’ha capita – qui si che ha ragionato e pensato – e l’ha espressa con le sue parole¸ con la pacata tranquillità della persona che medita. Non come sulla barca nell’agitazione interiore un po’ allucinata e folle della paura scomparsa. In questo senso¸ capite¸ l’esperienza vissuta da Pietro diventa il fondamento della Chiesa. Gesù pensa al gruppo dei suoi discepoli come a delle persone le quali riceveranno da Dio delle illuminazioni¸ saranno capaci di accoglierle e di interpretarle e questo sarà la roccia che sostiene la sua comunità. Dico queste cose perché il Papa è ancora in questi giorni protagonista sulla scena perché ha incontrato gli ebrei¸ ha incontrato le altre confessioni cristiane¸ ha incontrato i musulmani. Bruno Vespa ha spiegato tutto con la sua sapienza teologica¸ un po’ noiosa ma profonda. Ieri sera ha spiegato tutto lui com’è stato¸ ma voglio aggiungere anche un mio pensierino a quello di Bruno Vespa. Il Papa – dirò alla fine che rimane aperto il grande problema se l’attuale Papa abbia a che fare con la figura evangelica di Pietro – in ogni caso non è la sua persona¸ la sua capacità di essere simpatico¸ telegenico¸ neanche la sua cultura e la sua intelligenza. Secondo il Vangelo quello che è in Pietro diventa l’elemento che sostiene la Chiesa è questa disponibilità dello Spirito di accogliere la divina rivelazione¸ la disponibilità dello Spirito di lasciarsi illuminare dal Padre che è nei cieli. Questo tipo di fede è il fondamento della Chiesa¸ questo tipo di fede potrebbe essere il dono principale che Dio fa al papa ma lo fa anche a tutti. Quindi è questa disponibilità dello Spirito di non… Direi¸ per dirlo con parole nostre¸ è la vittoria sul positivismo scientista il fondamento della fede della Chiesa¸ quello che Gesù pensa che sarà per sempre la garanzia per i suoi discepoli di rimanere suoi discepoli¸ credere¸ essere capaci di credere che c’è qualcosa di più di quello che può essere positivamente provato dalla scienza¸ che c’è qualcosa di più di quello che può essere dimostrato dalla matematica¸ che c’è qualcosa di più di quello che può essere se non dimostrato¸ fondato dalla riflessione filosofica che ci può essere un’illuminazione¸ una rivelazione divina. Questa è la caratterizzazione che fa esistere la Chiesa¸ anche molte altre religioni lo so¸ capisco¸ però è questo. E questo mi pare che sia importante perché¸ per riconoscere l’eventuale trasmissione ai Papi della funzione di Pietro¸ l’essenza di tutto è questo. Non è quindi una specie di magica trasformazione della persona. E’ un’attitudine dello Spirito che è disposto a credere anche a qualcosa che non può essere razionalmente dimostrato¸ anche a qualcosa che non può essere emotivamente provocato. Non basta la barca e non basta la riflessione. Occorre Dio per capire la vita. Non bastiamo a noi stessi. Questa è mi pare la sostanza delle cose. “Non la tua testa¸ non il tuo cuore ma Dio te l’ha rivelato e su questo fatto edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi – cioè le potenze della morte – non avranno vittoria su di essa”. Questo mi pare che sia il senso¸ forse ho sottilizzato un po’ troppo¸ ma mi pare che sia il senso del Vangelo. L’ultima frase¸ quella delle chiavi e l’immagine del legare e sciogliere¸ va invece in una diversa direzione. Legare e sciogliere. E’ chiaro che qui si parla di un’autorità – le chiavi sono simbolo di autorità. Amministri: se apri è aperto¸ se chiudi è chiuso come con il Chelkia della prima lettura. L’immagine viene completata con quell’altro modo di dire¸ che era tipico dei rabbini¸ cioè che è caratteristico dei rabbini ebrei. Probabilmente lo era già al tempo di Gesù. Legare e sciogliere significa proibire e permettere¸ oppure ammettere ed escludere. Tutte e due le cose¸ possono stare insieme. Proibire – permettere era quello che facevano spesso i rabbini. “Si può in giorno di sabato fare questo?” E di fronte al caso essi potevano dire: “Non si può. Sei tenuto. Sei legato. Devi osservare la norma. Sei libero. Sei sciolto”. Ed era la casistica. Allora a Pietro Gesù darebbe questa capacità d’interpretare la legge di Dio¸ non naturalmente d’inventarla¸ applicarla in casi concreti e dire: “Devi farlo. Puoi non farlo”. Ed è quello che¸ secondo noi cattolici¸ fa il magistero di Pietro normalmente. Se si volesse sottolineare l’altro significato ammettere – escludere allora ricorderebbe soprattutto quello che viene raccontato negli atti degli apostoli secondo cui Pietro per primo ha fatto entrare nella comunità dei discepoli il centurione Cornelio che non era un ebreo senza imporgli la circoncisione. E qui le due cose stanno insieme: lo ha sciolto dall’obbligo della circoncisione¸ lo ha ammesso quindi ha sciolto. In altri casi potrebbe legare e cioè dire: “No¸ tu esci”. Non risulta dal N.T. che Pietro abbia mai escluso qualcuno. Paolo sí¸ lo ha fatto¸ ha cacciato via dalla comunità. Ecco¸ l’interessante di questa immagine¸ che è quello che disturba soprattutto i non cattolici¸ protestanti e ortodossi è che non è possibile togliere da questa immagine del legare e sciogliere la dimensione dell’autorità e non è neanche possibile togliere un modo giuridico di esercitare l’autorità. Che senso ha dire: “Tu puoi legare¸ tu puoi sciogliere” se non dici che tutto questo passa attraverso l’imposizione di obblighi o l’esonero da impegni. E questa è attività di tipo giuridica. E’ una autorità di dimensione giuridica. E’ un’attività di ordinaria giuridica. La clausola Sarà legato nei cieli¸ sarà sciolto nei cieli è paradossale perché effettivamente significa Come decidi tu¸ va bene presso Dio. E il dogma dell’infallibilità è molto più indietro di questo testo¸ perché restringe a tal punto la coincidenza tra la decisione pontificia e la volontà di Dio a casi rarissimi¸ che si saranno verificati quattro o cinque volte nella storia. Perché l’infallibilitภper essere applicata al papa¸ ha delle condizioni cosí rigide che normalmente non ci scappa mai. Ma il Vangelo: Tutto ciò che legherai¸ tutto ciò che scioglierai. Qui si che c’è l’infallibilitภnon nel dogma. Per cui i protestanti e gli ortodossi stiano calmi¸ e¸ prima di protestare¸ rileggano questo testo di Vangelo e¸ eventualmente¸ chiamino me per aiutarli a capirlo. Perché è chiaro che loro sono capaci di tirarlo dalla parte opposta. Il problema che rimane aperto¸ e che potrebbe bloccare tutto¸ è questo: il testo non parla di una esplicita successione di questa autorevolezza data a Pietro. Si può dedurre dal testo che tutte queste cose che Gesù ha detto a Pietro passerranno a dei successori? I protestanti e gli ortodossi dicono decisamente¸ in genere: no¸ era un onore e un incarico dato a Pietro¸ necessario per la Chiesa nascente¸ per le origini¸ ma che non continua in nessun altro. Eventualmente¸ chi eredita questa funzione di Pietro è la Chiesa nel suo insieme¸ non una singola persona. Questo è il problema grave. E qui siamo noi cattolici che non sappiamo come cavarcela. Cioè¸ abbiamo i nostri trucchi per cercare di farcela¸ ma questo è il vero punto debole. Per il fatto che Pietro è morto a Roma¸ il vescovo di Roma eredita tutto questo? E sulla base di quale criterio? Intendiamoci¸ il criterio teologico. Ecco¸ e su questo problema avete tempo di pensare tutta la settimana.