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Omelia XV Dom Tempo Ordinario Anno A del 10 luglio 2005

Attualmente disponibile solo versione audio. DIFFONDI TRA I TUOI AMICI IN RICERCA DELLA FEDE IL SITO DI BARZILLAI OMELIA DEL 10 luglio 2005 A casa vostra¸ quando avete voglia¸ andate a rileggere il salmo responsoriale perché è un salmo interessante¸ uno dei pochi testi dell’A.T. in cui c’è una certa ammirazione per la bellezza della natura¸ perché l’A.T. (anche il N. a pensarci bene) ne ignora la bellezza. Ed è anche un salmo nel quale c’è una concezione di Dio che è pure interessante¸ un po’ pagana¸ se volete¸ cioè il Dio della vegetazione¸ quello che fa crescere le erbe dalla terra: Tu visiti la terra e la disseti con l’acqua¸ prepari la terra¸ ne irrighi i solchi¸ ne spiani le zolle perché la bagni con le piogge. E’ un’interessante immagine di Dio non frequente nell’A.T.¸ perché di solito¸ come giustamente si dice¸ il Dio dell’A.T. è il Dio della storia¸ cioè il Dio dei popoli¸ delle nazioni¸ della pace e delle guerre¸ è raramente il Dio della natura. E questo è uno dei pochi testi. E poi è bello questo salmo soprattutto per la finale dove lo stormire del vento tra le spighe di grano viene paragonato al canto Le valli si ammantano di grano¸ tutto canta e grida di gioia. E questa è una delle non molte immagini poetiche che si possono trovare all’interno della Bibbia. Tutto questo non c’entra con il Vangelo. Il Vangelo è la famosa parabola del seminatore con la sua spiegazione. Molti commentatori ritengono¸ e mi pare che abbiano ragione¸ che questa parabola è stata detta da Gesù per quelli che ascoltavano¸ ma forse¸ anche per lui stesso. Cioè Gesù cerca di confortarsi e di consolarsi per l’insuccesso della sua predicazione. Del resto¸ l’avevamo già accennato domenica scorsa¸ aveva appena detto in un capitolo precedente: “Guai a te Cafarnao¸ guai a te Betsaida¸ nel giorno del Giudizio Sodoma sarà trattata meglio di voi” perché là dove lui era normalmente più presente¸ la gente non credeva. Si ricorda che a Nazareth l’hanno cacciato fuori dalla sinagoga¸ infatti il testo di domenica scorsa ringraziava Dio: “Perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” e già quello era un grido di consolazione. La parabola del seminatore finisce per essere la constatazione: buona parte delle parole e delle opere che Gesù ha compiuto non servono a nulla¸ sono sprecate. Come succede ad un seminatore che deve seminare a mano nelle colline della Palestina dove seminando a mano in un terreno che¸ secondo il salmo¸ si ammanta di gioia ma in realtà è un terreno dove una quantità di seme viene sprecata: parte cade sulla superficie del sentiero e gli uccelli la beccano subito¸ parte cade su uno strato superficiale¸ sotto c’è la roccia o i sassi e non riesce a fare radice. Parte cade tra le erbe selvatiche – domenica prossima ci sarà la parabola della zizzania che tocca direttamente questo tema – e viene soffocato dalle erbacce¸ e soltanto una parte¸ che non è un quarto come uno potrebbe pensare a prima vista¸ perché facendo le quattro tipologie di sorte del seme¸ la parabola da addirittura l’impressione che tre quarti vadano persi. Questa è un’esagerazione¸ anche se è divisa in quattro scenette questo non significa che siano tre quarti che vanno perduti. Però¸ certo la parabola vuol dire che quando uno va a seminare¸ una discreta o una buona parte del seme è sprecata. Però quel tanto di seme che capita sul terreno buono¸ come supponeva il salmo¸ cresce rigoglioso e dà un raccolto abbondantissimo. E qui è perfino esagerato perché cento e sessanta sono proporzioni eccessive anche per una semina in un terreno non cosí disastrato come quello della Palestina. E’ evidente che questa parabola vuol dire…ripeto¸ Gesù la dice a sé e agli altri: “Guardate che è vero che una buona percentuale di quello che Gesù dice e che Gesù fa non produce nessun risultato e cade nel nulla. Però quel poco o quella quantità che trova un terreno adatto porta un frutto sufficiente”. E’¸ direi¸ non so¸ può darsi che sbagli con questa interpretazione¸ ma direi che è una soluzione di… appunto di… accontentiamoci. E’ già molto¸ è già molto che ascoltino alcuni perché là dove c’è l’ascolto il frutto è sicuro¸ è abbondante¸ è forte. Ma non illudiamoci che si possa cambiare la totalità. Eh no¸ perché appunto Guai a te Cafarnao¸ guai a te Betsaida perché Sodoma e Gomorra saranno trattate meglio nel giorno del Giudizio. Cioè¸ mi pare che sia la dichiarazione che l’opera di Gesù non ha la forza¸ non ha l’intenzione e non ha neanche il potere di cambiare il mondo nel suo insieme¸ nella sua totalitภma di creare semplicemente delle aree nelle quali la sua parola porta frutto. A macchia di leopardo¸ se volete. Del resto¸ quando i discepoli gli domandano: “Perché tu parli in parabole” risponde: “Perché a voi è dato di conoscere¸ agli altri no.” Quindi¸ come vedete¸ c’è una chiara discriminazione. “La colpa non è mia perché l’ha già detto Isaia: udirete ma non comprenderete¸ guarderete ma non vedrete perché il cuore si è indurito. Duri di orecchi¸ hanno chiuso gli occhi per non vedere¸ hanno chiuso le orecchie per non sentire”. E è interessante perché Dio non può fare niente¸ o non vuole fare niente per chi chiude gli occhi e le orecchie. Alcuni si rallegrano di questo “Vedete Dio come rispetta la vostra libertà!” Boh¸ sarภse poi però con questa libertà si va a finire nella Geenna del fuoco ci si domanda se potrebbe¸ non dico forzare¸ ma far qualcosa visto che è Dio onnipotente perché gli occhi si aprano e le orecchie pure. L’impressione è che non bisogna illudersi¸ non bisogna pensare che la venuta di Cristo porti un cosí potente atto di Dio nella storia da ottenere miracolosamente l’assenso¸ la conversione¸ il miglioramento. Tutto avviene secondo i normali ritmi della natura. Come nella seminagione¸ il frutto ci sarà ma con una buona dose di perdita. Non si va al di là della normale efficienza delle azioni alle quali l’uomo è abituato. Il regno di Dio viene nell’umiltภnella povertภnella normalità. Non c’è una forza eccezionale. Forse molti di voi non se l’aspettavano perché anche noi abbiamo interpretato alle volte le cose¸ immaginando che con la venuta di Gesù irrompesse nella storia una forza superiore¸ una capacità di scavalcare le difficoltภdi risolvere finalmente i problemi. La parabola del seminatore sembrerebbe dire di no: “Non aspettatevi questo”. E’ come la semina: ci saranno delle zone che produrranno moltissimo frutto¸ per caritภqualcosa di prodigioso ci sarà pure¸ ma non è il tutto che viene salvato¸ sistemato¸ risolto¸ anzi tutto rimane com’è nella logica naturale delle cose. Allora bisogna accontentarsi di una sovranità di Dio che è¸ non dico debole¸ limitata e bisogna essere contenti e ringraziarlo di questo senza aspettarsi un di più che non esiste. Bisogna anche tener conto¸ perchè le cose quando si legge il Vangelo vanno sempre capite tenendo conto della situazione sociale in cui Gesù parlava¸ non bisogna dimenticare che al suo tempo molti ebrei come lui si aspettavano invece un’azione di Dio che fosse piena di potenza e di forza. Era quella corrente di pensiero che si chiamava l’apocalittica¸ secondo la quale Dio¸ per migliorare il mondo e sanarlo definitivamente avrebbe addirittura sconvolto l’ordine della creazione: si sarebbe oscurato il sole¸ sarebbero cadute le stelle¸ ci sarebbero state catastrofi immani perché in questo modo con questa potenza¸ Dio avrebbe finalmente fatto scendere dal cielo una Gerusalemme celeste¸ un mondo nuovo. Questa è l’apocalittica. L’apocalittica entra mediante l’apoclisse nel N.T. ma Gesù non sembra che abbia mai condiviso questa aspettativa di una irruzione forte di Dio per salvare il mondo. No¸ bisogna accontentarsi¸ rassegnarsi¸ brindare alla vittoria perché un po’ di raccolto c’è stato ed è il massimo da aspettarsi. Forse sbaglio¸ forse sono esagerato nell’interpretare questi testi. Voi pensateci. A me da l’impressione che anche nelle domeniche prossime¸ lo vedrete¸ che queste parabole cosiddette “Del Regno” siano un modo con cui Gesù intende chiarire che il regno di Dio¸ come lui lo porta sulla terra¸ è forte¸ è divino certamente¸ ma non perché vince¸ non perché trionfa¸ non perché risolve i problemi¸ non perché ottiene l’impossibile¸ no. Perché valorizza il bene che c’è¸ aiuta¸ sostiene¸ appoggia¸ conforta¸ consola. Tutti verbi con il “con”. Capite? Cioè sta insieme con noi e ci dà una mano. Non i verbi con il “tra”: “travolge.” Né “tra”¸ né “stra”. Non c’è il cambiamento¸ non c’è la rivoluzione. E’ il “con”: compatisce¸ condivide. Come accade sulla croce. La spiegazione della parabola¸ che è quella dei terreni¸ non ho più tempo di spiegarvela¸ la lascio alla vostra personale meditazione.